In attesa che il parlamento vari una legge nazionale la Sardegna si accoda alla Toscana sul fine vita. La deriva eutanasica è il vero collante Pd-M5s
Il Consiglio regionale della Sardegna ha approvato la legge sul fine vita con 32 voti favorevoli, 19 contrari e un’astensione, diventando così la seconda regione italiana ad adottare una norma regionale su un tema così complesso, mentre in Senato continua il dibattito su una possibile legge nazionale. La legge appena approvata in Sardegna è stata proposta da Carla Fundoni (Pd), presidente della Commissione Sanità, e Roberto Deriu (Pd), sostenuti da tutta la maggioranza compattamente schierata in forma di campo largo.
Ancora una volta Pd e M5s, che appaiono divisi su quasi tutti i principali punti del governo regionale, hanno ritrovato la loro capacità di collaborare su un tema politicamente ed eticamente così divisivo, fortemente ispirato al testo dell’Associazione Luca Coscioni.
Il modello seguito è quello della Regione Toscana, che è stata la prima regione a varare una legge sul fine vita, in attuazione della sentenza della Corte costituzionale n. 242/2019. Una legge dal titolo emblematico e ampiamente discutibile: “Liberi subito”, definendo tempi e procedure per il suicidio assistito. La Sardegna ha seguito la Toscana e il disegno di legge approvato prevede un percorso sanitario gratuito per persone affette da patologie irreversibili, dipendenti da trattamenti vitali, con verifica sia da parte di una commissione multidisciplinare che del comitato etico, territorialmente competente.
Anche in questo caso il parere del Comitato etico va dato entro tempi certi; la commissione deve verificare i requisiti dopo 20 giorni dalla richiesta. La Regione, a sua volta, entro sette giorni dalla verifica, deve garantire supporto tecnico e farmacologico. L’intero percorso deve concludersi entro 30 giorni e il trattamento può avvenire in ospedale, hospice o a domicilio, secondo la volontà del paziente.
Secondo Fundoni la nuova legge “mette al centro la libertà e la dignità della persona”, ma così non è sembrato a Lorenzo Cozzolino (Orizzonte Comune), che pur essendo in maggioranza ha votato contro. Mentre Giuseppe Frau (Uniti con Todde), anche lui in maggioranza, si è astenuto. A sorpresa Gianni Chessa (Forza Italia), dell’opposizione, ha votato a favore “convintamente”.
Evidentemente maggioranza e opposizione su questi temi sono ancora alla ricerca di punti di equilibrio pienamente condivisi. Ma non c’è dubbio che la discussione di questa legge, almeno in Sardegna, è servita a rilanciare l’alleanza Pd-M5s, che difficilmente saprebbe sottoscrivere un programma unitario e duraturo per il governo del Paese, ma che a sorpresa si ritrova unita e compatta quando si mette in discussione la vita delle persone più fragili.
La proposta di legge appena approvata ha notevoli punti di contrasto con quella che è in discussione in Senato, anzi sotto vari aspetti ne rappresenta l’antitesi, il che pone fortemente in discussione la possibilità che entri in vigore, se come è possibile sarà approvata la legge nazionale. Non a caso Fratelli d’Italia e Riformatori Sardi hanno fortemente contestato la competenza regionale sul tema.
La legge regionale sarda sul fine vita, analogamente a quella toscana, coinvolge pienamente il SSN sia nella responsabilità organizzativa che sul piano economico. Nonostante le costanti critiche che l’opposizione, Pd-M5S, fa alla sanità sul piano nazionale, denunciando il crescente numero di malati che non riescono a curarsi, le lungaggini delle liste di attesa, la disorganizzazione e gli sprechi nell’area dei servizi, non esita però a caricare sul SSN nuovi compiti, nuovi oneri e nuove responsabilità, anteponendo i diritti di chi vuole morire a quelli di chi vuole vivere.
Che tempi assegnerebbe questa commissione, che in 30 giorni deve concludere il suo iter per dare una risposta operativa a chi chiede di morire, a chi invece vuole vivere e ha bisogno di approfondimenti diagnostici, di interventi chirurgici, di una adeguata riabilitazione, ben sapendo come vanno le cose anche in Sardegna per molte altre patologie, acute e croniche? Eppure, ci si preoccupa più dei presunti diritti di chi vuole anticipare la sua morte che dei reali diritti di chi vuole difendere la propria vita. In altri termini: liberi di morire, ma non liberi di vivere…
Anche il destino di questa legge resta comunque sottoposto al giudizio della Corte costituzionale, che dovrà dire se una legge regionale può avere un rango uguale o superiore a quello di una norma nazionale, e soprattutto resta sospeso in attesa che il dibattito sulla legge sul fine vita trovi in Senato la sua possibile approvazione.
Per ora l’unico risultato positivo Pd e M5s l’hanno ottenuto ricompattandosi, cosa non da poco in funzione delle prossime elezioni regionali, ma resta davvero preoccupante riscoprire ogni volta che il loro unico convergere su di un obiettivo condiviso deve sacrificare valori e principi del massimo impatto sulla vita del Paese.
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