Gli occhi di molti lavoratori vicini alla pensione e di alcuni esodati sono puntati sui lavori della commissione Lavoro della Camera, presieduta da Cesare Damiano. Oggi alle 14:00 è infatti ripreso l’esame del ddl sulla flessibilità voluto dall’ex ministro del Lavoro, che dovrebbe consentire la libertà di scelta nell’accesso dei lavoratori al trattamento pensionistico, a partire dai 62 anni di età. Vedremo quale sarà la conclusione di questo esame, sapendo che il grande ostacolo al ddl resta quello delle coperture finanziarie. Al termine è comunque prevista una delibera sempre sul tema pensionistico: un’indagine conoscitiva sull’impatto in termini di genere della normativa previdenziale e sulle disparità esistenti in materia di trattamenti pensionistici tra uomini e donne.
Come stabilito dalla legge 214 del 22 dicembre 2011 (il cosiddetto decreto Salva Italia), la corresponsione di stipendi, pensioni e compensi di importo superiore a mille euro deve necessariamente avvenire attraverso l’utilizzazione di strumenti di pagamento elettronici (conti correnti bancari e postali, libretti nominativi di risparmio, carte di pagamento). La misura ha costretto molti pensionati a dover aprire un conto corrente ma, come spiegato da Il Sole 24 Ore, questo non riguarda le erogazioni una tantum che contribuiscono occasionalmente a far superare la soglia dei mille euro: ad esempio, se un pensionato percepisce 990 euro ed è in attesa di arretrati pensionistici non dovrà necessariamente aprire un conto. Non verranno quindi rilevate anche le tredicesime mensilità o altre erogazioni “eccezionali”, proprio per evitare ai cittadini di aprire un conto per il superamento occasionale della soglia di mille euro.
Non c’è solo la richiesta di inserire un meccanismo di flessibilità nel sistema previdenziale, il problema di una riforma delle pensioni è sentito anche dagli italiani all’estero. I deputati del Movimento 5 Stelle chiedono infatti di aggiornare le convenzioni in materia previdenziale con gli altri Stati. Il tutto mentre in aula si stanno discutendo proprio mozioni riguardanti i diritti previdenziali degli emigrati. Se infatti un cittadino lavora alcuni anni in Italia e poi si trasferisce all’estero, la pensione gli viene erogata in parte dall’Inps e in parte dall’istituto previdenziale del Paese in cui si è recato, in base ad accordi bilaterali. I deputati pentastellati ricordano che l’Inps sta erogando circa mezzo milione di pensioni attraverso delle intese internazionali che sono ormae datate e che dovrebbero essere adeguate.