Tra i principali risultati del Referendum Alitalia che ha deciso per la bocciatura del pre-accordo sindacale, vi era il rischio di un commissariamento da tutti indicato come probabile conseguenza al No delle urne dei dipendenti Alitalia. Ora è una certezza, dopo l’annuncio dato dall’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile tramite una nota stampa: «l’Enac informa che il presidente della compagnia Alitalia, Luca Cordero di Montezemolo, ha comunicato ufficialmente al presidente Vito Riggio la decisione del Consiglio di Amministrazione della compagnia aerea di avviare la procedura per la nomina del commissario». E così nei prossimi giorni si dovranno prendere decisioni importanti sulla figura che dovrà fungere da commissario nei prossimi delicati mesi per l’ex compagnia di bandiera: intanto è slittato l’incontro previsto inizialmente per domani al Mise per fare il punto sulla vicenda referendum e probabilmente si attenderà il cda del 27 aprile quando sarà avviata ufficialmente la procedura di legge sul commissariamento.
È terminato il cda di Alitalia convocato in via straordinaria questa mattina dopo i risultati del referendum chiusi con la vittoria del No: data l’impossibilità della ricapitalizzzione, a questo punto Alitalia (e il governo) puntano al commissariamento quantomeno per evitare conseguenze dannose e devastanti sulle prossime settimane dove la compagnia aerea ha comunque in programma i consueti moduli di volo in tutta Italia e nel mondo. «Il cda stamani ha deciso di avviare le procedure previste dalla legge e ha convocato un’assemblea dei soci per il 27 aprile al fine di deliberare sulle stesse», scrive la nota di Alitalia che poi aggiunge un dettaglio importante, «a seguito dell’esito negativo della consultazione referendaria, il programma e l’operatività dei voli Alitalia non subiranno al momento modifiche». Il Governo non intende cedere ad alcune pressioni che invitano alla nazionalizzazione della compagnia aerea e per questo motivo tramite il cda e i vertici si punta verso il momentaneo commissariamento; intanto arrivano i primi commenti dei sindacati che avevano condotto il pre-accordo e firmata una prima intesa, bocciata dal referendum di ieri. «L’Italia non si può permettere di perdere Alitalia dobbiamo fare il possibile e percorrere tutte le strade», commenta il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, a margine della manifestazione nazionale del 25 aprile a Milano,
Ha vinto il No, anzi ha stravinto, nel referendum Alitalia sul pre-accordo siglato tra sindacati e azienda sotto l’ala del governo. Bene, ora è tutto da rifare con il No deciso dai lavoratori nei risultati resi noti nella notte appena passato: Su un totale di 10.101 votanti, i No sono stati 6.816, pari a oltre il 67%, e i Sì 3.206. Come dunque temevano i ministri e i vertici dell’azienda i lavoratori della compagnia aerea hanno rifiutato un accordo portava alcuni tagli consistenti (-8% agli stipendi) e che provava una serie di riqualificazioni e modalità di rilanciare Alitalia nei prossimi anni. Ora tutto da rifare, ma cosa succederà all’azienda ex di bandiera è già delineato nel Cda convocato all’improvviso questa mattina dopo la secca sconfitta del Sì al Referendum. «La richiesta dei lavoratori con il No al referendum è di non pagare ancora una volta le difficoltà finanziarie della compagnia», scrivono i sindacati di base che hanno sostenuto fin dall’inizio, contro i sindacati nazionali, il fronte No. Due le scelte davanti, come segnala Agi: deliberare la richiesta di amministrazione straordinaria speciale, «in tal caso il ministero dovrà procedere con la nomina di uno o più commissari, il cui compito è predisporre un nuovo piano industriale, trovando eventualmente un acquirente o nuovi investitori». Ma se invece il Cda di Alitalia non prendesse questa via, allora la via che rimane è il fallimento da dichiarare facendo scattare la procedura di liquidazione. Dal rilancio di 2miliardi di euro al fallimento in sole 24 ore: si chiuderà davvero così la partita di Alitalia?
Continua ad essere alta la tensione per il referendum Alitalia, che sta tenendo con il fiato sospeso diversi lavoratori italiani. La chiusura dei seggi prevede per ora un vantaggio dei no a Milano e Roma, entrambi presenti con due seggi. I favorevoli nella seconda tornata di votazioni sarebbero stati 774, contro i 440 contrari. JNella prima urna, su un totale di 4.004 votanti, i contrari sono stati invece 1.856, contro i 194 favorevoli. La seconda scatola, sottolinea Il Tempo, evidenzia invece 56 voti positivi contro 665 opinioni negative. Va ricordato inoltre che i no sono molto vicini alla soglia di 5.050, oltre la quale la vittoria verrebbe già dichiarata. Nel caso in cui a vincere fosse il no, il Consiglio di Amministrazione di Alitalia deciderebbe a tavolino le procedure per la creazione dell’amministrazione straordinaria già da domani 25 aprile.
Momenti di alta tensione tra palazzo Chigi e i vertici di Alitalia: il referendum chiuso oggi sulla accettazione o rifiuto del pre-accordo tra sindacati e la compagnia ex di bandiera, sta vedendo in questi minuti i primi risultati parziali che non fanno presagire un futuro prossimo molto semplice per Alitalia (e per gli stessi dipendenti dell’azienda). Tramite i rappresentanti sindacali e le loro fonti pare che il No sia in vantaggio e non di poco rispetto all’accettazione del accordo. Con affluenza inferiore al 90%, a Milano e Roma avrebbe vinto in maniera netta il No; come riporta Tg Com24, «a Milano sarebbe in netta prevalenza il No: a Malpensa si conterebbero 278 No e 39 Sì, a Linate 698 No e 153 Sì». E su Roma la situazione è molto simile, con Fiumicino che avrebbe dato il ben servito all’accordo e ai sindacati nazionali; a livello generale, quando sono scrutinate circa 5200 schede sulle 10mila votanti, il No avrebbe 4.147 voti contro i 1.230 favorevoli.
Chiuse le urne del referendum dei lavoratori Alitalia, che sono stati chiamati ad esprimersi sul salvataggio dell’ex compagnia di bandiera. Sono subito cominciate le procedure di scrutinio, che potrebbero durare diverse ore. Stando a quanto riportato da La Stampa, al voto avrebbero partecipato circa 9 dipendenti ogni 10. Il dato è stato riportato da fonti sindacali, secondo cui la percentuale relativa all’affluenza, cioè oltre il 90%, sarebbe solo una stima, non un dato ufficiale. Se vincesse il Sì, si procederebbe con una riduzione media dell’8% degli stipendi del personale navigante e con un migliaio di esuberi. In caso di vittoria del No, invece, l’azienda potrebbe essere commissariata da un consiglio d’amministrazione straordinario dell’azienda, che potrebbe essere convocato già domani. Sono ore calde e soprattutto delicate per Alitalia e i suoi lavoratori: il futuro dell’azienda è scritto nei risultati del referendum che conosceremo tra qualche ora. (agg. di Silvana Palazzo)
Si sono chiusi alle 16 i seggi per il referendum Alitalia che segnerà l’immediato futuro della compagnia aerea: i nove seggi aperti dallo scorso 20 aprile ora vedranno i primi spogli con i risultati che dovrebbero arrivare in serata. Come riporta Il Sole 24 ore, è previsto un centro di raccolto e scrutino a Roma e un altro a Milano, con poi la confluenza di tutte le schede e la proclamazione della conclusione referendaria atteso sempre in serata. Affluenza molto alta dato che ieri sera aveva votato il 71% dei dipendenti Alitalia e oggi sono stati tanti quelli che si sono presentati nei seggi elettorali disposti da Milano fino a Roma. I sindacati nazionali, come del resto lo stesso governo Gentiloni, temono il No come risultato principale, il che darebbe il via ad un periodo di forte incertezza e di problematiche che potrebbero portare alla totale liquidazione dell’azienda aerea ex di bandiera.
Il referendum in Alitalia ha le ore contate, con le 16 di questo pomeriggio che vedranno la fine delle votazioni per il Sì o il No all’accordo firmato da sindacati nazionali e azienda. Il destino della compagnia aerea verrà disegnato tra poche ore, con i timori per il progetto “lacrime e sangue” come sottolineato dallo stesso Ministro Calenda che vengono “sostenuti” da quel cuscinetto che il governo ha presentato negli crisi giorni. La garanzia pubblica dello Stato prevede una sorta di “mini salvataggio” dopo eventuale fallimento del piano: all’interno dei 2 miliardi della nuova finanziaria, «è previsto un “contingency plan’ di 400 milioni che diventerebbe operativo nel caso in cui il piano, anche per fattori esterni ed esogeni al management, non dovesse centrare gli obiettivi prefissati», riportano le fonti dell’Agi. Un mini cuscinetto finanziario che dovrebbe anche essere sottoscritto da Etihad e dagli azionisti italiani.
Ultime ore convulse di voto per il referendum di Alitalia con tutti i dipendenti che devono magari ancora decidere quale via scegliere tra l’accordo di ridimensionamento di parte dell’azienda e il quasi sicuro commissariamento che verrà messo in atto qualora dovesse vincere il No. Proprio quest’ultima possibilità, se realmente dovesse essere scelta dai dipendenti dell’azienda di Alitalia, porterebbe già nella giornata di domani alcuni decisivi appuntamenti: da quanto apprendono le fonti Ansa, se il referendum dovesse chiudersi con il No secco, domani 25 aprile potrebbe già tenersi un cda straordinario con la prospettiva immediata del commissariamento e il rischio molto concreto di una liquidazione della compagna aerea ex di bandiera. Se invece vincesse il Sì, cda spostato a mercoledì e avvio per sbloccare la ricapitalizzazione con 2 miliardi di equity di cui 900 milioni di nuova cassa.
Si tratta dell’ultimo giorno disponibile per il referendum Alitalia con cui tutti i lavoratori dell’ex compagnia di bandiera devono decidere se aderire o meno al pre-accordo firmato tra Alitalia e i sindacati italiani. Il front politico non è del tutto unito, e manco quello sindacale con gli Usb e i sindacati di base che attaccano le sigle nazionali per “aver tradito lo spirito sindacale firmando quell’accordo”. Per i 12.500 lavoratori ci sarà tempo fino alle 16 di oggi: finora l’affluenza è stata bassina, al 55%, ma bisognerà attendere ancora la giornata di oggi per vedere quale sarà il dato definitivo prima dei risultati. È intervenuto ieri sera il ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, che come Calenda e Gentiloni ha ripetuto con forza in questi giorni come il Sì al referendum sia l’unica strada percorribile per poter arrivare ad evitare il fallimento dell’azienda e compagnia aerea. «Non c’è un’altra soluzione né la possibilità di nazionalizzazione. Bisogna seguire con coraggio la strada iniziata», a cui fa eco anche il suo viceministro Riccardo Nencini, «E’ un referendum assolutamente decisivo. Abbiamo lavorato per un piano industriale in grado di tenere nel tempo. Rispetto alle previsioni di inizio trattativa l’intervento dell’esecutivo è stato decisivo per rendere più accettabile il numero degli esuberi», ha commentato all’Adnkronos.
Si chiudono oggi le votazioni per il Referendum in Alitalia per il Sì o il No al pre-accordo firmato tra azienda e sindacati lo scorso 14 aprile, che recita per esteso così: «condividete il pre-accordo siglato il 14 aprile scorso tra sindacati e azienda con la mediazione del Governo?». Se dovesse vincere il Sì domani, 25 aprile, quando verranno resi noti i risultati, si aprirebbe la strada allo sblocco finale dei 2 miliardi di euro di ricapitalizzazione, con anche 980 tagli al personale e ridimensionamento per le retribuzioni. Si aprirebbe ovvero il salvataggio dell’azienda ex di bandiera come confermato anche ieri dal Governo italiano, mentre se dovesse vincere il No si arriverebbe all’amministrazione controllata di Alitalia o l’opzione “spezzatino”, spauracchio della proprietà. In una dichiarazione ufficiale tenuta ieri il premier Gentiloni ha voluto dare un ultimo messaggio verso il Sì a poche ore dalla chiusura ufficiale dei seggi (alle ore 16 di oggi, ndr): «So bene che ai dipendenti vengono chiesti sacrifici, ma so che senza l’intesa sul nuovo piano industriale l’Alitalia non potrà sopravvivere», e poi ancora in un passaggio ancora più chiarificatore, «sento il dovere di ricordare a tutti la gravità della situazione in cui ci troviamo. Alitalia è una azienda privata. Di fronte alle sue perduranti e serie difficoltà il governo ha incoraggiato gli azionisti italiani e stranieri a impegnarsi in un nuovo piano industriale e in una forte ricapitalizzazione della società».