Cgil, Cisl e Uil sono pronti alla mobilitazione sulla riforma delle pensioni. A breve i tre sindacati dovrebbero definire le modalità con cui dar vita ad azioni di sostegno alla piattaforma unitaria inviata sul tema a Governo alla fine dell’anno scorso. Lo hanno confermato Carmelo Barbagallo e Susanna Camusso, per i quali l’introduzione della flessibilità pensionistica resta una priorità. Le proposte dei sindacati sono sostanzialmente in linea con quelle di Cesare Damiano. Il Segretario generale della Uil ha detto anche di essere per una volta tanto d’accordo con Stefano Boeri, quando afferma che occorre varare al più presto la flessibilità pensionistica. Tito Boeri torna a chiedere al Governo di varare quanto prima una riforma delle pensioni all’insegna della flessibilità. A margine di un convegno all’Università Cattolica di Milano, ha infatti detto di comprendere il fatto che ci sono altre priorità per l’esecutivo, ma ha sottolineato che se si vuole fare questo tipo di intervento la tempistica è importante e la flessibilità serve ora, non tra due o tre anni. Il Presidente dell’Inps ha anche evidenziato che una riforma delle pensioni di questo tipo aiuterebbe anche l’occupazione giovanile. Resta il fatto che la flessibilità proposta dall’Inps è diversa da quella di Damiano, se non altro per le risorse che verrebbero utilizzate: pubbliche nel caso dell’ex ministro, mediante un intervento sulle pensioni più alte per Boeri.
Per i lavoratori precoci non arrivano buone notizie. La riforma delle pensioni che loro vorrebbero fosse cambiata, ovvero la Legge Fornero, non è così facile da modificare. Almeno è quello che si capisce dal messaggio che Mauro Del Barba, Senatore Pd, ha inviato a uno degli iscritti al gruppo Facebook Pensioni lavoratori, precoci ed esodati. Del Barba ha infatti detto che Luigi Marattin, consigliere economico di Renzi, durante un evento del Pd a Morbegno ha fatto capire che gli errori del passato (come il consentire di far andare in pensione i 35enni) pesano ancora troppo sui conti pubblici. Dunque se non si può andare in pensione dopo 41 anni di contributi la colpa non è del Governo, ma delle vecchie leggi che hanno reso insostenibili i conti.
Il coordinamento statistico attuariale dell’Inps ha elaborato i costi che comporterebbe l’approvazione di una riforma delle pensioni all’insegna della flessibilità (compresa la quota 41 per i lavoratori precoci). Dati che Giuliano Cazzola ha riportato in un intervento su Firstonline.info. Le proiezioni, che considerano solo lavoratori privati, autonomi e iscritti alla Gestione separata (quindi non i dipendenti pubblici), dicono che nel 2017 ci sarebbe un costo varaibile tra 3,6 e 7,5 miliardi di euro (al loro degli effetti fiscali) a seconda del numero di ipotetici cittadini che accederebbero alla pensione anticipata (209mila o 366mila persone). Tra 10 anni si calcola un onere variabile tra 7,5 e 14 miliardi di euro (410mila o 750mila pensioni in più).
Tra le ipotesi di riforma delle pensioni che possano portare a una qualche forma di flessibilità, sembra che il Governo stia tornando a lavorare al prestito pensionistico, mediante l’assegno di pensione anticipata, già proposto come emendamento (poi bocciato) in sede di Legge di stabilità. La conferma è arrivata dal Sottosegretario al Welfare Massimo Cassano. L’ipotesi cui si sta lavorando è di consentire l’utilizzo di questo strumento a coloro che si trovano prossimi alla pensione, ma senza occupazione. Quindi l’assegno verrebbe erogato solo ai disoccupati privi di qualunque ammortizzatore sociale. Già per questa sua caratteristica si capisce che si tratterebbe di uno strumento “limitato”, che quindi non riguarderebbe la maggioranza degli italiani che desiderano andare in pensione e che potrebbe essere inserito anche solo in via sperimentale, con basso impatto sui conti pubblici.
E alle fine nel grande calderone della riforma pensioni 2016, in attesa di un vero testo legislativo, ci finiscono anche le pensioni d’oro: tramonta l’ipotesi di un ricalcolo con il contributivo delle pensioni superiore a 5mila euro lordi al mese. La notizia arriva dopo la conferma dell’audizione giovedì in commissione Lavoro alla Camera del direttore per la previdenza dell’Inps, Antonello Crudo: è stato in sostanza bocciato dal punto di vista tecnico la possibilità di attuare il ricalcolo in chiave contributiva delle varie prestazioni attualmente erogate dall’Inps. Riporta Pensioni Oggi che lo stesso Crudo intende apportare questa modifica: in un certo numero di casi il ricalcolo potrebbe portare ad aumentare dell’assegno anziché tagliare nel sistema retributivo l’importo stesso delle pensioni. Sentite direttamente le sue parole: «Il sistema retributivo contiene in sé un forte meccanismo solidaristico di riequilibrio che consiste nel fatto che il cosiddetto coefficiente di rivalutazione annua della pensioni quando i redditi superano i 45mila euro, scende al di sotto del 2% sino a ridursi allo 0,9% per redditi superiori a 90mila euro». Sì AL RISCATTO DEI PERIODI NON LAVORATI DOPO IL 1996 – Secondo il portale specializzato di Pensioni Oggi, la questione riforma pensioni 2016 vede un punto di svolta confermato nelle ultime 36 ore: i lavoratori impiegati in attività lavorative discontinue dal 1996 in poi, hanno la possibilità di riscattare i periodi di vuoto contribuito che intercorre tra un rapporto lavorativo e l’altro pagando il relativo onere. Prezioso e nuovo lo strumento introdotto nell’articolo 7 del Decreto Legislativo 546/1996, che va direttamente in soccorso per tutti quei lavorato impiegati in attività di lavoro dipendere a forma tendenzialmente stagionale, se non discontinua a tempo determinato. Sostanzialmente con questa decisione, l’ordinamento consente di recuperare i buchi di contributi presente tra un lavoro e l’altro che se non rischierebbero di essere perduti definitamente.
Dopo aver detto che la riforma delle pensioni all’insegna della flessibilità sarà probabilmente inserita nella prossima Legge di stabilità, Tommaso Nannicini torna a parlare di previdenza. In un’intervista a Repubblica, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio affronta diversi temi economici. E a un certo punto il giornalista Ferdinando Giugliano gli chiede se, dato che in passato si era espresso a favore di un ricalcolo contributivo delle pensioni, condividesse la proposta in merito del Presidente dell’Inps Tito Boeri. Nannicini ha spiegato che quanto sosteneva in passato era funzionale a un’equità fra generazioni, mentre il piano dell’Inps mira a una redistribuzione di risorse all’interno della stessa generazione. In ogni caso non sarebbe opportuno un intervento di questo tipo sulle pensioni nel momento in cui si sta cercando di rilanciare i consumi.
A Nannicini è stato quindi chiesto se il Governo avesse in programma interventi “per agevolare pensionamenti più flessibili”. La risposta è stata la seguente: “Nel 2015, l’intervento è stato posticipato di un anno per ragioni finanza pubblica. I punti fissi per me restano la sostenibilità del sistema e l’equità fra generazioni. Qualsiasi intervento non deve tornare indietro su questi principi, dunque dovrà essere accompagnato da forme di penalizzazione attuariale”.