La riforma Biagi, e ancor prima il Pacchetto Treu, hanno profondamente modificato lo scenario del mercato del lavoro in Italia negli ultimi dieci anni. Come ha sottolineato di recente il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, le Agenzie per il lavoro «hanno assecondato la collocazione in un mercato del lavoro grandemente mutato di un numero crescente di persone in cerca di un nuovo lavoro, tendendo a rispondere alle loro aspirazioni ed esigenze e salvaguardandone la dignità e i diritti».
Ma queste considerazioni valgono solo per il Nord Italia o possono essere riferite anche a quanto accade nel mercato del Sud? Solo il 7% delle filiali delle Agenzie per il lavoro è presente nel Mezzogiorno e parecchie province hanno un numero di Agenzie presenti limitato a poche unità. Dati, questi, che confermerebbero la natura settentrionale del mercato delle Agenzie per il lavoro. Invece, anche nel Sud Italia si assiste ad un sempre più frequente utilizzo del lavoro somministrato e degli altri strumenti della riforma Biagi. Prova ne è che dal 2000 ad oggi la percentuale di lavoratori somministrati sul totale nazionale risulta raddoppiata, passando dal 5% al 10%. Si tratta di una dinamica non marginale e che certamente rimarca l’esigenza di flessibilità organizzativa e produttiva, sul versante della domanda di lavoro, da parte delle aziende del Sud che utilizzano lo strumento del lavoro interinale, in particolar modo per la gestione di “picchi” attraverso la stipula di contratti più lunghi – in termini di durata – della media nazionale.
Certo, in termini assoluti si tratta ancora di una porzione marginale del mercato del lavoro rispetto a quello che avviene in altre aree della Penisola, ma i segnali di crescita sono evidenti e vanno incoraggiati. È una porzione che cresce non solo in termini quantitativi, ma si afferma anche per il grado di professionalità richiesto sempre più frequentemente ai lavoratori assunti in somministrazione dalle aziende del Sud. Infatti, alle tradizionali attività del settore manifatturiero sempre più spesso si aggiungono ricerche di personale in settori ad alta specializzazione, quale quello aeronautico o dell’automobile, ma anche nel settore del terziario, con particolare attenzione al mondo del credito o dei call center, dove le stabilizzazioni dei contratti a progetto dovuti alla recente circolare del Ministero del lavoro hanno significativamente incrementato il numero dei lavoratori assunti con contratto di lavoro dipendente al Sud.
Discorso simile nel settore della distribuzione organizzata, soprattutto attraverso contratti part time rivolti prevalentemente a donne per giungere alle assunzioni nei settori Ict e Sanità, qui con assunzione di infermieri specializzati.
Somministrazione, soprattutto, ma anche selezione, che divengono porta di accesso al mondo del lavoro, come alcuni dati confermano. Il primo è che i lavoratori “interinali” del Mezzogiorno provengono per il 70% circa da situazioni di non occupazione, contro la media nazionale di poco superiore al 30%. Un terzo di loro, poi, riesce nell’arco di 2 anni a trovare un lavoro stabile e a tempo indeterminato.
Un altro ambito di riflessione risiede in un rinnovato interesse a una maggiore mobilità geografica dei lavoratori interinali del Sud, sia nel breve che nel lungo periodo. Nella maggior parte dei casi, questi lavoratori accettano esperienze professionali al Nord allo scopo di acquisire competenze che possono, poi, essere spese sul mercato del lavoro nella regione d’origine.
Inoltre, le Agenzie negli ultimi anni hanno investito in modo sempre più significativo nella formazione dei lavoratori meridionali. Prova ne è che nel 2005 sono stati spesi quasi 23 milioni di euro di fondi Formatemp, pari al 22% dei fondi disponibili, con un elevato numero di corsi realizzati. Ed è qui che si gioca la partita più interessante, soprattutto per le migliaia di giovani che escono dal percorso formativo/scolastico. Ecco che le Agenzie diventano datrici di opportunità, garantendo un inserimento graduale, specifico e professionalizzante nel mercato del lavoro, con la concreta prospettiva di passare dalla “flessibilità” alla “stabilità”.
Le Agenzie rappresentano altresì una risposta decisa alla piaga del lavoro nero. La somministrazione, in contesti dove prevalgono le elusioni, il sommerso e più in generale la scarsa sensibilità alle norme, rappresenta uno strumento capace di offrire al lavoratore un insieme di tutele: giusta retribuzione, pagamento dei contributi previdenziali, riconoscimento di ferie e malattie.
Le sfide future che riguarderanno il ruolo delle Agenzie per il lavoro nel Sud Italia prevedono innanzitutto l’affermarsi sempre più deciso di un soggetto che non solo è erogatore di somministrazione, ma sempre più spesso diventerà soggetto polifunzionale, in grado di operare in modo convincente nel mercato degli altri servizi previsti dalla riforma Biagi. Inoltre va riproposto, in accordo con la Pubblica amministrazione e con gli Enti locali, il ruolo delle Agenzie come primario interlocutore per la copertura di aree quali la qualificazione professionale, l’inclusione dei soggetti svantaggiati, l’orientamento al lavoro, con una maggiore finalizzazione all’ingresso nel mercato del lavoro.
Ma queste considerazioni valgono solo per il Nord Italia o possono essere riferite anche a quanto accade nel mercato del Sud? Solo il 7% delle filiali delle Agenzie per il lavoro è presente nel Mezzogiorno e parecchie province hanno un numero di Agenzie presenti limitato a poche unità. Dati, questi, che confermerebbero la natura settentrionale del mercato delle Agenzie per il lavoro. Invece, anche nel Sud Italia si assiste ad un sempre più frequente utilizzo del lavoro somministrato e degli altri strumenti della riforma Biagi. Prova ne è che dal 2000 ad oggi la percentuale di lavoratori somministrati sul totale nazionale risulta raddoppiata, passando dal 5% al 10%. Si tratta di una dinamica non marginale e che certamente rimarca l’esigenza di flessibilità organizzativa e produttiva, sul versante della domanda di lavoro, da parte delle aziende del Sud che utilizzano lo strumento del lavoro interinale, in particolar modo per la gestione di “picchi” attraverso la stipula di contratti più lunghi – in termini di durata – della media nazionale.
Certo, in termini assoluti si tratta ancora di una porzione marginale del mercato del lavoro rispetto a quello che avviene in altre aree della Penisola, ma i segnali di crescita sono evidenti e vanno incoraggiati. È una porzione che cresce non solo in termini quantitativi, ma si afferma anche per il grado di professionalità richiesto sempre più frequentemente ai lavoratori assunti in somministrazione dalle aziende del Sud. Infatti, alle tradizionali attività del settore manifatturiero sempre più spesso si aggiungono ricerche di personale in settori ad alta specializzazione, quale quello aeronautico o dell’automobile, ma anche nel settore del terziario, con particolare attenzione al mondo del credito o dei call center, dove le stabilizzazioni dei contratti a progetto dovuti alla recente circolare del Ministero del lavoro hanno significativamente incrementato il numero dei lavoratori assunti con contratto di lavoro dipendente al Sud.
Discorso simile nel settore della distribuzione organizzata, soprattutto attraverso contratti part time rivolti prevalentemente a donne per giungere alle assunzioni nei settori Ict e Sanità, qui con assunzione di infermieri specializzati.
Somministrazione, soprattutto, ma anche selezione, che divengono porta di accesso al mondo del lavoro, come alcuni dati confermano. Il primo è che i lavoratori “interinali” del Mezzogiorno provengono per il 70% circa da situazioni di non occupazione, contro la media nazionale di poco superiore al 30%. Un terzo di loro, poi, riesce nell’arco di 2 anni a trovare un lavoro stabile e a tempo indeterminato.
Un altro ambito di riflessione risiede in un rinnovato interesse a una maggiore mobilità geografica dei lavoratori interinali del Sud, sia nel breve che nel lungo periodo. Nella maggior parte dei casi, questi lavoratori accettano esperienze professionali al Nord allo scopo di acquisire competenze che possono, poi, essere spese sul mercato del lavoro nella regione d’origine.
Inoltre, le Agenzie negli ultimi anni hanno investito in modo sempre più significativo nella formazione dei lavoratori meridionali. Prova ne è che nel 2005 sono stati spesi quasi 23 milioni di euro di fondi Formatemp, pari al 22% dei fondi disponibili, con un elevato numero di corsi realizzati. Ed è qui che si gioca la partita più interessante, soprattutto per le migliaia di giovani che escono dal percorso formativo/scolastico. Ecco che le Agenzie diventano datrici di opportunità, garantendo un inserimento graduale, specifico e professionalizzante nel mercato del lavoro, con la concreta prospettiva di passare dalla “flessibilità” alla “stabilità”.
Le Agenzie rappresentano altresì una risposta decisa alla piaga del lavoro nero. La somministrazione, in contesti dove prevalgono le elusioni, il sommerso e più in generale la scarsa sensibilità alle norme, rappresenta uno strumento capace di offrire al lavoratore un insieme di tutele: giusta retribuzione, pagamento dei contributi previdenziali, riconoscimento di ferie e malattie.
Le sfide future che riguarderanno il ruolo delle Agenzie per il lavoro nel Sud Italia prevedono innanzitutto l’affermarsi sempre più deciso di un soggetto che non solo è erogatore di somministrazione, ma sempre più spesso diventerà soggetto polifunzionale, in grado di operare in modo convincente nel mercato degli altri servizi previsti dalla riforma Biagi. Inoltre va riproposto, in accordo con la Pubblica amministrazione e con gli Enti locali, il ruolo delle Agenzie come primario interlocutore per la copertura di aree quali la qualificazione professionale, l’inclusione dei soggetti svantaggiati, l’orientamento al lavoro, con una maggiore finalizzazione all’ingresso nel mercato del lavoro.