Per Annamaria Furlan la riforma delle pensioni “è indispensabile, non solo per una questione di equità sociale, ma anche per creare le condizioni per l’innovazione di cui hanno bisogno le imprese”. In un’intervista a La Stampa, la numero uno della Cisl spiega infatti che in “Italia abbiamo nonni e padri di 66-67 anni ancora al lavoro, e figli e nipoti ancora disoccupati. Ed è chiaro che l’innovazione si fa più facilmente coi giovani lavoratori”. Per la sindacalista, quindi, se il Governo dovesse rinviare la riforma delle pensioni si tratterebbe di un “errore insopportabile”. La Furlan precisa comunque di non avere avuto segnali in questo senso, dato che per i primi di settembre resta confermato l’incontro tra Governo e sindacati sul tema delle pensioni.
In un’intervista all’Unità, Cesare Damiano chiarisce che le correzioni che da tempo chiede alla riforma delle pensioni targata Fornero “non vanno a esclusivo vantaggio delle generazioni anziane. Al contrario, con l’anticipo di 3 anni e 5 mesi dell’uscita dal lavoro si può generare un turnover che favorisce l’occupazione dei giovani”. L’ex ministro del Lavoro spiega anche che la revisione del sistema contributivo, in modo che venga tolto il vincolo dell’importo minimo dell’assegno per poter andare in pensione anticipata, riguarda quei lavoratori che hanno iniziato a lavorare dopo il 1996, quindi persone giovani. Analogamente l’eliminazione dell’onerosità delle ricongiunzioni contributive può essere un aiuto per quei giovani che stanno cambiando lavoro in questi anni difficili.
I lavoratori precoci non si fermano nemmeno a Ferragosto. Per loro resta importante riuscire a far inserire Quota 41 nella riforma delle pensioni allo studio del Governo. Ciò consentirebbe, infatti, di andare in pensione dopo aver versato 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica e senza penalizzazioni. Oggi, quindi, il comitato di Torino si è dato appuntamento al Sestriere per una gita fuori porta di Ferragosto, durante la quale è stato fatto sfoggio della maglietta con un grosso 41 rosso, usata anche in precedenti manifestazioni a sostegno di Quota 41. Vedremo se dal tavolo tra Governo e sindacati arriverà qualche buona notizia per i lavoratori precoci.
Mentre in Italia si discute di una riforma delle pensioni per rendere flessibile l’età di pensionamento, in Germania la Bundesbank accende il dibattito sulla possibilità di portare l’età di uscita dal mondo del lavoro a 69 anni entro il 2060, cosa che toglierebbe pressione al sistema previdenziale tedesco. Il problema messo in evidenza dalla banca centrale tedesca è che dal 2050 i cittadini potrebbero vedere scendere di molto il livello delle loro pensioni (a causa dei bassi tassi di interesse), specialmente se non faranno ricorso alla previdenza complementare. L’alternativa sarebbe quella di alzare i contributi, manovra che potrebbe però influire negativamente sull’economia. Dunque, visto anche che l’aspettativa di vita è in aumento e il rapporto lavoratori/pensionati andrà diminuendo, sarebbe meglio alzare l’età pensionabile.
Il Psi ricorda al Governo quanto sia importante pensare alla Legge di stabilità piuttosto che al referendum costituzionale. Riccardo Nencini ha ricordato al Ministero dell’Economia e a palazzo Chigi che le priorità devono essere aumento delle pensioni minime traendo fondi da una maggiore pressione fiscale sul gioco d’azzardo, risorse per studenti meritevoli ma bisognosi e un piano casa da 75.000 alloggi popolari. Interventi che si rendono ancor più importanti vista la stima dell’Istat sul Pil del secondo trimestre del 2016, che ha fatto registrare una crescita nulla.
Giovanni Dell’Isola, Segretario generale della Fnp-Cisl di Salerno, chiede al Governo di mantenere i patti sulla riforma delle pensioni. In particolare sui quei punti che riguardano chi è già in quiescenza. Nello specifico, l’aumento della no tax area fino alla parificazione con quella prevista per i lavoratori dipendenti, “l’equiparazione delle detrazioni per redditi da lavoro dipendente con quelle da pensioni, la somma aggiuntiva concessa ai pensionati con almeno 64 anni di età con redditi bassi – la cosiddetta quattordicesima -, la rivalutazione (perequazione) dei trattamenti pensionistici in essere”. Su quest’ultimo punto l’esecutivo aveva in particolare espresso la volontà di tornare al sistema previgente rispetto a quello introdotto dal Governo Letta.
Maurizio Landini torna a parlare di riforma delle pensioni, in un’intervista a Il Manifesto in cui spiega che il Governo non può evitare gli interventi necessari sul sistema previdenziale giustificandosi con il fatto che la bassa crescita non consente di stanziare risorse. “Quando si parla di risorse bisogna ricordare alcune cose. Quanti sono i miliardi dati a pioggia alle imprese in questi anni? La riduzione dell’Irap, gli sgravi contributivi sulle assunzioni del Jobs Act senza articolo 18. Stiamo parlando di decine di miliardi. Chi dice che non ci sono soldi non dice il vero. Sono scelte sociali molto precise”, spiega il Segretario generale della Fiom. Per il sindacalista resta poi il problema dell’Ape, che ritiene inaccettabile. “Questa idea che una persona possa andare in pensione facendo un debito è una follia. La crisi ci ha fatto pagare ampiamente le politiche dell’indebitamento. È un insulto alle persone oneste che per una vita hanno pagato i contributi. Se il governo mantiene posizioni di questa natura c’è bisogno di pensare a forme di mobilitazione. Al sindacato è imputato di non avere mosso un dito quando il governo Monti varò la riforma Fornero. Quella ferita sulle pensioni è ancora aperta”, spiega Landini.