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Home » Lavoro » RIFORMA PENSIONI 2015/ Flessibilità sì, ma non con la ricetta Poletti-Renzi

  • Lavoro

RIFORMA PENSIONI 2015/ Flessibilità sì, ma non con la ricetta Poletti-Renzi

Int. Domenico Proietti
Pubblicato 3 Settembre 2015
poletti_problemaR439

Giuliano Poletti (Infophoto)

Per DOMENICO PROIETTI (Uil) la flessibilità va attuata senza penalizzazioni ulteriori, fatte salve quelle già implicite nel fatto di andare in pensione prima con il sistema contributivo

“Il ministro Poletti dimentica che con la legge Fornero è stata compiuta la più gigantesca operazione di cassa sulle spalle di lavoratori e pensionati. L’intero movimento sindacale è quindi convinto che la flessibilità vada attuata senza penalizzazioni ulteriori, fatte salve quelle già implicite nel fatto di andare in pensione prima con il sistema contributivo”. Sono le parole di Domenico Proietti, segretario confederale della Uil, a proposito dell’intervista al ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, pubblicata ieri dal Corriere della Sera. Poletti ha ricordato che la flessibilità “non deve essere per forza a costo zero, le penalizzazioni non possono essere insostenibili”.


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Proietti, ritiene che sia giusto che un lavoratore che va in pensione prima riceva un assegno più basso?

In primo luogo diamo atto al ministro Poletti della sua onestà nel riconoscere che la legge Fornero ha creato iniquità e ingiustizie, alle quali bisogna porre rimedio. Noi pensiamo che per farlo bisogna reintrodurre una flessibilità che consenta di andare in pensione a 62 anni, e che non comporti penalizzazioni per i lavoratori se non quelle implicita al sistema contributivo.


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In che senso la Uil accetta solo penalizzazioni implicite?

Il contributivo prevede che chi si ritira prima del lavoro versi meno contributi e prenda un assegno inferiore. Questa è la strada maestra per risolvere questo tema, perché tutte le altre ipotesi, dal ricalcolo con il sistema contributivo a una penalizzazione del 30%, sono insostenibili per i lavoratori e renderebbero vano lo strumento.

Perché?

Perché a fronte di una penalizzazione così elevata nessun lavoratore sarebbe in grado di usufruire della flessibilità in uscita. E’ quindi positivo che il ministro ancora una volta abbia ribadito la necessità di porvi rimedio. Adesso però noi ci aspettiamo che ciò avvenga in modo concreto e senza penalizzazioni.


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Quindi la vostra posizione è in sintonia con quella della Cgil?

Noi affermiamo quanto le ho detto prima dal giorno successivo a quello in cui è stata approvata la legge Fornero. Ci sono posizioni largamente condivise nel movimento sindacale: non è quindi che noi siamo d’accordo con la Camusso, o che la Camusso è d’accordo con noi.

Significa che le affermazioni di Poletti non vi soddisfano fino in fondo?

Non ci soddisfano se Poletti pensa che per risolvere questo problema bisogna introdurre delle penalizzazioni a danno dei lavoratori o dei pensionati.

 

E’ giusto tenere conto anche degli equilibri di bilancio?

Noi siamo perfettamente convinti del fatto che bisogna tenere conto degli equilibri di bilancio, ma vogliamo ricordare che con la legge Fornero è stata compiuta la più gigantesca operazione di cassa sulle spalle di lavoratori e pensionati. Sono stati prelevati 80 miliardi in dieci anni, e noi chiediamo di riprendere una parte di quei miliardi per finanziare la reintroduzione della flessibilità. Bisogna tagliare costi e sprechi della politica, che ancora sono enormi nel nostro Paese. Se si fa questa operazione si hanno le risorse per finanziare la flessibilità.

 

Per Poletti, se si vuole trovare un’occupazione ai giovani bisogna mandare prima in pensione i lavoratori anziani. Lei è d’accordo?

Ma certo che sono d’accordo. La flessibilità va introdotta in primo luogo perché non tutte le persone svolgono lo stesso lavoro. Restare nell’edilizia, guidare lo scuolabus o fare la maestra d’asilo fino a 70 anni non è possibile. In secondo luogo consentire di andare in pensione a 62 anni serve anche a riattivare il turnover del mercato del lavoro, che in questi anni è stato bloccato a danno delle giovani generazioni. Quindi la nostra proposta risponde a un’esigenza di equità per le persone che devono andare in pensione, ma dà una risposta anche ai giovani perché si ristabilisce un turnover nel mercato del lavoro.

 

(Pietro Vernizzi)


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