Lungaggini, inadempienze, errori connotano troppo spesso troppe pubbliche amministrazioni. Con l’intenzione di risolvere il problema alla radice, è stato approvato, dalle commissioni Finanze e Attività produttive, un emendamento al decreto sviluppo presentato da Alberto Fluvi (Pd) e Raffaello Vignali (Pdl) che prevede l’immediato deferimento del lavoratore pubblico che sgarra, con l’obiettivo di aprire il procedimento che conduce alla sanzione. La norma, su cui si è espresso favorevolmente anche il governo, accelera quanto già introdotto nel decreto semplificazioni attraverso l’istituzione del dirigente con potere sostitutivo; potere che può scattare laddove un cittadino denunci la mancata erogazione di un servizio da parte di un lavoratore pubblico, chiedendo che venga sostituito. L’accelerazione consiste nel fatto che, se il dirigente non comunica tempestivamente l’inottemperanza, ne diventa a sua volta responsabile. Giovanni Faverin, segretario generale aggiunto della Cisl FP Nazionale, illustra a ilSussidiario.net la sue perplessità. «Si tratta di una norma che, purtroppo, sancisce la resa incondizionata alla constatazione del fatto che i dirigenti non fanno il loro dovere. L’ennesima norma per coprire l’incapacità di governare l’apparato. Parliamo di dirigenti in assenza di una classe dirigente che, negli anni, sia stata in grado di organizzare l’amministrazione pubblica orientandola al bene della collettività».
Basti pensare, in effetti, al numero spropositato di dirigenti pubblici: «Sono ben 48.310, esclusi i medici». Certo, molti sono all’altezza del ruolo che ricoprono: «Alcune realtà pubbliche svolgono le medesime pratiche con lo stesso numero di impiegati nella metà del tempo in cui le svolgono altre grazie alla presenza di dirigenti competenti in grado controllare e motivare il personale, applicare i costi standard e ottimizzare i tempi». Tuttavia, tra quei 48.31, le mele marce troppe. «Negli anni, la politica ha speso e sperperato per assumere il dirigente vicino al potente di turno. Almeno metà di essi hanno ricevuto l’incarico senza passare dai concorsi pubblici. Costoro hanno neutralizzato l’azione di quanti, per anni, hanno retto con professionalità e dedizione i ministeri, gli enti locali ed ogni genere di amministrazione pubblica». Nel frattempo, proprio oggi, il ministro Patroni Griffi incontrerà la parti sociali per illustrare, nell’ambito della spending review, i criteri attraverso cui sarà tagliato il 20% dei dirigenti e il 10% dei lavoratori pubblici.
Ma qualunque cosa dovesse dire, oramai, il danno è fatto: «Tra il 2006 e il 2010 il pubblico impiego è stato ridotto di ben 171mila lavoratori che, da 3.548.000 sono diventati 3.377.000; eppure, nello stesso periodo, la spesa pubblica è aumentata, passando da 694 miliardi del 2006 a 798miliardi del 2010. E’ evidente, quindi, che i tagli, di per sé, non comportano costi minori». Alla base dell’incongruenza vi è sempre stato un modo di procedere fallimentare: «Il bidello che viene lasciato a casa, per intenderci, in qualche modo, deve essere rimpiazzato. Normalmente, si è appaltato il servizio che svolgeva, a ditte esterne. Senza alcun controllo. Finalmente, dopo anni, ci si è resi conto che, sull’acquisto di beni e servizi, qualche controllo sarebbe stato necessario. Ma questo, con la riduzione del personale, non ha niente a che vedere».
(Paolo Nessi)