KARL POPPER E I ROGHI DEL CORANO: UN PROBLEMA DI (IN)TOLLERANZA
Da tempo ormai il Financial Times ospita a cadenza regolare articoli utili al programma di accesso gratuito alle scuole del FT stesso, con spunti filosofici e culturali ispirati all’attualità di tutti i giorni: ebbene, nell’ultimo numero del quotidiano Uk si tratta da vicino la spinosa questione dei roghi del Corano in Svezia e Danimarca, diventata un autentico caso diplomatico tra Ue e Paesi del Golfo che non accettano di buon grado iniziative di protesta così clamorose contro il testo sacro dell’Islam.
Ebbene, prendendo spunto dagli insegnamenti liberali del grande filosofo Karl Popper, il tema legato a doppio nodo alla questione del Corano è proprio il concetto di tolleranza: «Una società che crede così fortemente nella tolleranza da non essere disposta a difenderla dall’assalto degli intolleranti rischia di distruggere la tolleranza stessa». Così sentenziava il filosofo austriaco decenni prima che i fatti odierni rimettessero al centro il problema dell’accettazione e della tolleranza di centinaia di migliaia di persone immigrate in Europa da ogni parte dell’Africa e del Medio Oriente. «Di certo non poteva prevedere la battaglia che si sta svolgendo ora tra un’alleanza simbiotica di pochi bruciatori di Corano in Scandinavia – in cerca di attenzione, e un gruppo di regimi e individui che non vedono l’ora di scontrarsi con l’Occidente – da un lato, e la tollerante Svezia, dall’altro», sottoscrive il “Financial Times” nella sua analisi filosofica dell’attualità europea.
FINANCIAL TIMES: “SERVE ESSERE INTOLLERANTI CON GLI INTOLLERANTI”
Verso la fine dello scorso agosto, l’Organizzazione della Cooperazione Islamica si è riunita, per volere di Iran, Iraq e Arabia Saudita, per condannare i tre recenti roghi di Corani avvenuti in Svezia e Danimarca. Il problema è che l’OCI ha giustamente condanato «il ripetersi di atti di profanazione contro il Corano», dimenticandosi colpevolmente di spiegare da dove nascevano quei roghi. Si tratta infatti di un rifugiato iracheno di nome Salwan Momika che il 28 giugno scorso in Svezia mise in piedi questa protesta clamorosa dopo aver guidato in passato una milizia legata all’Iran nel suo Paese.
I popoli islamici hanno inveito contro la Svezia e la Danimarca quando in realtà l’autore del gesto profanatorio è esso stesso un immigrato dal Medio Oriente: «Il volume della disinformazione contro la Svezia si è davvero intensificato dopo quell’incidente», spiega al FT Marcus Berg, vice capo delle operazioni dell’Agenzia svedese per la difesa psicologica (MPF), «Gli attori legati ai governi dei Paesi musulmani hanno iniziato a comunicarlo molto rapidamente, così come i media russi». Il tema è che il Governo svedese approva i roghi del Corano e per questo va punito: anche qui però la disinformazione è palese in quanto i permessi di protesta svedesi non sono rilasciati dal governo ma dalle autorità di polizia locali, i quali non possono rifiutare una richiesta di protesta per motivi ideologici. Si voleva insomma far esplodere e fomentare la rabbia contro il Governo europeo, senza però preoccuparsi dei dettagli che compongono la verità per intero: tra minacce e ritorsioni, la campagna anti-Svezia «è stata progettata per sembrare un’indignazione popolare, ma in realtà è stata coordinata da gruppi e individui che hanno cercato di minare una nazione liberale», riporta il FT.
Da qui l’insegnamento di Popper torna attualissimo: i leader di Svezia e in generale dell’intera Europa credono in maggioranza che la tolleranza possa generare altra tolleranza. Ma il tema di profondissima analisi filosofica – che affonda le radici non solo in Popper ma anche in Mill Bentham e Kant – fa vedere meglio i contorni della vicenda: tale apertura di questi Stati, li rende vulnerabili agli attacchi degli intolleranti. E anche monitorare disinformazione, con i rischi ulteriori dell’AI, potrà non bastare più nel futuro molto prossimo: «Le democrazie liberali dovrebbero imparare da Popper che sostenere la tolleranza significa trattare gli intolleranti con intolleranza», conclude il “Financial Times”.