Si riparla di pensioni e si ritorna a polemiche antiche. Il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, dice sostanzialmente che va aumentata l’età pensionabile con una nuova riforma. Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, sostiene che c’è un problema generazionale. Bisogna produrre un equilibrio tra generazioni a favore dei giovani che altrimenti pagherebbero il prezzo degli errori dei loro padri, combinati con i cambiamenti in atto nel mondo. Il ministro ritiene “utile” un avviso comune tra le parti sociali per la definizione delle “transizioni” sul sistema previdenziale.
Replica la Cisl: “Non ha senso su una materia come le pensioni fare avvisi comuni. Qualsiasi riforma passa attraverso un confronto concertativo leale e concreto tra governo e parti sociali”. E il segretario Maurizio Pelliccioli specifica: “Non abbiamo alcuna intenzione di discutere di pensioni ancor di più in un clima di concertazione sfilacciata come quella attuale”.
Dalla Cgil arriva un no secco: “Non ha alcuna credibilità un ministro che ha fatto della divisione tra le parti sociali e dell’attacco alla loro autonomia la ragione della sua esistenza. Si smetta di mettere le mani sulle pensioni”. La Uil, per voce di Luigi Angeletti ha una posizione più sfumata: “Le pensioni sono troppo basse, e lo saranno soprattutto per i giovani: sono interessato a discutere solo se si parla di giovani”.
L’ex ministro del Governo Prodi, Tiziano Treu, ascolta le polemiche, guarda con molto buon senso, propone una soluzione ragionevole, ma replica subito al ministro del Lavoro e al Governo. Che ne dice di queste soluzioni e di queste nuove contrapposizioni? «Credo che si debba fare un’operazione ben strutturata, ragionevole e non un’operazione di cassa. Per fare questo, cioè uno scambio con il governo, occorre credibilità e il governo questa credibilità non ce l’ha. Quindi, a me viene subito da dire che non è possibile fare alcuno scambio. Anche sull’allungamento dell’età pensionabile.
Le faccio un esempio: quando siamo stati d’accordo sull’innalzamento dell’età per le donne nel settore pubblico, abbiamo subito detto che i risparmi che si ricavavano dovevano essere impegati per un sostegno alle donne in maternità. Si poteva congeniare un bonus o altri aiuti. Morale della favola, di tutto questo non se ne è fatto nulla e i soldi risparmiati sono “andati in cavalleria”. Come giudicare un simile comportamento? Quale tipo di scambio si può fare realisticamente?». A che tipo di impianto strutturale ha pensato?
«Non ci ho pensato solo io, esiste una proposta concreta che in un certo senso, rifacendosi alla riforma Dini, innalza l’età e nello stesso tempo forza i lavoratori ad andare più tardi in pensione. La proposta si struttura su una fascia compresa tra i 62 e i 70 anni, sia per gli uomini che per le donne. Sono le persone che hanno lavorato e che hanno pagato i contributi che scelgono, in quella fascia di età, di andare o non andare in pensione. Con il metodo contributivo si fa un’operazione strutturale. È evidente che la scelta, tra i 62 anni e i 70 anni, dipende da diversi fattori. Se uno ha cominciato a lavorare molto giovane e si sente sfiancato, sceglie di andare prima, altri sceglieranno di andare più tardi».
Sembra una proposta che dovrebbe conciliare pareri diversi. «Il sistema contributivo è molto stretto. Quanti sono i contributi che hai pagato? E tanto ti viene riconosciuto. Se vai a 60 anni, con un’aspettativa di vita di altri venti anni, hai un determinato reddito. Se nei hai settanta, con una prospettiva di vita inferiore hai un altro reddito». Sembra un conto corrente? «È come un conto corrente. Il sistema contributivo si autofinanzia». Scusi professor Treu, ma ci sono anche altri tipi di pensione, che non sembrano legati al sistema contributivo? «Ma quelle sono le vecchie pensioni. Io sono contro i diritti acquisiti falsi. Ma il problema, ora e adesso, non è pensare al passato, ma al domani». Si possono correggere alcune distorisoni? «Si possono bloccare le “pensioni d’oro” e anche quelle d’argento”, vale a dire non aggiornarle con i parametri che si usano per le altre. E in questo caso si può aggiungere, in questioni di “pensioni d’oro e da’argento” anche un contributo di soldarietà. Ripeto, il problame è da adesso in avanti. In base a una riforma strutturata e basata su scambi con un governo credibile.
(Gianluigi Da Rold)