LETTURE/ Essere uomini e donne, l’evidenza non riconosciuta che interroga la libertà

- Sergio Arosio

Il saggio di Angelo Scola su "L'evidenza del corpo". La differenza sessuale è un dato che "chiede" la nostra libertà: riconoscerlo è accogliere il reale nella sua pienezza

antelami genesi capitello 1 1178arte1280 640x300 Antelami, capitello con scene della Genesi (1178)

“Come il mistero della nascita e della morte, così la differenza sessuale costituisce un dato incoercibile dell’umana esistenza, senza assumere il quale non si può accogliere il reale nella sua pienezza” (Angelo Scola, L’evidenza del corpo. Nella prospettiva di un’antropologia adeguata, Marcianum Press, 2023). Accogliere il reale nella sua pienezza: questo è il desiderio che attraversa l’ultimo volume del cardinale Scola. È già una provocazione che il proposito di fronte al reale sia l’accoglienza, ma lo è ancora di più se la strada da percorrere proposta è quella della differenza sessuale, di cui Scola vuole mostrare tutta la potenza.

Il libro, che raccoglie diversi contributi e lezioni, costituisce l’esito di un lavoro che ha accompagnato l’autore nel corso della sua intera vita, un lavoro non solo pastorale e accademico, ma in primo luogo personale, quel lavoro che sorge dal tentativo di rispondere alla domanda su chi siamo noi, su chi sia l’uomo. Per approfondire tale interrogativo l’autore sviluppa in modo organico una serie variegata di tematiche antropologiche che, se fino a qualche anno fa potevano apparire marginali e secondarie, ora costituiscono chiavi di accesso pressanti e ineludibili alla questione sull’identità umana.

L’urgenza suscitata dagli sviluppi che ci circondano, nell’ambito delle scoperte scientifiche, delle relazioni interpersonali, dei problemi educativi, si incontra con il desiderio di Dio di salvare l’uomo intero. Ma che cos’è questo uomo intero? Dove ritrovare tale integralità, tale pienezza? Per questo è necessaria la proposta di un testo come quello del cardinale, una teologia in grado di abbracciare tutto, un atteggiamento cattolico desideroso di dialogare con tutti gli uomini e con tutto dell’uomo, come scrive nella prefazione Michael Konrad (p. 13).

Scorrendo l’indice si nota subito l’ampiezza delle tematiche trattate e questo desiderio di ritrovare l’uomo intero: l’Incarnazione e la rappresentabilità di Dio; il dolore, la sofferenza e l’angoscia; la teologia del corpo di Giovanni Paolo II e la ricezione di Humanae vitae; il rapporto tra eros e agape; gli interrogativi della tecnoscienza alla filosofia e alla teologia; la differenza sessuale; il matrimonio e la famiglia; la fecondità e la generazione. L’elenco potrebbe sembrare esteriormente un’affastellata lista di argomenti, ma la proposta fatta al lettore è quella di fargli intravedere un cammino che prende le mosse dalla differenza sessuale, dal nascere di ogni persona come uomo o come donna: “per il fatto di esistere necessariamente solo nella differenza nuziale, ognuno di noi è sospinto sulla strada dell’amore” (p. 97).

Per questo il cardinale parla di una “autoevidenza dell’eros come amore nuziale che costituisce il cuore dell’esperienza elementare unica e comune a tutti gli uomini, al di là della chiara consapevolezza o meno che se ne possa avere” (p. 141): evidenza vuol dire che nessuno di noi si pone da solo sulla strada dell’amore e, al contempo, questa evidenza va continuamente riconosciuta, accolta e accettata, suscitando la risposta della nostra libertà. Siamo al cuore della questione: mai come oggi fatichiamo ad accettare qualcosa come evidente, sentiamo l’evidenza come un peso e un’imposizione, qualcosa da relativizzare e da cui svincolarsi; tuttavia, allo stesso tempo, il rifiuto di ogni evidenza porta a vedere le cose come scontate, tutte uguali, indifferenti, portando la libertà a rattrappirsi. Di fronte a questa sfida l’esperienza cristiana, fondata proprio sull’Incarnazione di Dio e la libera risposta dell’uomo, non può tacere: l’unica soluzione è mostrare come l’evidenza del corpo non escluda, ma richieda la nostra libertà, spingendola a prendere posizione su tutte le grandi questioni che ogni persona affronta nel corso della sua vita.

Rispetto a tante discussioni che affollano i nostri giorni, il libro di Scola mostra che solo una prospettiva ampia, una prospettiva generale sull’uomo, quasi come una visione dall’alto, è adeguata per affrontare le questioni senza lasciarsi dominare esclusivamente da urgenze e reazioni istintive. L’evidenza del corpo è, infatti, la fonte che accompagna con la sua ricchezza tutto il cammino lungo questa strada dell’amore, che unifica tutte le tematiche sopra richiamate, mostrando come esse siano abitate da polarità e tensioni insuperabili, o, per usare il linguaggio di Scola stesso, da unità duale: quella di anima e corpo, di uomo e donna, di eros e agape, di unione e procreazione.

L’amore è una strada perché si impara ad amare abbracciando tali polarità, senza la pretesa di possederle o di scioglierne definitivamente la grandezza. Tutte le unità duali, queste differenze nell’unità e unità nelle differenze, richiamano ultimamente la differenza tra le persone della Trinità, che, pagina dopo pagina, si svela sempre di più come il compimento di un’antropologia adeguata (p. 55), ossia non dimentica di nessun aspetto della nostra vita. È al termine di tale cammino, esistenziale oltre che intellettuale, che il mistero nuziale appare come la chiave di volta che regge e unifica tutte le forme di amore, dove con mistero nuziale si intende l’impossibilità di separare la differenza sessuale, il dono di sé e la fecondità: solo queste caratteristiche insieme ci indicano che cosa sia l’amore (p. 95).

Nella complessità dei dibattiti e nella pluralità di esperienze presentati dal libro emerge sempre più la decisività della “esperienza che ogni uomo fa della propria condizione di figlio, esperienza spesso rimossa” (pp. 52-53): essere figli, essere generati è infatti l’esperienza che unifica tutti i nostri grandi vissuti, quello della nostra corporeità, come quello della nostra libertà, quello della fecondità come quello della nascita e della morte. Così come l’esperienza della figliolanza è al fondo di tutto quello che viviamo, tutti gli interrogativi affrontati si risolvono nella grande domanda di ogni figlio e figlia: sono amato? A chi appartengo? (pp. 68-69; 125). La strada dell’amore proposta da Scola diventa in questo modo avvincente per ognuno: sapremo cogliere tutta la ricchezza del nostro essere figli? Di fronte alle sfide che ci vengono poste troveremo qualcuno che abbia il coraggio di essere veramente figlio?

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