IL MANIFESTO/ Cofferati: con l’accordo di Mirafiori si vuole espellere la Fiom dalle fabbriche
Duro il giudizio dell’ex leader della Cgil, Sergio Cofferati, sull’accordo di Mirafiori che ha portato la Fiom all’esclusione dalla rappresentanza sindacale.

Duro il giudizio dell’ex leader della Cgil, Sergio Cofferati, sull’accordo di Mirafiori che ha portato la Fiom all’esclusione dalla rappresentanza sindacale.
L’ex segretario generale della Cgil, Sergio Cofferati, giudica in maniera del tutto negativo il recente accordo tra Fiat e lavoratori dello stabilimento di Mirafiori, accordo che ha visto l’esclusione della Fiom, irremovibile dalle sue posizione e dalla decisione di non sottoscrivere l’intesa. Un accordo «addirittura peggiore di quello di Pomigliano», secondo Cofferati, che confermerebbe come «nella fabbrica napoletana non si agì in uno stato di necessità, si voleva dare inizio a una strategia oggi confermata e aggravata a Mirafiori». Per Cofferati le newco «vengono usate per azzerare i diritti individuali e collettivi sanciti da accordi pregressi».
In particolare, al di fuori del Ccn risulterebbe «ridicolo esaltare il valore del contratto aziendale, che da che mondo è mondo si chiama contratto di secondo livello». Obiettivo neanche tanto implicito dell’impedimento alla Fiom di avere una propria rappresentanza a Mirafiori, senza la firma dell’accordo, sarebbe la sua espulsione «dalle fabbriche perché è l`unico sindacato che contratta, discutendo la strategia complessiva della Fiat».
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Duro anche il giudizio dei confronti dei colleghi di Cisl e Uil, che firmando hanno compiuto una atto «autolesionista», «condannandosi alla subalternità e, alla lunga, alla scomparsa». Non è esente da colpe e responsabilità neanche la sinistra, riguardo alla quale si dice preoccupato di «certe affermazioni e i silenzi nel Pd, c`è chi non si rende conto che la strategia della Fiat è regressiva. Ripeto, posso ammettere che qualcuno in buona fede abbia sottovalutato la portata dell`accordo di Pomigliano, ma su Mirafiori che lo conferma in peggio non può esserci accettazione in buona fede».
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