TRA I LAVORI GRAVOSI ANCHE LE DONNE: LA BATTAGLIA DEL CODS
Orietta Armiliato, sulla pagina Facebook del Comitato Opzione donna social, ha ricordato come con la Legge di bilancio 2018 siano state ampliate a 15 le categorie di lavori gravosi che possono accedere all’Ape social ed essere esentati dall’aumento dei requisiti pensionistici in base all’aspettativa di vita. Tra tutte queste categorie, “non abbiamo trovato una importante ‘categoria’ per altro ben nota a tutti come ben noti sono i compiti ‘assegnati d’ufficio’ sia dall’ambito socio-culturale sia dallo Stato e, sebbene tutti ne “usufruiscano” h 24, 365 giorni all’anno, nessuno ne ha mai riconosciuto tangibilmente il lavoro che svolgono: sono le donne”, scrive Armiliato, ricordando il lavoro di cura da loro svolto. “Possiamo dire senza tema di essere smentite, che #esseredonnaèlavorogravoso e che è puntuale responsabilità sia della società, sia della cultura sia di chi legifera, di operare affinché il lavoro svolto dalle donne, indipendentemente dal fatto di essere o meno madri, venga riconosciuto e valorizzato?”, chiede poi l’amministratrice del Cods, rivolgendosi a due sindacalisti attenti sul tema come Domenico Proietti e Roberto Ghiselli.
NUOVO ASSIST PER QUOTA 41 E QUOTA 100
Roberto Sommella, fondatore de La Nuova Europa, dalle pagine dell’Huffington Post segnala come sarebbe utile che il nuovo Governo che verrà mettesse mano alla Legge Fornero. Dal suo punto di vista, “una revisione e non una cancellazione del regime attualmente in vigore, che di fatto prevede un’uscita dall’attività a 67 anni, livello ben più alto della Germania, potrebbe riuscire a coniugare le esigenze dei due elettorati di Lega e Cinquestelle e in fondo il bisogno di tutti: sbloccare le porte girevoli dell’accesso al mondo del lavoro e formare per tempo un bacino per pagare le pensioni nei prossimi 40 anni”. “Se si paga un salario a chi non lavora si crea disoccupazione. Se si abbassa l’età pensionabile senza aumentare il debito, l’occupazione sale. Perché non provarci?”, aggiunge, evidenziando come potrebbe essere quindi utile introdurre Quota 100 e Quota 41.
AUMENTANO I PENSIONATI ALL’ESTERO
Crescono gli italiani che una volta in pensione decidono di trasferirsi all’estero per poter aumentare il proprio potere d’acquisto godendo anche di agevolazioni fiscali. Un’indagine del Centro Studi di Itinerari previdenziali parla di 400.000 persone che hanno fatto questa scelta. In particolare, secondo quanto riporta Tgcom24, più di 150.000 pensionati hanno scelto di recarsi in Canada, Australia e Germania. Anche se perlopiù si tratterebbe di connazionali che si erano già trasferiti durante il periodo lavorativo. Dietro a questi tre paesi, nella classifica delle mete estere scelte dai pensionati ci sono la Francia, gli Stati Uniti, la Svizzera, l’Argentina, il Belgio e la Gran Bretagna. Ci sono però paesi che stanno crescendo molto negli ultimi anni, come il Portogallo, la Bulgaria, la Thailandia, il Marocco e la Tunisia.
LA CRITICA DI MEGALE AD APE E LEGGE FORNERO
In un’intervista a RadioArticolo1, Agostino Megale ha parlato anche di pensioni, spiegando che rispetto alle novità sull’Ape volontario, che sembra stia partendo sostanzialmente con un anno di ritardo, si è lontani dall’affrontare la questione della flessibilità in uscita dal mondo del lavoro. Per il Segretario generale della Fisac-Cgil, l’opposizione che è stata mostrata dal suo sindacato rispetto alla Legge Fornero, come pure al Jobs Act, non è passata inosservata, visto che la sinistra politica non è andata bene alle elezioni, mentre il sindacato confederale ha guadagnato consensi. Secondo quanto riporta jobnews.it, il sindacalista ha anche espresso la necessità di un intervento ampio di politica fiscale, volto, tra le altre cose, a far sì che i benefici arrivino a tutti i lavoratori e i pensionati, non come accaduto nel caso degli 80 euro in busta paga di Renzi.
LA FLESSIBILITÀ PROPOSTA DA BRAMBILLA
Alberto Brambilla ha messo a punto il programma della Lega nella parte riguardante le pensioni. Tuttavia segnala che “pur modificando alcuni parametri della Legge Monti-Fornero, nel 2050 si andrà in pensione a 69 anni e 9 mesi per i contributivi puri (quelli che hanno iniziato il lavoro dall’1/1/1996)”. In un articolo pubblicato su L’Economia, l’inserto settimanale del Corriere della Sera, l’ex sottosegretario al Welfare evidenzia che in questo scenario ci sono due temi da affrontare: “come tenere al lavoro queste persone e con quali modalità offrire la possibilità di pensionarsi a età inferiori in modo flessibile”. Dal suo punto di vista occorrerà far sì che nell’organizzazione del lavoro, dai 50 anni in su siano fatte svolgere attività che massimizzino l’apporto di esperienza riducendo il carico piscofisico. Al contempo bisognerà costruire un percorso di flessibilità in uscita verso la pensione “che si può realizzare con differenti interventi che tuttavia devono essere universali, standardizzati e non discrezionali”.
In questo senso “l’idea di fondo si basa una flessibilità tra i 63/64 anni (indicizzata all’aspettativa di vita) e i 71 anni esattamente come previsto dalla legge Dini e da tutti i sistemi contributivi). Brambilla elenca quindi gli strumenti che si possono utilizzare: ispoensione, come quella usata recentemente da Leonardo e da altri gruppi, che consente di anticipare di 4 anni il pensionamento nel caso di riorganizzazioni aziendali; fondi di solidarietà, come quelli che consentono prepensionamenti di 7 anni nel settore bancario e che sono finanziati da aziende e lavoratori; Rita, part-time agevolato e Ape volontario.