Oggi al Meeting di Rimini si parlerà di welfare, in un incontro dal titolo “Vivere di più, vivere meglio? Il welfare al bivio”, in cui interverranno Giorgio Vittadini, Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, Sabina Nuti, Rettrice della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Vincenzo Paglia, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita e Gabriele Fava, neo Presidente dell’Inps, al quale abbiamo rivolto alcune domande.
Ai tempi del welfare state l’Inps era la casa del welfare per gli italiani. Oggi con i modelli di welfare mix (pubblico-privato) quale ruolo spetta all’Inps? Lei ha parlato di “hub del welfare”: è una sua indicazione, che diventa un programma? Quale?
L’Inps è e sarà ancora a lungo la casa del welfare degli italiani. Serve oltre 52 milioni di cittadini attraverso 440 prestazioni socio-assistenziali e previdenziali, sia tramite le 635 sedi dislocate sul territorio nazionale che funzionano grazie al lavoro di 26mila dipendenti, sia attraverso i canali digitali e il contact center ma anche attraverso migliaia di intermediari, che hanno un ruolo fondamentale. L’istituto è il vero hub del welfare italiano. Questo termine (hub, ndr), a mio avviso, è quello che rappresenta meglio il ruolo dell’Istituto come piattaforma di collegamento tra i soggetti che a diverso titolo operano a servizio dei cittadini. Inizialmente utilizzato in campo informatico per definire la funzione di collegamento in una rete di computer, si è esteso ai trasporti, alla sanità, alla logistica. A partire da questo concetto il programma sarà centrato sul welfare generativo, cioè di ripensare il rapporto con i cittadini in funzione del ciclo di vita: le esigenze, infatti, sono diverse per i giovani, le coppie, le famiglie con e senza bambini, gli anziani, i lavoratori dipendenti e autonomi, le donne, i disabili. Queste persone non devono vedere l’Inps solo come un fornitore di servizi ma come un vero partner di vita, sempre presente.
Inverno demografico e welfare: la denatalità mette a rischio non solo il modello di welfare state, ma la stessa possibilità di una protezione sociale “universale”. Come interviene in questo il futuro dell’Inps?
L’Istituto è chiamato a garantire la coesione sociale, attuando efficientemente le politiche governative. Fin dall’inizio del mio mandato, ho parlato di assolvimento di queste prerogative in senso “generativo” di valore. Il primo riferimento è alla necessità di mettere a disposizione del Paese il patrimonio informativo che può consentire di ricavare quella base dati su cui basare l’assunzione di decisioni e trovare soluzioni adeguate. Le sfide che il mercato del lavoro sta già affrontando sono ormai note. La denatalità produce già effetti. Occorre quindi fare in fretta lungo due direttrici.
Quali?
La prima è quella di politiche attive che riducano i tempi della transizione nel mercato del lavoro: quelle dei giovani in ingresso dai percorsi di istruzione e formazione e quelle dei lavoratori alle prese con carriere discontinue. La seconda è quella dell’aumento della produttività a cui collegare la crescita dei salari. La transizione digitale incentrata soprattutto sull’uso consapevole e mirato dell’Intelligenza artificiale rappresenta l’occasione che non può essere persa. La virtuosa combinazione di politiche attive e di incremento della produttività possono garantire l’aumento della base contributiva in modo da mantenere in equilibrio il sistema di welfare. Correlativamente, andrebbero ripensati gli incentivi all’occupazione che non hanno mostrato grande efficacia nelle prospettive di medio e lungo periodo. L’inverno demografico, il trend inflazionistico, le profonde trasformazioni della nostra società, sono tutti fenomeni ampiamente attenzionati e affrontati con un’articolata strategia. L’Inps è attuatore delle misure di legge volte a favorire la stabilità e la sostenibilità del Sistema, assicurando una rete di protezione e di sicurezza per il Paese.
Quale rapporto positivo e propositivo può essere implementato tra l’Istituto e il sistema imprenditoriale? Come evolve la semplificazione del rapporto tra Inps e impresa? C’è la consapevolezza di ridisegnare la relazione tra Istituto e aziende? Se sì, quali azioni intende adottare la nuova Governance e in quale orizzonte temporale.
Il rapporto tra l’Inps e le imprese è fondamentale per il futuro del Paese. Intanto perché è dalle imprese che passano i contributi della gran parte dei lavoratori italiani, ma passa anche il futuro del Paese e della sostenibilità del sistema previdenziale. L’Inps svolge due funzioni fondamentali nel rapporto con le imprese: la vigilanza documentale e ispettiva e il controllo della regolarità contributiva (Durc). Un primo forte segnale lo abbiamo dato con il nuovo piano sulla vigilanza, approvato dal Cda che ho l’onore di presiedere, in cui è contemplata una funzione che sia sempre più orientata a un ruolo consulenziale, di affiancamento delle imprese, più che una funzione repressiva. Stiamo indirizzando la funzione ispettiva a controlli ex-ante piuttosto che controlli ex-post. A settembre, inoltre, partirà un percorso formativo per la vigilanza che coinvolgerà tutte le figure professionali operanti a vario titolo nell’attività ispettiva. Questo primo corso formativo è nell’ambito del più ampio progetto di rafforzamento della vigilanza ispettiva che prevede per l’Inps la possibilità di procedere a breve termine all’assunzione di nuovi ispettori di vigilanza, con il conseguente venir meno del ruolo a esaurimento. Una svolta epocale l’abbiamo data anche sul Durc. Rispetto al passato abbiamo predisposto un documento pre-Durc: per la prima volta, l’utente esterno è messo nella condizione di conoscere tutte le informazioni relative alla complessiva posizione aziendale e può pertanto dare avvio alle attività preordinate alla sistemazione delle evidenze, in collaborazione con l’Istituto di cui viene in tal modo rafforzata la funzione consulenziale.
Giovani e previdenza: spesso si ricorda (a ragione) che le giovani generazioni partono con una grave scopertura previdenziale. Pensare al futuro vuol dire anche prevedere le prestazioni. Il simulatore Pensami è uno strumento che deve essere aggiornato?
I giovani e le donne, le due categorie più deboli da un punto di vista assicurativo, saranno al centro di un grande progetto di educazione previdenziale che prenderà via a ottobre. Uno degli obiettivi fondamentali della presenza di Inps al Meeting è proprio quello di aumentare la consapevolezza in materia previdenziale e far conoscere meglio norme e strumenti a disposizione dei cittadini più giovani. Il futuro lo si costruisce oggi e noi cercheremo di farlo attuando il programma che ho indicato e su cui ho ricevuto la fiducia del Parlamento, quello del welfare generativo, cioè passare da un sistema assistenzialistico, di mera gestione pubblica delle risorse contributive e socio-assistenziali e pagamento delle pensioni, a un sistema in grado di personalizzare le prestazioni sul ciclo di vita dei cittadini. In Italia ci sono 10,4 milioni in età 18-34 anni, di questi una percentuale significativa non versa regolarmente i contributi o non li versa affatto. Questo progetto prevede diverse azioni integrate tra cui una roadmap nelle principali città italiane con un truck con lo sportello mobile di Inps. Tra le iniziative abbiamo previsto anche un App, Contaci, uno strumento pensato appositamente per avvicinare le giovani generazioni al mondo della previdenza, un “gioco previdenziale”per farli esercitare sulle diverse ipotesi contributive e previdenziali in base all’esperienza lavorativa o a quella futura. A proposito di Pensami che è uno strumento molto performante, l’idea è quella di aggiornarlo alle esigenze di un mondo del lavoro che è completamente cambiato. L’App Contaci servirà proprio per far comprendere ai giovani il funzionamento del nostro sistema pensionistico, in particolare per la fascia di età 18-34 e per chi si trova nel regime contributivo e si è affacciato da poco al mondo del lavoro.
Anziani e assistenza: spesso ci si sofferma sulla coppia oppositiva giovani/pensione; ma c’è un’altra coppia che rischia di fare andare in tilt il sistema di welfare: anziani e assistenza. L’allungamento della vita media impone scelte di assistenza di lungo periodo (Ltc e non solo). Come ci si deve attrezzare?
L’altro grande tema previsto dal programma è quello della silver economy che vedo come una grande opportunità per tutto il sistema Paese. Nel 2050 i cittadini over 65 rappresenteranno fino al 35% della popolazione nazionale e questo determina la necessità di ripensare l’attuale sistema di welfare, previdenziale, assicurativo, sanitario. Già oggi il sistema anziani-assistenza genere un’economia “Silver”, legata al mondo dei diversamente giovani, che rappresenta una grande opportunità per il Paese. L’obiettivo che mi sono dato è da un lato migliorare i servizi per la popolazione anziana e e dall’altro generare nuove opportunità di lavoro. La mia riflessione nasce dal ruolo svolto dai nonni per il welfare in questi anni. I nonni da oltre un decennio sono una forma di welfare, ma allo stesso tempo rappresentano un indicatore di cosa servirà in futuro. Dall’analisi dei bisogni, non solo di welfare, emergono nuove esigenze che corrispondono ad altrettante opportunità di lavoro e mercati emergenti come l’assistenza sanitaria. Secondo una recente ricerca, l’impatto degli ultra 65enni sul Pil avrebbe un valore stimabile compreso tra il 20% e il 30%.
(Marco Barbieri)
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