Il reddito di cittadinanza riuscirà a collegare sussidio e politiche attive? Essendo una misura universale, assorbirà Naspi, assegno di ricollocazione, Garanzia giovani? In quanto tempo i centri per l’impiego saranno messi nelle condizioni di poter assolvere alle nuove funzioni? Con il reddito di cittadinanza non si compie un’inversione a U rispetto alle recenti esperienze di politiche attive, tornando a puntare con forza su scelte assistenzialistiche?
A queste, e ad altre domande, poste all’inizio da Claudio Negro (Fondazione Anna Kuliscioff), ha cercato di rispondere un panel di qualificati addetti ai lavori chiamati a raccolta, a Milano, presso il Palazzo del Lavoro, da Gi Group, prima multinazionale italiana nei servizi per il lavoro.
“È positivo – ha esordito Gianni Bocchieri, direttore generale dell’assessorato Istruzione formazione lavoro di Regione Lombardia – che il Governo abbia deciso di potenziare i Centri per l’impiego, mettendo sul tavolo un miliardo di euro, da utilizzare non solo per nuove assunzioni ma anche per altre forme di potenziamento, e altrettanto positivo è il fatto che non ci sia l’intenzione di non coinvolgere i soggetti privati”. Detto questo, però, anche Bocchieri ha sollevato una serie di questioni: “Come concretamente il reddito di cittadinanza si collegherà alle politiche attive? E con la Naspi, che ha un meccanismo a scalare? Il reddito di cittadinanza coesisterà con il Rei? E sul tema della condizionalità: si obbligheranno le imprese alla comunicazione delle vacancies? Sono tutti punti ancora da chiarire”.
Alberto Brambilla, presidente del centro studi e ricerche Itinerari Previdenziali, ha subito posto l’accento sul fatto che l’Italia da vent’anni è fanalino di coda in Europa per tassi di crescita e di occupazione. E ne ha individuato la ragione nel fatto che in Italia “continuiamo a commiserarci e a fare solo politiche assistenzialistiche: ogni nuovo governo che arriva provvede ad aggiungere una nuova tessera. Così abbiamo creato una sorta di Pantheon dell’assistenza”. Invece il problema principale del nostro Paese “è la macchina, che non funziona”. E ha citato i casi dell’Anagrafe dei pensionati, dell’Anagrafe dei lavoratori attivi e dell’Anagrafe dell’assistenza, tutti progetti abbandonati nei cassetti. Morale: “Per fare sviluppo non spendiamo niente e ora torniamo con forza a fare ancora assistenza”.
“È un ritorno al passato, alle dinamiche degli anni Settanta e Ottanta” ha spiegato nel suo intervento Maurizio Del Conte, presidente dell’Anpal (Agenzia nazionale per politiche attive del lavoro). “Con il reddito di cittadinanza il lavoro passa in secondo piano, perché il fine dichiarato è mobilitare il tesoretto degli italiani: si spende in tasse che poi tornano in termini di puro assistenzialismo”. Secondo Del Conte, “sarà molto difficile che entro la prossima primavera si realizzerà il rilancio dei Centri per l’impiego: i fondi arriveranno a inizio 2019, poi ci sarà da fare il piano per il riparto, condividerlo con le Regioni, bandire i concorsi: un’operazione complicatissima, che comunque va fatta”. Quanto al miliardo di fondi per il loro rilancio, Del Conte auspica che venga utilizzato “per rafforzare la parte infrastrutturale prima della stessa dotazione organica e della loro riqualificazione, tenendo presente che i dipendenti dei centri per l’impiego vanno formati, non esiste il profilo professionale specifico”.
Per Marco Leonardi, docente di Economia politica all’Università Statale di Milano e consigliere economico di Renzi su Jobs Act, Anpal, Rei e welfare aziendale, “abbiamo sì commesso degli errori, ma almeno un disegno chiaro ce l’avevamo, oggi con il reddito di cittadinanza, una forma di assistenza passiva, non creiamo nessun legame con le politiche attive”.
Sul fatto che il reddito di cittadinanza, che è “una misura distributiva”, non abbia legami con le politiche attive ha concordato anche Antonio Bonardo, responsabile politiche attive di Assolavoro, che ha aggiunto: “Oggi non si parla di scuola, di formazione, di competenze, di capitale umano: tutti temi strategici e decisivi per consentire all’Italia di restare nell’arena del G7”. E Bonardo ha concluso ricordando l’esperienza positiva della Lombardia: “La politica di sussidiarietà adottata dalla Regione è la strada maestra per avere soggetti forti ed efficienti nel fornire servizi migliori ai cittadini, i quali presso le agenzie per il lavoro sanno di trovare le politiche attive sempre funzionanti”.