A chi gli chiedeva, sfiduciato, perché manifestare, Naval’nyj rispondeva che manifestare avrebbe cambiato noi. Gli scritti di un campione della libertà

La vicenda di Aleksej Naval’nyj è ben nota: il mondo intero ne ha seguito gli eventi, dall’avvelenamento al trasferimento in Germania in condizioni disperate, i lunghi giorni sospeso tra la vita e la morte in terapia intensiva e poi, una volta salvo, l’incredibile decisione di rientrare in Russia, dove il finale era già scritto: prigione, processi su processi e, inevitabile, la morte.



Naval’nyj è stato un politico e un dissidente: un uomo che, riconoscendo la menzogna del sistema putiniano, vi si è semplicemente opposto dicendo la verità, in modo chiaro e pubblico.

Io non ho paura. Non abbiatene neanche voi (Scholè-Morcelliana, 2024) è il libro, curato da Adriano Dell’Asta, che raccoglie interviste rilasciate da Naval’nyj a prestigiose riviste internazionali, suoi scritti sui social e dichiarazioni al termine dei numerosi processi-farsa che ha dovuto subire. È un libro straordinario perché descrive come si trasforma il soggetto umano quando, “tribolato ma non schiacciato, perseguitato ma non abbandonato”, mostra il punto più sublime, svettando – coi piedi ben piantati a terra – per affermare la verità come necessità per vivere.



È un libro che tutti dovrebbero leggere e che dovremmo leggere ai nostri figli, perché ci obbliga a confrontarci con la menzogna (che è il vero male) che ci circonda e ci affligge. “Non si può togliere la libertà a chi è libero dentro. Le porte di ferro si sono chiuse con un fragore assordante, ma io mi sento una persona libera. Grazie alla certezza di essere nel giusto, grazie al vostro sostegno. Grazie al sostegno della mia famiglia”.

Libero, anche quando si è in catene? Come ha vissuto questo gigante? “Non cedete alla paura, scendete in piazza perché il mondo veda che Putin non è la Russia… Solo così ciascuno di noi potrà dire: in questi giorni tremendi sono rimasto un uomo e non ho taciuto. Spesso mi chiedono: ma questa manifestazione cosa può cambiare? Questa manifestazione cambierà noi. Dobbiamo scendere in piazza per amore di noi stessi”.



Il presidente russo Vladimir Putin (Ansa)

In questi nostri giorni tremendi, in cui ci svegliamo ogni mattina e le notizie contano i morti a Gaza, si ripete quotidianamente la mattanza, e noi – inermi e inerti – riprendiamo la via dell’ufficio (o delle spiagge, in questa estate sospesa), allontanandoci dall’orrore. E io, noi, quando scenderemo in piazza? Fosse anche solo per piangere quel dolore da cui fuggiamo per viltà?

Il vertice più alto e irripetibile di questa straordinaria vita di Naval’nyj è il momento in cui, dopo essere sopravvissuto miracolosamente all’avvelenamento, portato in Germania e sfuggito alla morte dopo settimane in terapia intensiva, con la libertà a portata di mano (e la possibilità di diventare un esule, ospite nei migliori talk-show e autore di editoriali indignati sul Time), in modo sensazionale decide di tornare in patria: “Ho viaggiato in tutto il Paese e ovunque ho annunciato dal palco: vi prometto che non vi tradirò, non vi ingannerò e non vi abbandonerò. Tornando ho mantenuto la promessa fatta ai miei elettori. Alla fine, in Russia dovrà pur comparire qualcuno che non mente”.

È tornato per dire e affermare semplicemente la verità, che – come ricorda la formula tomistica – consiste nel riconoscere le cose per quello che sono: il primato della realtà sui pensieri, la realtà così com’è.

La lotta contro la menzogna – che è il male – è amare la realtà, ed è l’unica via alla libertà.

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