La situazione da incandescente rischia di scoppiare. Alcuni giorni fa, gli operai dell’Ilva di Taranto avevano capito che le cose non si stavano mettendo bene quando, giunti sul posto di lavoro, hanno trovati i varchi d’accesso sigillati, con degli anelli saldati ai cancelli per impedire di far entrare chiunque. Ieri, è arrivata l’ennesima doccia fredda. Dopo un incontro tra il ministro dell’Ambiente Corrado Clini, i sindacati e il presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, è emerso come si stia prospettando lo spettro della cassa integrazione per tutti. Per novemila lavoratori, in particolare, settemila dei quali gravitano su Taranto e gli duemila sul resto d’Italia. Una riunione che si è tenuta dentro lo stabilimento di Tarando, solo dopo aver preso precauzioni e misure di sicurezza eccezionali: ben 350 agenti delle forze dell’ordine hanno presidiato la zona per evitare che fosse presa d’assalto. Resta, in ogni caso, il principale dei problemi: l’Ilva è senza soldi. Non disporrebbe del fondi necessarie neppure per procedere con le consuete pratiche quotidiane: non è in grado i continuare la normale attività produttiva, né di pagar i dipendenti. L’unica soluzione consisterebbe nel vendere il materiale giacente. Si tratterebbe di prodotti del valore di almeno un miliardo di euro. Ma a mettersi di mezzo, come sempre, è la Procura. Il materiale, infatti, è sotto sequestro dal 26 novembre, fermo sulle banchine del porto. Una delle possibilità allo studio per risolvere la questione, e dissequestrare l’acciaio deteriorabile, venderlo, e spostare il sequestro sul ricavato della vendita. Un atto reso, finora, impossibile per il fatto che il prodotto da vendere, secondo la magistratura, sarebbe stato realizzato in violazione della legge. In pratica, si tratterebbe di mettere sul mercato il corpo del reato. Ieri, considerando che l’occasione formale della riunione è consistita nell’insediamento di Vitaliano Esposito, garante per l’attuazione delle prescrizioni dell’Aia, e del commissario per il risanamento ambientale, Alfio Pini, è stato fatto presente che sono disponibili fin da subito 396,7 milioni di euro sbloccati dal governo destinati agli interventi di bonifica.
Anch Clini, dal canto suo, rivolto alla magistratura, ha fatto presente che «Se qualcuno pensa che il risanamento possa avvenire fermando gli impianti dell’Ilva, non ha capito dove siamo».