“PATTO” TRA LEGA NORD E LAVORATORI PRECOCI
Massimiliano Fedriga, deputato della Lega Nord, ha incontrato Flavia Kvesto, rappresentante del Comitato Lavoratori precoci del Friuli-Venezia Giulia. Quest’ultima in un post su Facebook racconta che ha avuto modo di far conoscere al membro della commissione Agricoltura della Camera le istanze dei lavoratori precoci, cui non può bastare la Quota 100 ipotizzata dal Carroccio come intervento di riforma delle pensioni. “La Lega ha ribadito che sarà al ns fianco SENZA SE SENZA MA per reinserire: Pensioni d’ anzianità; Pensioni di vecchiaia; Quote da definire insieme a NOI!”, ha scritto la Kvesto, che ha anche spiegato a Federiga che va tolto il meccanismo che lega i requisiti pensionistici all’aspettativa di vita, che va tolto il paletto dell’età anagrafica per Opzione donna, come pure garantire agli autonomi gli stessi diritti dei lavoratori dipendenti.
USCITA ANTICIPATA A RISCHIO?
Proseguono le polemiche di sindacati e associazioni di categoria sulla riforma pensioni, specie sull’operazione dell’Ape che sarebbe a forte rischio per gli assegni inferiori a 800 euro al mese. Dopo l’invio al Consiglio di Stato dello schema di decreto attuativo sull’anticipo volontario di uscita dal lavoro, le perplessità rimangono con il prestito pensionistico erogato dalle banche che non coprirebbero eventuali assegni inferiori a 800euro al mese. Come spiega nel dettaglio il portale Pensioni Oggi, «il prestito si rivolgerà prevalentemente alle platee dei lavoratori che hanno maturato una pensione lorda superiore a mille euro al mese mentre coloro che hanno una pensione di importo ricompreso tra i 750 e i mille euro mensili dovranno valutare l’effettiva possibilità di conseguire lo strumento riducendo l’importo dell’anticipo richiesto o spostando in avanti l’uscita di qualche mese per rispettare il suddetto vincolo». Una possibilità che però non piace affatto ai sindacati che vogliono vedere se ci sono margini di correzione e modifica con il Governo e la stessa Inps. (agg. di Niccolò Magnani)
SCONTO ETÀ PER LE DONNE NELL’APE SOCIAL
Come anticipato anche nei giorni scorsi, sul tavolo del ministro Poletti ci sarebbe l’ipotesi di sconto sulle pensioni con Ape Social per l’età delle donne lavoratrici in via di pensionamento. Come ha riportato il Sole 24 ore, il Ministero del Lavoro potrebbe inserire una diminuzione del requisito contributivo per accedere all’Ape agevolata per le donne, in particolare lo sconto sarebbe di circa 3 anni. Nel caso di accordo con i sindacati allora le donne potrebbero andare in pensione con 27 anni di contributi, sfruttando la nuova versione (ancora in cantiere) dell’Ape Social. Come rivelano le ultime stime presentante dall’Inps, attualmente le domande di Ape delle donne sono ferme al 30%, molto poche, mentre con le possibili novità l’impennata potrebbe arrivare in poco tempo. (agg. di Niccolò Magnani)
ANIEF, “FLOP APE SOCIAL PER LE MAESTRE D’INFANZIA”
Sulla riforma pensioni in atto in questi mesi il governo Gentiloni (e prima ancora dall’esecutivo Renzi) hanno dovuto spesso confrontarsi con le esigenze e le critiche ricevute dal mondo scuola, tanto sulla riforma Miur quanto appunto sulla situazione previdenziale per i docenti in pensione. Con una lunga nota il sindacato del mondo scuola Anief contesta duramente l’opzione dell’Ape Social – la possibilità di andare in pensione fino a 3 anni e 7 mesi prima, rispetto agli attuali 66 anni e 7 mesi fissati dalla riforma Monti-Fornero con anticipo secco da parte dello Stato – affermando come i numeri e le cifre die gusti primi mesi siano un flop. «Solo una domanda su quattro è stata presentata dalle donne che, vale la pena ricordare, nella scuola dell’infanzia rappresentano il 99% del personale; ben 34.530 candidature alla pensione anticipata, pari al 60%, è poi rappresentato da disoccupati: dopo ci sono quasi 14mila domande presentate da invalidi o dipendenti che devono assistere parenti in stato di necessità e altre 15mila invece inviate dai lavoratori gravosi», spiega l’Anief contestando il governo Gentiloni in maniera aperta. Secondo il sindaco, a scoraggiare le attuali maestre sarebbe stato l’anticipo statale che nella maggior parte dei casi vedrebbe vanificato l’ultimo scatto stipendiale «automatico dello stipendio e quindi ridotto l’assegno pensionistico, già assottigliato per via dell’uscita anticipata». (agg. di Niccolò Magnani)
AGRICOLTORI, “PENSIONI DA FAME SOTTO I 500 EURO”
Le ultime schermaglia tra l’Inps, i sindacati e lo stesso mondo della politica hanno evidenziato come la riforma delle pensioni sia tutt’altro he un capitolo chiuso e risolto. Ci sono però aree e lavoratori che meno di altre hanno avuto spazio e possibilità di esporre le proprie problematiche relative alle fasi di rinnovo e riposizionamento degli assegni pensionistici. In particolare sono gli agricoltori questa volta a provare ad alzare la voce, con la nota della Cia (Confederazione Italiana Agricoltori) molto dura contro il governo e la nuova situazione previdenziale: «Centomila firme raccolte dall’Anp-Cia sul territorio nazionale che hanno contribuito all’arrivo, il 1°luglio, della sospirata quattordicesima mensilità per circa tre milioni e mezzo di pensionati. Un miglioramento atteso e invocato, che comunque non basta. La CIA sostiene con forza che quell’intervento debba essere confermato nella legge di Bilancio 2018. Pensioni da fame per chi ha lavorato in agricoltura, le più basse d’Europa con una media largamente sotto i 500 euro al mese», lamentano gli agricoltori italiani, sottolineando come i produttori in questo modo siano costretti a continuare l’attività per non rimetterci economicamente, bloccando però il turn over nei campi che è sempre più vitale. «La diretta conseguenza è uno dei più bassi indici mondiali di nuovi ingressi nel settore da parte dei giovani, fermi sotto il 6%», viene scritto nella presentazione dell’incontro che si terrà domani a Bari con CIA Agricoltori Italiani della Puglia, in collaborazione con il patronato INAC Puglia e l’ANP Puglia Associazione Nazionale Pensionati. La proposta è secca e verrà ribadita nel documento finale dell’assemblea di domani: «Equiparare progressivamente i minimi pensionistici al 40% del reddito medio nazionale (650 euro), come previsto dalla Carta Sociale Europea». (agg. di Niccolò Magnani)
PARTITO PENSIONATI CONTRO BOERI
Anche il Partito Pensionati critica le parole di Tito Boeri sulle pensioni erogate agli italiani all’estero. Carlo Fatuzzo sottolinea che il Presidente dell’Inps dovrebbe chiedersi come mai ci sono tanti concittadini in quiescenza che decidono di andarsene dal proprio Paese. “La vita, per i pensionati in Italia è dura, pesante e a tratti umiliante. In troppi rasentano la fame. Accanto a pensioni misere, vi è il problema di una tassazione elevata, che rende ancora più difficile arrivare alla fine del mese”, evidenzia il Segretario nazionale del Partito Pensionati, che fa notare come di fatto i pensionati che si sono trasferiti all’estero hanno aumentato il loro tenore di vita, esercitando un loro diritto e non certo infrangendo le leggi. “A giudizio del Partito Pensionati il vero scandalo sono le pensioni da fame che molti italiani ricevono”, è la conclusione di Fatuzzo.