Pur mantenendo un profilo rispettoso per il dramma che sta vivendo Sergio Marchionne, in queste ore non sono mancate accuse anche dure sul suo operato come amministratore delegato di Fiat e Fca poi. Soprattutto il Manifesto e il governatore della Toscana Enrico Rossi hanno sparato le bordate più pesanti, dicendo i primi che con Marchionne “sono stati tolti diritti ai lavoratori” e il secondo portando cifre non corrispondenti alla realtà in un suo tweet sullo stato occupazionale dell’azienda (“gli occupati sono passati dai 120.000 dell’inizio degli anni Duemila ai 29.000 di oggi”; in realtà erano erano 44.653, ndr). Soprattutto, come ci ha detto Marco Bentivogli segretario generale della FIM CISL, “non si vuole dire che la Fiat quando è arrivato Marchionne era una azienda che stava per chiudere e dichiarare fallimento”. Ci sono altre accuse, ad esempio quella di aver infierito sugli operai dello stabilimento di Pomigliano, ma anche qui Bentivogli smentisce: “Era uno stabilimento praticamente chiuso, oggi è una fabbrica modello. Se una fabbrica chiude non rimane alcun diritto, sparisce tutto”.
Bentivogli, parte della sinistra dice che con Marchionne sono stati calpestati molti diritti dei lavoratori, lei con un suo tweet ha chiesto che si dicano quali sono questi diritti. Ritiene sia un’accusa strumentale?
Stanno parlando di diritti negati e riduzioni dei diritti, dovrebbero dirci quali sono. L’unico diritto non rispettato è stato ma solo nella prima fase perché poi c’è stata la sentenza della Corte costituzionale che ha dato ragione a Fiat, quello di negare alla Fiom la rappresentanza sindacale degli operai. Ma bisogna però dire che la stessa Fiom aveva scelto nel referendum del 1995 che i sindacati che non firmano i contratti riferendosi allora ai Cobas, non possono ricevere i diritti sindacali. La Fiom è così caduta dentro una buca da essa stessa scavata.
Le accuse sono in maggior parte riferite allo stabilimento di Pomigliano, dove qualcuno ha detto che si è verificata “una certa compressione dei diritti dei lavoratori e durante l’era Marchionne si è continuato a spedire gli operai difficili al confino”. Che ne pensa?
L’accordo di Pomigliano si basa su un prodotto che in Italia è a basso valore aggiunto come la Panda. E’ ovvio che o si fa tanto volume oppure l’azienda non funziona. Si è così deciso per i turni di 24 ore giornaliere di 7 giorni la settimana per 21 turni settimanali. La cosa ridicola è che i 21 turni si fanno in moltissime fabbriche cosiddette a flusso teso e la stessa Fiom nei 10 anni precedenti aveva firmato centinaia di accordi aziendali per i 21 turni.
A chi parla di aver calpestato diritti come quello di sciopero o di malattia cosa risponde?
Il diritto di sciopero, la procedura di raffreddamento, sono procedure che si firmano ovunque anche nelle aziende più grandi, ad esempio l’Ilva. La Fiom ha firmato le stesse identiche procedure anzi a volte ancora più restrittive di quelle di Pomigliano. Per quanto riguarda il diritto di malattia: non c’è la punizione per il diritto di malattia, è stata invece nominata una commissione che quando nota un numero spropositato di malattie valutano che non ci siano abusi. Se si va a vedere nel dettaglio si noterà che tante malattie accadono quando c’è una particolare partita di calcio o al venerdì e al sabato, è chiaro che questo crea problemi alla produzione e ai malati veri.
Certamente Marchionne si è distinto in tempi non sospetti per la lotta all’assenteismo oggi tanto di moda, è così?
Esatto ed è doppiamente ingiusto accusarlo oggi che c’è una ridiscussione dei diritti fondamentali del lavoratore proprio a causa degli abusi. Se il sindacato non si autoresponsabilizza rischia di perderli davvero i diritti, come il sacrosanto diritto alla 104 o alla malattia e la colpa sarà di chi oggi monta accuse.
C’è però anche chi come l’arcivescovo di Taranto Monsignor Santoro responsabile Cei del lavoro, dice che “Marchionne ha creato nuovi posti di lavoro incentivando l’occupazione, ma andrebbe valutato l’impatto di partenza delle sue azioni in termini di sacrifici richiesti agli operai di diverse fabbriche”.
Quelli che dicono certe cose, e monsignor Santoro è un carissimo amico, non si ricordano che nel 2003 Pomigliano era una fabbrica chiusa con un volume di lavoro ridotto all’osso. Quando la fabbrica chiude i diritti si perdono tutti non due o tre. Non per replicare a monsignor Santoro, ma i veri diritti negati come disse papa Francesco, è il negare la possibilità di guadagnarsi da vivere con un lavoro dignitoso. Con il lavoro si hanno diritti senza lavoro non c’è nulla.
Il governatore Enrico Rossi ha pubblicato una tabella dove dice numeri che sembra non corrispondano alla verità rispetto ai lavoratori della Fiat prima di Marchionne e oggi. Chi fornisce questi dati?
La Cgil in queste ore ha deciso di tenere il silenzio però il responsabile nazionale dell’auto della Fiom manda in giro tabelle taroccate che poi i giornali pubblicano. Le tabelle si prendono dal bilancio aziendale, la Fiom diffonde fake news per cercare di recuperare una ragione che non ha mai avuto neanche in un momento come questo. Mi dispiace per chi le pubblica ma bisognerebbe informarsi.
Si può dire che tutta l’ostilità che Marchionne ha avuto negli anni a guida Fiat provenga da una sinistra legata a vecchi modelli ideologici?
Si può dire di più. Quella stessa sinistra non ha mai detto nulla dei 24 amministratori delegati italianissimi precedenti a Marchionne che hanno portato nel 2003 la fabbrica al fallimento. Si può dire che la sinistra in Italia ha cominciato a perdere a Pomigliano, ha perso la capacità di stare nel reale, con le persone, ha consegnato fabbriche e territorio ai populisti, paradossalmente più concreti della sinistra stessa. E’ una sconfitta irreversibile della sinistra verso la sua funzione storica. Quando hai occasione di riaprire una fabbrica e ti opponi vuol dire che sei preoccupato solo di te stesso.
(Paolo Vites)