Erano un gruppetto di “amici al bar”, ora sono la più grande cooperativa nel settore delle pulizie a livello europeo. Si è appena concluso – con una festa in un teatro romano – il 25esimo “compleanno” della cooperativa di lavoro Team Service. E ad ascoltare i fondatori (un gruppetto di amici universitari della provincia di Roma) si nota ancora nelle loro parole una nota di sorpresa per ciò che la loro piccola impresa è diventata. Una realtà che dà lavoro a quasi diecimila dipendenti, con un capitale sociale vicino ai venti milioni di euro.
Saverio Allevato è l’autore del libro sui primi 25 anni della Team Service – un volume intitolato, non a caso, Dal lavoro il lavoro. Ci racconta: «Tutto parte nel 1985 da un gruppo di ragazzi che hanno bisogno di lavorare. La risposta al loro bisogno, però, non la aspettano dallo Stato o dalla società, come molti loro coetanei». Team Service nasce da questa voglia di mettersi in gioco: «Sono uomini e donne che rischiano perché amano la realtà», continua Allevato.
Il presidente onorario del gruppo, Emilio Innocenzi, ci spiega: «Se nel 1985 avessimo pensato di fare una cosa che dava lavoro a tanta gente, non ne saremmo stati capaci. Sapevamo solo che volevamo fare qualcosa insieme per rispondere al problema del nostro lavoro. Man mano però che questa cosa cresceva, ci è diventato chiaro che quell’opera poteva far del bene a tante persone». Dare lavoro a chi ne ha bisogno diventa la “ragione sociale” della cooperativa. Allevato commenta: «Dal lavoro il lavoro vuol dire che il profitto è strumentale a creare altro lavoro, non ad arricchire pochi».
Chiediamo a Innocenzi come si fa a non cedere alla logica del profitto. «La formula della cooperativa è fondamentale: l’azienda è uno strumento per fare il bene per tanti, e la forma aiuta la sostanza. Il patrimonio della cooperativa è di quasi 20 milioni, ma non è di pochi azionisti. Altrimenti diventerebbe una tentazione». Anche per questo motivo, prosegue Innocenzi, il gruppo Team Service ha deciso di scindersi in cinque: una cooperativa centrale, che fa da “casa madre”, e quattro realtà locali radicate sul territorio.
Così il vecchio modello della coop sta facendo i conti con sfide nuove, prima fra tutte quella della dimensione crescente dell’azienda. «In Italia – aggiunge il presidente del gruppo – le aziende che raggiungono la dimensione della Team Service di solito investono in borsa. Per noi la priorità rimane investire e scommettere sulle persone. Senza il desiderio di fare il bene delle persone l’impresa italiana non ha grandi prospettive».
Per Carlo Mitra, vicepresidente di Confcooperative, il caso Team Service conferma la validità del modello cooperativo. Mitra parla al Teatro Nazionale di Roma, alla festa per il 25esimo dell’azienda: «Il valore di una cooperativa sono le persone. Se la cooperativa perde uno solo dei suoi lavoratori, perde un pezzo di se stessa». Per questa ragione, secondo Mitra, «in tre anni terribili come questi – in cui il lavoro è diventato un privilegio, e le persone sono così disperate che per farsi vedere salgono sulle ciminiere – il settore della cooperazione in Italia ha retto, perdendo lo 0,8% degli occupati».
Dopo Mitra prende la parola Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la sussidiarietà, che va avanti: «Da destra e da sinistra si teorizza lo sviluppo senza occupazione. Don Giussani ci ha insegnato a guardare il lavoro come un fatto religioso: se una persona non ha diritto a lavorare, la società non è giusta».
Il Teatro Nazionale è gremito di amici della Team Service – politici e imprenditori – ma soprattutto di centinaia di lavoratori della cooperativa. Si rimane impressionati dal calore che i dipendenti dei diversi uffici riversano sui loro capi, mentre questi sfilano sul palco del teatro. Lo facciamo notare a Innocenzi, che risponde: «Se dici di fare un’opera per il bene di tutti, o è vero, e allora è evidente a tutti, oppure non è vero. Il clima positivo dentro l’azienda non si costruisce in un giorno solo, è il frutto di una quotidianità vissuta insieme. Per noi il lavoro è anche coinvolgere le persone in un progetto formativo: l’esecuzione del lavoro stesso. Perché con l’operaio non si può barare: lui sa sempre se tu stai con lui o se lo stai sfruttando».
Il progetto formativo della Team Service, secondo Innocenzi, coincide con l’idea che «il lavoro deve essere fatto bene. Non siamo solo noi a vivere del nostro lavoro, ma anche altre persone: le pulizie cambiano l’ambiente in cui quelle persone vivranno e lavoreranno».
Della stessa opinione anche Vittadini, che conclude: «È strana questa nostra idea cristiana del lavoro: io lavoro per un Altro, per seguire il progetto di un Altro. Sono contento di pulire il posto dove si andrà a sedere qualcun altro; per questo nessuno potrà alienare il mio lavoro. È una cosa che all’esterno dà fastidio, ma noi non vogliamo farci “normalizzare”».
(Lorenzo Biondi)