Una circolare dell’Inps fissa i paletti anagrafici per l’entrata in pensione che saranno validi dal 2016. Per gli uomini ci vorranno 66 anni e 7 mesi, mentre per le donne del settore privato ce ne vorranno 65 anni e 7 mesi. I contributi necessari per la pensione anticipata saranno di 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Viene quindi chiarito quanto disposto da un decreto del Mef che fissava in quattro mesi l’aumento dei requisiti necessari all’accesso alle pensione dovuto all’incremento delle aspettative di vita.
In attesa di una riforma delle pensioni, sempre più importante può essere il ruolo della previdenza complementare. Per questo Innocenzo Cipolletta, Preisidente di Aifi, l’associazione italiane del private equity e del venture capital, chiede che vengano varate delle agevolazioni fiscali per i fondi pensioni e le casse di previdenza. Va detto che nella Legge di stabilità si sono avuti interventi nella direzione opposta e forse anche per questo Cipolletta evidenzia che in altri paesi questo comparto è l’investitore naturale del private equity e del venture capital.
In attesa di capire se ci sarà l’introduzione di un meccanismo di flessibilità nel sistema pensionistico, Il Sole 24 Ore dedica uno speciale di Plus24 alle pensioni. Oggi il sito del quotidiano di Confindustria anticipa che presenterà in esclusiva un’analisi dell’Inps sulle differenze di assegno per lavoratori e lavoratrici dipendenti e autonomi che derivano dal calcolo con i sistemi retributivo, contributivo e misto. Il risultato è senz’altro dirompente ,dato che la differenza può arrivare fino a 1.000 mille euro lordi al mese in meno.
La base di una riforma delle pensioni che introduca la flessibilità sembra essere il disegno di legge allo studio della commissione Lavoro della Camera, che parte dalla proposta Damiano, la quale intende rendere possibile l’uscita dal mondo del lavoro a 62 anni (con 35 di contributi), in cambio di una penalizzazione sull’assegno previdenziale. Inoltre, rimanendo a lavoro fino a 70 anni si potrebbero avere anche degli incentivi proprio per aumentare l’importo della pensione. Nicola Salerno, direttore del Centro Studi Reforming, è convinto della bontà della proposta, che però presenterebbe alcune criticità, in particolare sui calcoli di penalizzazioni e bonus che spetterebbero al pensionando. Per questo, Salerno avanza una proposta alternativa, che ricalca a grandi linee quella di Damiano.
Si parte fissando i livelli ritenuti standard per l’età di pensionamento e per l’anzianità contributiva, che dovrebbero essere rispettivamente 66 e 41 anni. Poi si calcola il minor valore tra gli anni che mancano all’anzianità di 41 e gli anni che mancano alla vecchiaia di 66. A questo punto, gli anni mancanti al raggiungimento dello standard più vicino (età o contributi) potrebbero essere “acquistati” dal cittadino rinunciando a farli valere come anni di anzianità nel calcolo della pensione retributiva (o della quota retributiva di pensione mista). Allo stesso modo, nel caso invece un pensionando decida di ritardare il suo addio al lavoro, potrebbe calcolare quanto gli spetterebbe in più. Cliccando qui è possibile leggere lo studio completo con maggiori dettagli.