LA QUOTA 41 CHE PUÒ ESSERE GIÀ RICHIESTA
Si continua a parlare di riforma delle pensioni, dato che sul tema sono diverse le ipotesi di intervento da parte del Governo che si susseguono. Tra di esse anche la Quota 41, che, ricorda L’Avanti, può al momento “essere già richiesta da alcune categorie di lavoratori. Si tratta dei lavoratori precoci, ossia di coloro che prima di compiere il 19esimo anno di età hanno maturato almeno 12 mesi di contributi. Per poter accedere a questo strumento non è necessario che i 12 mesi siano continuativi”. Il quotidiano socialista ricorda però che questa Quota 41 “subirà una modifica dal primo gennaio 2019, complice l’adeguamento con le aspettative di vita che riguarderà da vicino anche la pensione di vecchiaia e quella anticipata; nel dettaglio, i lavoratori precoci dovranno maturare 41 anni e 5 mesi di contributi se vorranno smettere di lavorare in anticipo rispetto agli altri lavoratori”.
STRAGE DI GENOVA “RALLENTA” LA LEGGE ANTI-FORNERO
Tornando ancora sui “problemi” che il Governo potrebbe incontrare nei prossimi mesi pre-Manovra economica, non si può non tenere in considerazione l’enorme e immane tragedia avvenuta a Genova. Da più parti, l’esecutivo ha confermato sulle pensioni la garantita “rivoluzione” dalla Quota 100 in poi, ma come giustamente notano alcuni esperti sul Sole 24 ore, non è detto che tutto il capitolo pensioni nel contratto di Governo verrà mantenuto. Anzi, rischia di saltare molto: i fondi pubblici che andranno sbloccati per sostenere la ricostruzione a Genova potrebbero “ritardare” i provvedimenti anti-legge Fornero, senza dimenticare gli altri fondi che dovranno andare per reddito di cittadinanza e flat tax (considerati più urgenti rispettivamente da M5s e Lega). Come nota Today, già la Quota 100 dovrebbe costare sui 4 miliardi di euro: con il dramma di Genova in atto, il rischio è che per le pensioni non si possa sbloccare molto di più nella prossima legge di Bilancio. (agg. di Niccolò Magnani)
TAGLI ASSEGNI D’ORO E FORNERO: I NODI
Secondo un’interessante analisi di Giuseppe Pennisi sul portale Formiche.net, il problema che il Governo gialloverde si appresta a dovere risolvere in breve riguarda ben due punti del complicato piano pensioni. Tanto la “rivisitazione” della Fornero quanto il taglio alle pensioni d’oro rivestono parecchie problematicità di difficile soluzione: «Per la rimodulazione della legge Fornero c’è anche una specifica: si andrebbe in quiescenza, a partire dai 64 anni età, se tra anni lavorati ed età anagrafica si giunge a quota cento. Ci si accorge ben presto che i costi all’erario sarebbero tra i 14 ed i 20 miliardi di euro l’anno (stime, a mio avviso, eccessive perché il mercato del lavoro sta cambiando rapidamente e numerosi anziani desiderano restare in impiego)», spiega Pennisi che invoca una “pausa di riflessione” sino alla prossima Legge di Bilancio. Sul fronte assegni d’oro invece il nodo per Di Maio si fa ancora più stringente: «prima di cadere in un’altra gaffe simile a quella della relazione tecnica sul Decreto Dignità, qualcuno del suo staff gli fa notare che i percettori di pensioni complessive (ossia cumulando al proprio trattamento INPS quello di reversibilità, di invalidità, di danni a causa di terrorismo) si arriva a 30.000 persone, di cui meno di 10.000 titolari di pensioni ‘proprie’ di 5.000 euro. Una manciata del tutto insufficiente per l’agognata operazione di redistribuzione». Le diversità tra Lega e M5s su questo tema sono ancora lì da vedersi, come analizziamo qui sotto, e la manovra potrebbe portare tutti questi “nodi” al “pettine” della pubblica discussione.. (agg. di Niccolò Magnani)
OSSERVATORIO CPI, “SPESA PENSIONI PIÙ ALTA DELLA MEDIA UE”
Secondo i lavori e gli studi dell’Osservatorio CPI (Conti Publici Italiani) la spesa delle pensioni in Italia è la più alta di (quasi) tutta l’Unione Europea: secondo quanto ha ben riassunto Carlo Cottarelli, la spesa ammonta a più del 16% del PIL, «una percentuale ben più alta rispetto alla media europea». Non solo, secondo lo studio si osserva come il costo sia ben più alto anche della media nei Paesi OCSE: «Le definizioni internazionali sono omogenee e comprendono la spesa strettamente previdenziale più una parte di quella assistenziale. Questa distinzione tra assistenza e previdenza è peraltro non particolarmente significativa in quanto, in sistemi in cui comunque il livello della pensione è determinato da una formula e non dal reddito da investimento dei contributi, anche le pensioni erogate sulla base di tali formule non dipendono soltanto dai contributi versati», si legge nelle conclusioni dell’Osservatorio. Rispetto ai prossimi anni, il possibile rilancio dovrà avvenire in termini di riforme: «La dinamica della spesa pensionistica nei prossimi decenni è comunque dominata dall’invecchiamento della popolazione e quindi non dipende da nessuna tendenza relativa a spese di natura di tipo genericamente assistenziale. Da qui la necessità delle riforme per innalzare l’età effettiva di pensionamento». (agg. di Niccolò Magnani)
SALVINI “STOPPA” ASSEGNI D’ORO
Matteo Salvini non è la prima volta che esprime qualche “dubbio” in merito al disegno di legge – ancora abbozzato – del Movimento 5 Stelle e del Ministro Di Maio in merito al taglio delle pensioni d’oro. Come già visto nelle scorse ore, il leader della Lega – secondo le fonti de Il Giorno – sarebbe alquanto indispettito per quel disegno di legge che vorrebbe invece ridiscutere e riformulare completamente (onde evitare nuove critiche dal suo elettorato dopo il Decreto Dignità?, ndr). Pare che vi sia un dossier arrivato sulla scrivania del vicepremier in cui risulta che ad essere notevolmente penalizzati dal “ricalcolo” formulato da Di Maio e grillini, siano «pensionati e i pensionandi del Nord». A richiesta in merito, Riccardo Molinari della Lega (e co-firmatario della proposta di taglio delle pensioni d’oro) ha confermato all’Ansa, «bisogna trovare un correttivo. Stiamo penando a un correttivo che porti un contributo di solidarietà dalle pensioni più alte a quelle più basse». (agg. di Niccolò Magnani)
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI GIULIANO CAZZOLA
La riforma delle pensioni entrerà probabilmente nella Legge di bilancio, almeno stando a sentire quelle che sono le dichiarazioni di Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Resta il fatto che, secondo Giuliano Cazzola, le ipotesi di intervento finora sul piatto, come la Quota 100, rischiano di essere più penalizzanti della Legge Fornero. “Salvini continua a tuonare contro la riforma Fornero. Poi arriva Alberto Brambilla (che di pensioni se ne intende) ad ipotizzare degli aggiustamenti a volte persino severi. Pensi alla soglia minima di 64 anni e alla possibilità di considerare nell’anzianità (41 anni) solo tre anni di contribuzione figurativa. Oppure all’opzione di vedersi calcolare la pensione applicando il calcolo contributivo dall’inizio del 1996 alla fine del 2011. Il fatto che vi siano o meno questi correttivi cambia di parecchio le cose, tanto che qualcuno si interroga se non siano più convenienti le regole in vigore”, sono le parole dell’ex deputato riportate da Il Giornale.
Cazzola ritiene anche che l’ipotesi delle pensioni di cittadinanza, con l’aumento cioè delle minime ad almeno 780 euro, rappresenti “una mina vagante”. Dunque sulle pensioni è come se nel contratto di Governo vi fosse “una banale sommatoria delle richieste dei due azionisti. Con quota 100 e dintorni si vogliono tutelare i bravi lavoratori padani. Con la pensione di cittadinanza si passerebbe dall’assistenza (assicurata dal reddito) all’assistenza (garantita dalla pensione). Allegria. Come dice la canzone che va di moda oggi: ‘Una vita in vacanza’. A parte il fatto che con la garanzia di 780 euro mensili di pensione chi si prenderebbe il fastidio di versare i contributi?”.