NUOVO CONTRATTO/ O la borsa o le ferie: il dilemma degli operai Lamborghini

- Gerardo Larghi

Il nuovo contratto aziendale prevede un premio di risultato e la possibilità di scegliere se lavorare 40 ore in più o avere 5 giorni in più di ferie. GERARDO LARGHI

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O la borsa o le ferie. Chissà se Robin Hood avrebbe mai detto una frase del genere: forse no, se non altro perché nella foresta di Sherwood, di fronte al perfido sceriffo, non ci si poteva mica permettere di andare in ferie.

Per fortuna, però, i tempi non sono più quelli in cui i briganti medievali si battevano all’ultima freccia per la corona di Riccardo e il cuore delle nobili damigelle. Ora le ferie sono un fatto dovuto, sono considerate tempo prezioso.

Epperò ha colpito l’occhio, e l’orecchio, del cronista, la notizia relativa alla conclusione di un accordo aziendale alla Lamborghini: fabbrica prestigiosa, nata italiana e ora tedesca. Macchine di gran lusso, roba che per costruirle ci vuole non solo una grandissima competenza, ma anche passione, intelligenza, partecipazione. In quel contratto, per la verità, non stupisce il montante del premio di risultato (da 2.700 a 3.000 euro non sono per niente male), né le 150 assunzioni promesse (ma si sa che i tedeschi sono seri: promettono per rispettare).

Già un po’ più curiosa invece è l’attivazione di corsi sulla Costituzione italiana: parrebbe che la motivazione stia nella necessità di formare i lavoratori davanti alla “discussione politica in atto”. Già qui qualche idea balena nella mente del povero cronista: ma i sindacati non sono autonomi e distinti dalla politica? Che c’entra la contrattazione aziendale con i corsi di educazione civica? Perché alla fin fine di questo si tratta: usare le ore della formazione per introdurre i lavoratori alla Costituzione italiana. A noi non per forza sta simpatico questo Governo, né ci sembra che l’attuale discussione politica sia particolarmente sofisticata e intellettualmente elevata, ma ci sorge il sospetto che qualcuno stia pensando di introdurre nell’arena, tra leoni urlanti e improbabili gladiatori, anche il sindacato. Bizzarra proposta, e pure un po’ pericolosa: non è che si confonde la formazione continua, le politiche attive del lavoro, con “i corsi di recupero ideologico”? Non è che alla fin fine qualche buontempone potrebbe pure approfittare di queste “bizzarrie” per dichiarare che la già esausta e affannata formazione in azienda è in realtà una perdita di tempo e che anzi serve ai sindacati solo per fare politica? Vabbé.

Ma il punto più interrogante di questo strano accordo, almeno interrogante per chi si occupa di contratti e di contrattazione, è un altro. Tra le novità previste, infatti, vi è anche quella che i metalmeccanici tedeschi hanno già sperimentato a suo tempo, vale a dire la possibilità di scegliere tra avere una busta paga un po’ più gonfia o di godersi qualche giorno in più di strameritate ferie. I dipendenti della Lamborghini, infatti, potranno optare se stare a casa cinque giorni in più grazie a permessi aggiuntivi (per un totale di 40 ore) oppure recarsi in reparto e portarsi a casa la quota corrispondente di stipendio.

Secondo uno dei firmatari dell’intesa ciò sarebbe una conseguenza (o una causa, potremmo pure discutere su tale punto), del fatto che «l’orario di lavoro deve tornare al centro della contrattazione, insieme con la busta paga». Ecco, di fronte a questa frase, proprio mentre stiamo scrivendo, ora capiamo perché si debbono fare corsi di educazione civica. Lo diciamo così, senza polemiche, sommessamente, quasi sottovoce, con un tono marzulliano, se ci si passa la metafora (a proposito, avanziamo un’idea: perché non si organizzano nelle aziende metalmeccaniche anche dei mini-corsi di retorica? In fondo, parlare bene aiuta a difendersi da questo mondo malvagio).

Perché se un sindacalista dice che l’orario e il salario devono tornare al centro della contrattazione possiamo solo dedurne due cose: o che il soggetto in questione non è un sindacalista; o che egli non ha mai firmato un contratto. E, quindi, è bene che si venga educati a conoscere (o ri-conoscere), la natura del sindacato, il suo ruolo sociale, i contenuti delle intese aziendali e via elencando.

Ma il punto non è come si giustificano le bizzarrie, quanto invece quali siano le conseguenze che esse riservano a chi le intercetta. Torniamo, allora, al dilemma di apertura, quello tra le ferie e la borsa.

Certo, non siamo davanti al classico: o la borsa o la vita, ma se ci pensate bene, non ne siamo nemmeno tanto lontani. L’anno scorso ascoltammo dalla voce di un sindacalista d’eccezione, perché difensore dei poveri e degli ultimi, Papa Francesco, che il lavoro è dignità, e che senza di esso l’uomo era un po’ meno uomo. Ma Bergoglio aggiunse, davanti a un’entusiasta platea plaudente e interrompente di sindacalisti tra cui anche alcuni che il contratto alla Lamborghini lo hanno approvato, che il tempo del riposo, delle ferie, era altrettanto decisivo, altrettanto importante di quello del lavoro. Per la famiglia, per il singolo uomo o donna: perché era il tempo per sé, per la vita. Perché il troppo lavoro può disumanizzare tanto quanto il poco lavoro.

Eh, direte voi: ma come la metti giù dura per cinque giorni di ferie in più o in meno. E poi vogliamo rispettare la libertà individuale? E il Papa di che parla? Lasciamo stare Francesco ma, dialetticamente parlando, non è bello applaudire una cosa e firmarne un’altra.

Ma non è forse vero che cinque giorni lavorativi corrispondono a una settimana intera di tempo?

Poi, come sempre in questi casi, sai come cominci e non sai come finisci: anche nel commercio, nel tessile, si iniziò da una domenica ogni tanto, per poi passare ai turni 6x3x7 e alle aperture selvagge di quei centri commerciali che oggi, dopo l’orgia iniziale, nei giorni di festa sono semivuoti di consumatori e compratori, o se preferite, semipieni di soli dipendenti.

Infine: ma perché il sindacato metalmeccanico, che si vuole storicamente all’avanguardia operaia, imbocca proprio ora una strada che in Europa un po’ tutti stanno ripensando? O almeno lo stanno facendo proprio in quei settori (terziario, commercio, retail in genere) che per primi ne hanno subìto le sferzate sulla pelle. Perché è pur vero che nella Costituzione italiana c’è scritto che la nostra Repubblica è fondata sul lavoro, ma non vuol mica dire che bisogna per forza solo e soltanto lavorare.

Perché nel lontano Ottocento i sindacati nacquero proprio per affermare che il tempo del riposo era sacro come quello del lavoro, che non si poteva passare la vita in azienda.

Va bene dimenticarsi della storia (che comunque era la materia insegnata insieme all’educazione civica nelle gloriose scuole medie italiche: ma vuoi vedere, sorge il sospetto, che alla fin fine davvero quei corsi di recupero civici hanno una radice e un senso?), ma se si cede su questo punto, allora sarà il caso di organizzare una vera campagna di informazione e di educazione civica. Per tutti, però, e non solo per i fortunati dipendenti dell’emilianissima Lamborghini.





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