Sta ottenendo grande successo "Sull'eguaglianza di tutte le cose" di Carlo Rovelli, una riflessione sulla realtà a partire dalla fisica contemporanea
Sull’eguaglianza di tutte le cose. Lezioni americane (Adelphi, 2025), ultimo libro del celebre fisico italiano Carlo Rovelli, offre uno sguardo filosofico e scientificamente informato su ciò che riteniamo essere “la realtà”. È proprio lo sviluppo di un dialogo profondo tra scienza e filosofia a costituire il nucleo tematico del libro e non sorprende, d’altronde, che il lavoro nasca da un ciclo di lezioni tenute presso il dipartimento di filosofia di Princeton. Fin dalle prime sezioni (o, più precisamente, lezioni), Rovelli costruisce le basi per proporre una tesi ben precisa, che chiama prospettivismo: in sintesi, la realtà è un insieme di componenti prospettiche in reciproca dipendenza, senza che una possa pretendere un primato sulle altre.
La riflessione di Rovelli prende le mosse da una concezione relazionale della realtà, maturata tanto nella sua lunga frequentazione della gravità quantistica, una delle frontiere più significative della fisica fondamentale contemporanea, quanto nell’interpretazione “relazionale” della meccanica quantistica, che l’autore riprende e sviluppa da anni.
Qui relazionale non va inteso nel senso generico del linguaggio comune, ma nel significato tecnico proprio di questa specifica interpretazione: nella prospettiva relazionale, infatti, le proprietà fisiche non appartengono ai sistemi in modo assoluto, ma emergono soltanto all’interno delle relazioni che essi instaurano tra loro. È muovendo da questa cornice, una tra le diverse possibili letture della teoria quantistica, che Rovelli costruisce la sua argomentazione filosofica più ampia.
Il nocciolo tematico delle lezioni è pertanto un invito a riconoscere la portata concettuale di tale interpretazione e a farsene filosoficamente carico. Le conclusioni a cui Rovelli perviene conducono a una visione della realtà in cui devono essere definitivamente abbandonati alcuni miti filosofici che faticano a scomparire, ancora presenti, seppure in forme più articolate, nei dibattiti della metafisica della scienza, come quelli tra presentismo ed eternalismo, tra sostantivalismo e relazionismo, o quello concernente l’esistenza di fatti del mondo intesi come fattori di verità delle proposizioni sul mondo, per citarne solo alcuni.
Tra questi miti: il mito di un soggetto indipendente ed “esterno” rispetto a ciò che conosce; il mito di un tempo assoluto, benché la fisica abbia abbandonato un tale idolon almeno dalla formulazione della relatività ristretta; il mito della fondamentalità, ossia l’idea che si possa raggiungere un ultimo strato definitivo della realtà.
Tali miti hanno in comune la pretesa di imporre una prospettiva sulle altre. Rovelli, al contrario, sostiene che tutte le prospettive si trovano su un piano di uguaglianza. È una tesi che può sembrare frustrante a chi ritiene che, in nome dell’oggettività, non tutte le prospettive possano avere la stessa dignità. Che ne sarebbe, allora, dell’oggettività stessa, se non può ergersi a punto di riferimento privilegiato?
Rovelli si guarda bene dal negare l’oggettività. Qui, egli osserva, si annida un errore concettuale: immaginare l’oggettività come opposta alla pluralità prospettica. Come chiarisce nella sesta ed ultima lezione: “qualsiasi resoconto è prospettivo, perché non c’è conoscenza che non sia incorporata nella natura. Pertanto, qualsiasi pretesa oggettività nella conoscenza è in ultima analisi altrettanto soggettiva quanto qualsiasi soggettività” (p. 167).

Questa componente “soggettiva” deriva dall’intreccio relazionale che caratterizza la realtà fisica. Lo si vede già in concetti elementari come la velocità, sempre relativa a un sistema di riferimento, e trova la sua espressione più radicale nella fisica contemporanea. La relatività ristretta ha demolito l’idea di un sistema di riferimento privilegiato, affermando una “localizzazione relativa” tra tutti i sistemi. La meccanica quantistica, dal canto suo, ha introdotto un ulteriore relazionismo, mostrando come i sistemi fisici si influenzino reciprocamente e come le loro proprietà dipendano dalle interazioni.
Ne emerge una realtà “senza punto di partenza fisso […] in una circolarità senza fondamento” (p. 173). Il sussistere di una realtà circolare non è per Rovelli un problema, ma lo è casomai per coloro che abbiano “l’obiettivo di trovare un fondamento primo da cui il resto segua linearmente” (p. 59).
Anche il nostro orizzonte conoscitivo, come suggerisce la prima citazione, fa parte di questa realtà fisica e non è esterno ad essa, ma ciò non implica che la fisica possa descrivere ogni cosa. Le scienze sociali, ad esempio, possono essere adeguate al loro scopo conoscitivo, pur operando su un livello descrittivo che non è fisico. Questo, però, non autorizza, secondo Rovelli, a postulare una “dimensione non fisica” della realtà: significa piuttosto che esistono descrizioni diverse, ciascuna appropriata al proprio ambito. La realtà è fisica e la conoscenza, che ne fa parte, può essere descrittivamente non fisica, ma comunque adeguata.
Quello che abbiamo richiamato è solo un assaggio degli argomenti che Rovelli affronta, impossibili da ripercorrere qui in modo esaustivo. Tra essi troviamo la questione del tempo, tema centrale in molti suoi lavori, qui inscritta in un quadro più ampio. Ma anche interrogativi più esistenziali, come quello sulla libertà: in una realtà fisica e relazionale, siamo davvero liberi di agire?
La domanda è ambigua. Rovelli propone un’analogia con un computer che gioca a scacchi: anche noi, come sistemi che analizzano diverse alternative raffiguranti futuri possibili, scegliamo tra opzioni determinate da molteplici fattori, razionali e istintivi. In questo senso, la risposta è sì: siamo liberi se intendiamo la libertà come capacità di contemplare futuri possibili e agire in relazione a essi.
A rendere possibile questa dinamica non è una componente extra-fisica, bensì un tratto fisico fondamentale: il gradiente di entropia, che garantisce in maniera effettiva il nostro agire del mondo, poiché garantisce la disponibilità di energia necessaria al fine di agire nel mondo.
Quest’ultima, tra le conclusioni più significative dell’ultimo lavoro di Rovelli, mostra come la distanza tra fisica, filosofia e la nostra prospettiva quotidiana sulla realtà possa essere ripensata e, in parte, colmata.
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