LA CRITICA UGL ALLA RGS
Critiche alla Ragioneria generale dello Stato arrivano anche dall’Ugl, il cui responsabile dell’Ufficio Previdenza, Nazzareno Mollicone, spiega che le considerazioni espresse dalla Rgs “in merito al sistema pensionistico e all’età pensionabile esorbitano dai suoi compiti”. Secondo il sindacalista, la Ragioneria dovrebbe solo fornire cifre e tendenze economiche, sulla base delle quali il mondo politico dovrebbe prendere le sue decisioni. Per Mollicone un ruolo in queste decisioni deve essere spetta anche “alle parti sociali, rappresentanze dei lavoratori e degli imprenditori, le quali essendo gli ‘azionisti’ e i finanziatori del sistema hanno il diritto d’intervenire sul suo funzionamento. “Aver ignorato il loro parere ha portato agli errori della legge Fornero, continuamente corretti”, aggiunge.
BARUFFI: IN PENSIONE VADA LA RGS
Continuano a far discutere le parole della Ragioneria generale dello Stato sulle conseguenze negative che avrebbe un blocco dell’aumento dell’età pensionabile, che viene richiesto dai sindacati e da alcuni parlamentari. Davide Baruffi sulla sua pagina Facebook commenta la notizia con queste parole: “A me pare che i primi da mandare in pensione siano quelli della ragioneria. Anche perché, in caso contrario, saranno i cittadini a “pensionarci” tutti. Io a casa ci vado anche, ma voglio essere sicuro di portarmi dietro un po’ di questi che, a Roma come a Bruxelles, hanno fatto più danni delle cavallette”. Insomma, il deputato del Partito democratico sembra pensarla proprio come il suo collega di partito Cesare Damiano, che non è certo dell’idea che i danni maggiori si avrebbero nel caso in cui l’età pensionabile non venisse portata a 67 anni come si ipotizza.
BOERI D’ACCORDO CON LA RGS
Tito Boeri sembra essere in piena sintonia con la Ragioneria generale dello Stato. Intervistato dal Gr1 Rai, il Presidente dell’Inps ha infatti detto che “è pericolosissimo” toccare il meccanismo che lega i requisiti pensionistici all’aspettativa di vita, “perché può avere sia effetti in avanti che all’indietro: le generazioni che hanno già vissuto questo adeguamento, per esempio con l’aumento dell’età pensionabile di quattro mesi nel 2016, o prima ancora, di tre mesi nel 2013, direbbero: ma perché noi abbiamo dovuto pagare? E poi, guardando ancora più in avanti, avremmo un ulteriore aggravio di spesa pensionistica che noi stimiamo in 141 miliardi di euro”. Boeri ha anche detto che uscendo prima dal mercato del lavoro, gli italiani si ritroverebbero con pensioni più basse. “Se uno percepisce la pensione più a lungo perché si vive più a lungo, è giusto anche che contribuisca più a lungo al sistema, altrimenti il sistema non riesce a reggere”, ha aggiunto.
SACCONI CHIEDE EQUITÀ PREVIDENZIALE
L’ipotesi di bloccare l’aumento dell’età pensionabile avanzata da Maurizio Sacconi e Cesare Damiano ha incontrato un nuovo ostacolo nel rapporto della Ragioneria generale dello Stato. E il Senatore di Area popolare non può fare a meno di notare che “non si sono registrate analoghe reazioni di difesa della sostenibilità previdenziale nel momento in cui la politica ha voluto deroghe per esodati, precoci, ‘gravosi’, bancari, giornalisti ed altri, nonostante abbiano comportato impegni di spesa per circa venti miliardi”. L’ex ministro del Lavoro, dalle pagine di www.amicimarcobiagi.com, precisa che con Damiano ha chiesto non di cancellare il meccanismo che lega requisiti pensionistici e aspettativa di vita, ma di rallentarlo. E avverte anche che “più si segmentano i pensionandi, più si creano ingiustizie. La buona politica deve essere capace di coniugare sostenibilità finanziaria e sociale”.
FEDRIGA: MANDEREMO A CASA BOERI
Ragioneria generale dello Stato, secondo cui evitare l’aumento dell’età pensionabile costerebbe 141 miliardi. “È tecnicamente impossibile che costi 141 miliardi, infatti la riforma Fornero era valutata in un risparmio di 80 miliardi dal 2012 al 2020. Boeri spieghi come è possibile che valga di più l’aspettativa di vita della riforma Fornero”, scrive il capogruppo della Lega Nord alla Camera sulla sua pagina Facebook, in un post in cui aggiunge anche che “se Lega andrà a governo bisognerà mandare subito a casa Boeri che sta facendo male il presidente dell’Inps, lavorando ogni giorno per danneggiare lavoratori e pensionati”. Dunque dopo Elsa Fornero sembra proprio che anche Tito Boeri si sia guadagnato un posto nella “lista nera” del Carroccio.
BERLUSCONI MEGLIO DELLA FORNERO
La Ragioneria generale dello Stato ha presentato il rapporto sulle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e sono state ripresa dai media le considerazioni riguardo quello che potrebbe succedere se non venisse innalzata l’età pensionabile. Tuttavia, Il Giornale evidenzia che nello stesso documento si legge che “l’insieme degli interventi di riforma approvati a partire dal 2004 hanno generato una riduzione dell’incidenza della spesa pensionistica in rapporto al Pil pari a circa 60 punti percentuali di Pil, cumulati al 2060”, ovvero circa 1.000 miliardi di euro, di cui due terzi “dovuti agli interventi adottati prima del decreto Salva Italia e circa un terzo agli interventi successivi”. Questo, spiega il quotidiano milanese, è un riconoscimento, seppur postumo, del fatto che “le riforme delle pensioni dei governi Berlusconi hanno salvato la sostenibilità dei conti pubblici molto più della riforma Fornero del 2011”.
LE PAROLE DI RIZZETTO SU QUOTA 41 E OPZIONE DONNA
Nonostante i lavori parlamentari siano fermi, in diversi casi deputati e senatori restano concentrati sui temi che si preannunciano caldi a partire da settembre, come quello delle pensioni. Tra questi c’è Walter Rizzetto, che sa bene che entro la fine dell’anno il Governo dovrà decidere se far aumentare i requisiti pensionistici a partire dal 2019 o meno. Il deputato di Fratelli d’Italia si dice d’accordo con Cesare Damiano e Maurizio Sacconi, convinti che sia necessario bloccare l’aumento dell’età pensionabile. “L’aspettativa di vita è etimologicamente ingiusta; in un mercato del lavoro sempre più selettivo e spesso crudele, l’unica via di uscita è poter scegliere la propria messa a riposo dopo un periodo minimo di contributi, anche consapevoli del fatto che si andrà a perdere qualcosa a fine mese”, dice il vicepresidente della commissione Lavoro della Camera in un’intervista a BlastingNews. Nella quale spiega anche dal suo punto di vista il meccanismo che lega i requisiti pensionistici all’aspettativa di vita andrebbe cancellato “a far data dal 1° gennaio 2018”, anche per evitare che diventi un tema della campagna elettorale.
Rizzetto è poi d’accordo con l’idea di varare Quota 100, come ipotizzato dalla Confsal-Unsa, purché, come chiesto dai lavoratori precoci, si possa andare in pensione dopo 40 anni di contributi versati, indipendentemente dall’età anagrafica. Ovviamente è d’accordo anche con la Quota 41. E si dice anche convinto che “il protocollo ‘Opzione Donna’ debba essere ancora incentivato, estendendolo anche ai maschi”.
TASSE SULLA CANAPA PER FINANZIARE LE PENSIONI
Il sistema pensionistico richiede ingenti risorse non solo in Italia, ma anche in altri paesi, come la Svizzera. E i Verdi Liberali hanno quindi pensato a una proposta: depenalizzare il consumo di canapa per tassarla in modo da avere risorse per finanziare le rendite pensionistiche. La notizia viene riportata da Repubblica, che spiega che a settembre i cittadini elvetici saranno chiamati a votare su una proposta di revisione del meccanismo previdenziale, con l’innalzamento dell’età pensionabile delle donne da 64 a 65 anni, oltre che un aumento dei contributi e la destinazione di parte del gettito Iva all’Avs (Assicurazione vecchiaia e superstiti). I Verdi Liberali sostengono che con un tassa del 25% sulla canapa si potrebbero avere introiti per 150 milioni di franchi l’anno da destinare all’Avs. Senza dimenticare che lo spaccio e il consumo di canapa comportano costi giudiziari annui per oltre 260 milioni di franchi.