Il neoministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico, nonché vice-premier, Luigi Di Maio ha fornito alcune anticipazioni del cosiddetto Decreto Dignità che già domani potrebbe essere portato in Consiglio dei Ministri e che, nelle sue intenzioni, sarebbe non solamente la risposta del Movimento 5 Stelle all’attivismo di Salvini, con i suoi temi, in questa prima fase del nuovo Governo, ma anche un modo per mostrare al proprio elettorato che precarietà, lavoro, lotta alla povertà sono delle priorità per la componente “gialla” dell’esecutivo Conte. Tuttavia, nel decreto che dovrebbe, tra gli altri, dire addio allo split payment e portare allo stop delle pubblicità di giochi on line, potrebbe non esserci posto per i rider, categoria di lavoratori che negli ultimi mesi ha spesso catalizzato l’attenzione dei media per via delle a volte mortificanti condizioni in cui si trovano a operare. Stando infatti a quanto si apprende, nella prima versione del provvedimento voluto da Di Maio ci saranno diversi punti qualificanti a difesa dei lavoratori sfruttati, ma non per i rider, diventati oramai il manifesto della precarietà ai tempi delle piattaforme digitali. Tuttavia, nonostante questa mancanza, è probabile che già da luglio il Ministro apra un tavolo di concertazione con le aziende che operano in questo settore per parlare di riforme e, come richiesto da molti, anche della firma di un contratto nazionale come accade per altre categorie di lavoratori. (agg. di R. G. Flore)
DECRETO DIGNITA’ GIA’ DOMANI IN CDM
Secondo il Corriere della Sera domani in Consiglio dei Ministri dovrebbe essere confermata la presenza del Decreto Dignità, come annunciato nei giorni scorsi dal Ministro del Lavoro Luigi Di Maio che ha curato personalmente il suo sviluppo e i contenuti. Si tratta del decreto che dovrebbe superare il Jobs Act di Renzi per reinserire la causale nei contratti a tempo determinato e una serie di altre norme atte a cancellare la riforma renziana. Bene, stando alle anticipazioni di Lorenzo Salvia per il CorSera, così non sarà propriamente: entriamo nel dettaglio e scopriamo che il decreto lanciato dal vicepremier M5s avrà i compito sostanziale di far slittare la fatturazione elettronica a partire dal 2019, altrimenti sarebbe scattata secondo precedente legislazione da sabato prossimo. Riguarda 6 milioni di italiani che hanno la partita Iva e il provvedimento aveva suscitato diverse polemiche nei mesi scorsi, con tanto di sciopero benzinai in questi giorni proprio per chiedere a Di Maio di ritirare la fatturazione elettronica. Il ministro vorrebbe accontentarli e nel Decreto Dignità vi sarà una parte dedicata che al momento proroga la misura in attesa di una revisione più consistente.
JOBS ACT CANCELLATO? NO, LA PROSSIMA VOLTA…
Le altre novità in vista per il Decreto già piuttosto contestato da opposizioni e associazioni di categoria, vede come punto centrale la stretta sui contratti a termine per provare a combattere il precariato “liberalizzato” dal Governo Renzi. In realtà però la misura di Di Maio sembra essere spuria e “debole” e non cancellerebbe il Jobs Act, semmai lo limiterebbe ma in maniera molto meno netta di quanto dicevano i proclami delle scorse settimane. «Gli interventi dovrebbero essere due: la riduzione da 5 a 4 delle proroghe e la reintroduzione delle causali, cioè del motivo per cui si usa il contratto a termine invece di quello stabile, cominciando dalla prima proroga. Non ci dovrebbero essere, invece, altri paletti che pure erano stati presi in considerazione negli ultimi giorni, come la riduzione da tre a due anni della durata massima dei contratti o l’ aumento delle indennità da pagare al lavoratore in caso di licenziamento con il nuovo contratto a tutele crescenti», ci spiega ancora Salvia nelle anticipazioni del Corriere. Per quanto riguarda le altre misure, tutto confermato secondo quanto aveva spiegato il Ministro prima delle Elezioni: stop al redditometro, allo spesometro e allo split payment, tutte misure tentate per arginare l’evasione dell’Iva la cui “cancellazione” potrebbe far scendere le entrate pubbliche di un notevole gettito. Infine, nel decreto messo a punto da Luigi Di Maio dovrebbe rimanere la norma contro le delocalizzioni, ovvero limitare le aziende italiane allo spostamento fuori da Ue per motivi di tasse e minor costo dei dipendenti. Le società che hanno ricevuto aiuti pubblici dovrebbero – se non sottostanno alla norma del Decreto Dignità – «dovrebbero restituire i contributi ricevuti e, la vera novità sarebbe questa, pagare una sanzione pari al 2% del loro fatturato».