Un nuovo sostegno per i lavoratori precoci e la loro battaglia per riuscire ad andare in pensione dopo 41 anni di contributi versati arriva da Piero Fassino, Sindaco di Torino, in corsa per la rielezione. Con un tweet ha infatti scritto: “Sostegno ai “lavoratori precoci”. Appoggio il ddl Damiano: diritto alla pensione per chi ha lavorato più di 40 anni, a prescindere dall’età”. Un tweet che è stato anche commentato. C’è chi ricorda a Fassino che ci sono anche gli esodati non ancora salvaguardati da tutelare e c’è chi è abbastanza scettico e ritiene che quelle di Fassino siano sostanzialmente promesse elettorali cui non segue nulla di concreto. I comitati che sostengono la proroga di Opzione donna al 2018 hanno deciso di scrivere ai politici che hanno varato dei disegni di legge per cercare di far sì che le italiane possano continuare ad accedere a questo regime sperimentale. Questo perché si vuole chiedere che il Governo prenda in considerazione non solo la proposta di legge di Cesare Damiano sulla flessibilità previdenziale (che contiene anche la “Quota 41” per i lavoratori precoci), ma appunto anche quei ddl che vorrebbero consentire una pensione anticipata attraverso un ricalcolo contributivo pieno dell’assegno per le donne con almeno 35 anni di contributi (e 57 anni e 3 mesi d’età, perlomeno stante l’attuale aspettativa di vita). L’obiettivo sarebbe quello di far diventare Opzione donna una via di accesso strutturale alla pensione, che dovrebbe quindi poter essere accessibile anche oltre il 2018.
Da Pier Paolo Baretta arrivano parole che fanno ben sperare coloro che vorrebbero che una riforma delle pensioni all’insegna della flessibilità venisse approvata in questo 2016. Il Sottosegretario all’Economia ha infatti ricordato di essere tra i fautori della possibilità di accedere alle pensione in anticipo con una penalizzazione. A suo modo di vedere non si tratta quindi di cambiare la Legge Fornero nella sua struttura, ma di correggerla nella sua rigidità in uscita, che penalizza anche l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. Per Baretta si può “iniziare subito il confronto sulla flessibilità in uscita che il governo non ha mai tolto dalla sua agenda. E io penso che ci siano le condizioni per arrivare a una soluzione quest’anno”. Restano però due problemi economici: “Il costo attuariale e il costo dell’immediata esposizione dell’anticipo”.
Tito Boeri, come noto, ha rilanciato l’urgenza di un intervento di riforma delle pensioni all’insegna della flessibilità ed è arrivato prontamente il sostegno al Presidente dell’Inps da parte di Francesco Prudenzano, Segretario generale di Confintesa. A suo modo di vedere un provvedimento di questo tipo sarebbe importante e per vararlo sarebbe giusto seguire la rotta tracciata dallo stesso Boeri: tagliare le pensioni più alte e i vitalizi. Anche perché, ha spiegato Prudenzano, non possono esistere diritti acquisiti in una situazione come quella attuale, dove pensioni eccessivamente alte del passato amplificano le ingiustizie.
Sulla riforma delle pensioni bisogna passare dalle parole ai fatti. Lo sostiene Maurizio Petriccioli, Segretario confederale della Cisl. Il sindacato porterà avanti la sua opera per far conoscere agli italiani le proposte che con Cgil e Uil ha presentato al Governo sul tema già alla fine dell’anno scorso. Il sindacalista ha anche spiegato che a breve, insieme alle altre due confederazioni, verrà stabilita la modalità con cui portare avanti la vertenza previdenziale “per ottenere dal Governo l’avvio di un confronto necessario a evitare gli errori del passato e non più rinviabile vista la situazione del mercato del lavoro e l’innalzamento dei requisiti pensionistici legati all’aumento dell’aspettativa di vita”.
Se la riforma delle pensioni stenta ancora a decollare nell’agenda del Governo, l’esecutivo si potrebbe trovare presto ad affrontare nuove pressioni sul fronte previdenziale, dato che ci sono diversi italiani che non riescono ad andare in pensione per via del fatto di aver versato contributi in diversi enti previdenziali. In questo caso, infatti, occorre ricongiungere le annualità contributive, con un costo a carico del lavoratore che spesso è così alto da portare alla rinuncia. Il problema è che a differenza di quello che può essere il riscatto degli anni di studio universitario, in questo caso i contributi sono stati versati e dunque è come se si fosse costretti a pagarli una seconda volta. Sindacati e alcuni parlamentari (tra cui Cesare Damiano e Maria Luisa Gnecchi) chiedono da tempo che il Governo elimini le ricongiunzioni onerose introdotte nel 2010 da Berlusconi. Finora però nulla è cambiato.
Appare evidente che nel programma del Governo presieduto dal Primo Ministro, Matteo Renzi, la questione della flessibilità nelle pensioni per permettere l’uscita anticipata dal mondo del lavoro e dell’opzione donna non sia prioritaria. Al momento non sembrano esserci le risorse necessarie per prevedere un decreto che si occupi di questi particolare impellenza. Pochi, tuttavia, sono a conoscenza che per effetto di quanto previsto nella legge di stabilità del 2013, viene data la possibilità con lo strumento della totalizzazione retributiva di cumulare in maniera del tutto gratuita i periodi assicurativi non coincidenti per conseguire un’unica pensione. È un cumulo che si differenza da quello contributivo perché la quota maturata presso ciascuna gestione è determinata in base alle regole di quel fondo e attraverso il metodo contributivo. Ne possono beneficiare autonomi, iscritti a due o più forme di assicurazione obbligatoria, iscritti a gestione separata e sua forme sostitutive ed esclusive come l’ex Inpdap e Enpals.