RIFORMA PENSIONI NOVITÀ 2017, ULTIME NOTIZIE. GUTGELD: NESSUN TAGLIO ALLE PENSIONI (OGGI, 21 GIUGNO)
Una rassicurazione sul fatto che non verrà varata una riforma delle pensioni con il taglio degli assegni più alti arriva da Yoram Gutgeld. Il commissario alla Spending review, intervistato da Il Corriere della Sera, conferma infatti che non c’è intenzione di tagliare la spesa pensionistica, pur riconoscendo che questa rimane alta, nonostante quanto fatto dal Governo Monti. “Per avere un impatto, bisognerebbe arrivare a toccare i diritti acquisti delle pensioni medie da 2.000-2.500 euro lordi al mese quando non sono sostenute da contributi adeguati. Lì ci sono limiti oggettivi: mancano i dati sui contributi più antichi e siamo vincolati dalla Corte costituzionale”, ha spiegato Gutgeld, facendo quindi capire che esistono dei problemi di non facile soluzione nel caso si voglia tentare un intervento. Visto l’invecchiamento della popolazione c’è da attendersi in ogni caso un progressivo aumento della spesa pensionistica, almeno finché non ci saranno sempre meno pensioni retributive in pagamento.
Dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dei decreti attuativi sull’Ape social e la Quota 41 fioccano le guide su come sfruttare questa novità della riforma delle pensioni. Il Sole 24 ore parla di sette passaggi per raggiungere l’Ape. Il primo è la presentazione entro il 15 luglio della domanda all’Inps dimostrando di avere i requisiti o di poterli avere (secondo step) entro la fine dell’anno. A questo punto (terzo passaggio) occorre attendere il responso dell’Inps (entro il 15 ottobre). Solo allora, in caso di risposta positiva, si potrà presentare (quarto passaggio) la domanda vera e propria di Ape social. Il quinto passaggio è l’eventuale retroattività della prestazione rispetto alla presentazione della domanda. Seguono poi (sesto step) i criteri di priorità per l’assegnazione dell’Ape. Infine, ci sono le domande presentate dopo il 15 luglio ed entro il 30 novembre, con la risposta dell’Inps che dovrà arrivare entro fine anno.
Giuliano Poletti mette a tacere le indiscrezioni degli ultimi giorni su una riforma delle pensioni certamente penalizzante per gli italiani, spiegando che l’età pensionabile “resta a 66 anni e 7 mesi”. Blitzquotidiano riporta le dichiarazioni del ministro del Lavoro, che assicura che “non abbiamo allo studio alcun provvedimento, di nessun tipo” riguardo l’età pensionabile. Resta da capire se in ogni caso il Governo intende riprendere il confronto con i sindacati, sollecitato da più parti. Tra i temi della cosiddetta fase due c’è anche la possibilità di differenziare l’età di pensionamento in base all’attività lavorativa svolta e dunque ci sarebbe la possibilità di fare un po’ di chiarezza su una questione piuttosto sentita dai lavoratori. Nel confronto si dovrebbe anche cercare di studiare qualche altra forma di flessibilità pensionistica, dopo che lo scorso anno si è deciso di dar vita all’Ape.
Bisognerebbe aprire una riflessione sulle rigidità della riforma delle pensioni targata Fornero. Lo evidenzia Maurizio Sacconi, ricordando che tale legge “ha sommato la base anagrafica più elevata nei Paesi industrializzati con la dinamica collegata all’invecchiamento”. Per questo, secondo l’ex ministro del Lavoro, “sarebbe opportuno sterilizzare questo ulteriore innalzamento in una fase transitoria”. Oppure, aggiunge, riproporre Opzione donna in quanto capace di “tutelare la componente femminile”. “Più in generale sarebbe utile incentivare maggiormente le forme di sostegno dei datori di lavoro nelle fasi di attesa della prestazione pensionistica”, è l’ulteriore considerazione del Presidente della commissione Lavoro del Senato, che con queste parole ha voluto commentare la possibilità che vi possa essere un aumento dell’età pensionabile, addirittura a 67 anni, secondo le indiscrezioni giornalistiche degli ultimi giorni.
È piuttosto netto e duro il commento di Roberto Simonetti sull’ipotesi di una riforma delle pensioni che porti a 67 anni il requisito anagrafico per l’accesso alla pensione. “Peggio della legge Fornero! L’ennesima trappola del governo ai danni di lavoratori e giovani senza lavoro”, dice il deputato della Lega Nord, spiegando che l’innalzamento dell’età pensionabile non fa altro che trattenere cittadini anziani sul luogo di lavoro e danneggiare i giovani, sempre più alle prese con una disoccupazione a livelli alti. “Non bastava la finta Ape che in pratica obbliga i lavoratori a pagare un vero e proprio mutuo per andare anticipatamente in pensione senza peraltro dare la certezza del diritto acquisito, ora pensano anche di alzare di un anno l’eta’ pensionabile. Vergognoso!”, rincara Simonetti, che poi evidenzia come si rischi di bloccare il Paese, oltre che il mercato del lavoro. Per il leghista “occorre mandare a casa un finto governo che regolarmente decide l’esatto contrario di ciò che servirebbe per far ripartire il mercato del lavoro e la nostra economia”.
Cesare Damiano torna a chiedere che venga evitata una riforma delle pensioni che porti l’età pensionabile a 67 anni a partire dal 2019. L’ex ministro del Lavoro ha collegato questa richiesta a una critica sulla possibilità che venga varata una legge per incentivare le assunzioni dei giovani per tre anni. “La proposta che il Governo pare avere in mente, come hanno dichiarato Padoan e Poletti, di incentivare l’occupazione a tempo indeterminato per tre anni non va bene”, ha detto il presidente della commissione Lavoro della Camera, aggiungendo che “sarebbe ridicolo incentivare le assunzioni dei figli e costringere i padri a prolungare la permanenza al lavoro di ben 5 mesi, rispetto agli attuali 66 anni e 7 mesi. Senza una accelerazione del turnover non si rimuoverà mai il ‘tappo’ generazionale che impedisce l’assunzione dei giovani”. Per Damiano, con la Legge di bilancio il Governo farebbe bene a tagliare il cuneo fiscale, anche se in misura minima piuttosto che varare incentivi all’occupazione di breve termine.
L’ipotesi che dal 2019 si possa andare in pensione a 67 anni non piace a Cesare Damiano, che chiede che la disposizione che lega i requisiti pensionistici all’aspettativa di vita, varata con la riforma delle pensioni del 2010, venga abolita. Diversamente, ha ricordato l’ex ministro, nel 2050 potrebbero volerci 70 anni per avere accesso alla quiescenza, “un’assurdità che contraddice le attuali scelte di anticipo pensionistico, a partire dall’Ape Sociale e il miglioramento delle norme per i lavoratori precoci”, ha detto. C’è da dire che né l’Istat ha verificato se vi sia stato ufficialmente un incremento dell’aspettativa di vita e di quale entità, né il Governo si è espresso formalmente sul tema. Le indiscrezioni degli ultimi giorni parlano di tecnici dell’esecutivo al lavoro, ma pare difficile che si possa prendere una decisione in questa direzione a pochi mesi dalle elezioni. Del resto anche Carlo Cottarelli, quando era commissario alla spending review, aveva fatto le sue proposte anche in tema di pensioni, ma l’esecutivo aveva deciso di non farle proprie.
Quanto chiesto da Damiano servirebbe in ogni caso a scongiurare ogni rischio e per questo ha invitato il Governo a convocare i sindacati per far proseguire il confronto sulla fase due della riforma delle pensioni, dove il tema dell’aspettativa di vita è all’ordine del giorno. Per l’ex ministro occorre comunque arrivare a una differenziazione dell’età pensionabile in base al lavoro svolto, anche questa una delle ipotesi sul tavolo della cosiddetta fase due.
Nel suo consueto punto settimanale sulle novità di riforma delle pensioni, Orietta Armiliato ha ricordato come ancora non sia stata sanata l’ingiustizia che vede il cumulo contributivo gratuito non utilizzabile per accedere a Opzione donna e all’ottava salvaguardia degli esodati. “Su questo tema stiamo lavorando dallo scorso anno e, sebbene anche l’ultima LdB abbia respinto l’istanza al mittente, parrebbe che oggi una qualche positiva apertura ci sia”, ha scritto Armiliato sulla pagina Facebook del Comitato Opzione donna social, in un post in cui ha auspicato anche che riprenda il confronto tra Governo e sindacati riforma delle pensioni sulla cosiddetta fase due, in cui “meglio si possa declinare il concetto di lavoro di cura e la sua conseguente valorizzazione assieme ad una forma di anticipazione alla quiescenza”.
Il Movimento Opzione donna continua a chiedere una riforma delle pensioni che contempli la proroga del regime sperimentale di accesso anticipato alla pensione per le donne varato da Maroni 13 anni fa. E Lucia Rispoli ha condiviso sulla pagina Facebook del Movimento alcune dichiarazioni che Carlo Cottarelli ha recentemente rilasciato a Repubblica. L’ex commissario alla spending review ha detto che “bisogna ricalcolare le pensioni, oltre un certo livello, sulla base dei contributi versati se vogliamo ridurre le tasse su chi lavora e rendere più competitive le produzioni italiane”. Rispoli si è detta d’accordo con l’economista. Il perché è facile da capire: Opzione donna prevede il ricalcolo contributivo della propria pensione e fa quindi risparmiare lo Stato. Ragione per cui al Movimento Opzione donna riesce difficile capire come mai non si voglia più consentire l’accesso a uno strumento che comporta anche dei risparmi per le casse pubbliche.