Parla Gabriella Greison, prima di un suo monologo relativo al suo ultimo libro Ogni cosa è collegata (Mondadori, 2023). Nel libro racconta la storia disperata di un grande fisico premio Nobel, Wolfgang Pauli, e del rapporto straordinario che egli ebbe con uno dei padri fondatori della psicoanalisi, Carl Gustav Jung.
Greison è stata definita come la “rockstar della fisica” e, dopo la sua performance viste le reazioni entusiastiche del pubblico, si capisce perché. Nell’intervista parliamo di scienza e filosofia, delle discriminazioni che subiscono le donne scienziate, della grande teoria unificatrice, capace di dimostrare che “ogni cosa è collegata”.
Vorrei che tu provassi a spiegare, con le parole che adotteresti con un bambino, il succo del tuo ultimo libro Ogni cosa è collegata.
Ho scritto il libro dopo un anno e mezzo di ricerche, tra Princeton, Zurigo, Vienna, Monaco e il Cern di Ginevra. Tutto è nato da una esigenza di raccontare la sincronicità in maniera semplice e di legarla a concetti scientifici, su cui si basa la fisica quantistica. Io sono fisica di formazione, e la fisica quantistica è il mio argomento di studi, così come la mia ossessione: la racconto, la diffondo, ne parlo, ne scrivo, continuamente. È il mio lavoro quello di raccontarla in maniera semplice. Ma per questo libro ho fatto di più. Sono partita da alcune domande. Albert Einstein ha definito Wolfgang Pauli il suo unico e degno successore. Perché? Cosa rende il pensiero di Pauli unico e interessante? Questo libro è un viaggio alla scoperta dei segreti di uno dei fisici quantistici più importanti del XX secolo. Dalla sua vita e dalle sue intuizioni ci faremo travolgere, per capire chi siamo e da dove veniamo, ci identificheremo nelle sue insofferenze e nei suoi abissi, per trovare una nuova chiave di lettura per vivere seguendo il nostro naturale talento, per crescere ed innalzarci. L’insegnamento principale che ho tratto dalle mie ricerche sul posto, perché io per scrivere un libro vado sempre nei posti che racconto e lì studio, è che tutto è collegato. È un concetto veramente molto semplice, probabilmente l’avrete già sentito parecchie volte. È un concetto alla base di quasi tutte le tradizioni spirituali dell’umanità della storia. Io, però, ogni volta che ho sentito le persone menzionare questa frase, che “siamo tutti collegati”, mi è sempre sembrato qualcosa che vorrebbero poter credere fosse vero, ma in realtà è un concetto astratto, qualcosa di esoterico, di indimostrabile; eppure sembra quasi che tutti vorrebbero davvero che l’universo fosse così. Collegato. Ma se ci concentriamo su noi stessi, tutto in noi è collegato. Siamo importanti per il mondo, e il mondo è importante per noi. Ebbene, nel libro ve lo dimostro. Scientificamente.
Potresti soffermarti a illustrare i punti di contatto tra uno scienziato come Pauli e un “non scienziato” come Jung? La psicoanalisi, infatti, viene generalmente considerata come una sorta di filosofia e non come sapere scientifico.
Sì, questi punti di contatto li faccio vedere bene nel mio spettacolo teatrale. Cosa spinge il talentuoso fisico e premio Nobel, Wolfgang Pauli, ad andare una volta a settimana dal noto psicanalista Carl Gustav Jung? Lo spinge un desiderio nobile ed impellente, quello di capire cos’è l’amore. Amore che nella sua vita è sempre mancato, per questo ha vissuto giornate di estrema dissoluzione, tra grandi sbronze e nottate folli nei bordelli nelle capitali europee di inizi 900. Dal dialogo tra questi due grandi miti del XX secolo nasce questo viaggio in una delle anime più profonde della storia della scienza mondiale, che ha dato alla luce i principi fondanti della fisica quantistica. Dal mio libro ho scritto il testo del monologo teatrale. Si tratta di un racconto in prima persona, fatto da Wolfgang Pauli, in cui lui vive un grande cambiamento nella sua vita. Chi lo aiuta nel suo percorso sono Jung, lo psicanalista – che sarà una voce fuori campo –, e l’idea di voler scrivere una teoria che connetta tutto: la grande teoria unificatrice, quella che tutti cercano. Alla fine dello spettacolo questa teoria la racconto io. Perché in realtà Pauli non l’ha mai conclusa questa teoria, l’ha lasciata a metà. Per questo ci ho pensato io. “Entangled” sta per “intrecciato”, e nasce dal termine “entanglement”, una caratteristica dei sistemi quantistici: due sistemi quantistici quando sono a contatto si scambiano informazioni, e quando vengono allontanati continuano a comunicare a distanza e a modificare il proprio stato in base a quello dell’altro. “Entanglement” è come dire amore a distanza. In questo mio racconto metto insieme tutto: fisica quantistica, sincronicità, mente, amore e tutto il resto. E dirò a tutti come fare per unificare tutto, scientificamente.
Cosa puoi dirci dello spettacolo?
Per questo spettacolo ho lavorato con il regista, Emilio Russo, con cui mi trovo storicamente bene a creare qualcosa che non c’è, perché è visionario come me a teatro; e ha collaborato amichevolmente ai testi Alessio Tagliento, un riferimento per la comicità, per questo farò una cosa completamente diversa da tutto quello che ho fatto finora. Perché Pauli era tormentato, era un tipo alla Bukowski, e tra le frasi che ha detto ce n’è una che fa “invece che il fisico avrei voluto fare il comico”. Ci ho pensato io, anche su questo.
Perché parli spesso di interdisciplinarità? Le due culture, umanistica e scientifica di Charles Percy Snow sono venute meno? Non esiste più una frattura?
L’interdisciplinarità è venuta meno, tutto è sempre più specifico, la preparazione a scuola è specifica, troppo ristretta. Io invece faccio l’opposto: nei miei libri, negli spettacoli teatrali e nei miei podcast, cerco connessioni, cerco contaminazioni. Le scuole italiane costringono i ragazzi a scegliere l’indirizzo di studi troppo presto. Da noi i ragazzi sono costretti a capire cosa vogliono dalla vita già dopo le scuole medie, nel resto del mondo progredito non è così! In America la specializzazione si sceglie tardi. Da noi la fase del liceo non deve essere così stringente, i ragazzi non devono essere costretti a capire se preferiscono lo scientifico o una scuola tecnica o il classico: anche perché vengono consigliati male su cosa scegliere, i genitori o i maestri delle medie non sanno neanche loro cosa c’è fuori, che mondo aspetta i ragazzi una volta che la scuola è finita. Il mondo intorno a noi sta cambiando alla velocità della luce, ad esempio oggi la fisica quantistica sta prendendo il sopravvento su ogni cosa che abbiamo intorno, non si può prescindere più da questa materia, da questo studio. Chi consiglia ai ragazzi di fare il classico perché apre la mente afferma un luogo comune, che va smantellato. I ragazzi sui social vivono una realtà diversa da quella che gli adulti credono sia. Io sto molto tempo sui social con loro, per questo poi vengono a riempire i teatri dove mi esibisco, e cercano in me quello che vogliono capire. Ma, lo ricordo sempre, la mia attività principale è lo studio, io studio tantissimo, solo così riesco a creare tutto quello che faccio. La scienza e gli scienziati sono i primi che si fanno delle domande, su qualsiasi cosa accada. La scienza è lontana dallo spiegare tutto l’insieme, ma, quando ce la fa, le risposte che fornisce sono sicuramente le più affidabili. Nel XX secolo questo era ovvio, oggi non lo è più. Oggi vediamo contrapporre agli scienziati i filosofi, su ogni argomento passi in televisione, come a voler schematizzare una contrapposizione tra la scienza e la ricchezza di pensiero. No, non è così. La scienza non è razionalità e il pensiero non è irrazionalità. Io penso che la realtà sia solo un’idea che noi vogliamo dare alle cose che guardiamo. Abbiamo necessità di darne una rappresentazione, e quindi con la nostra testa, insieme a tutti gli automatismi che ci hanno inculcato, creiamo questa idea. Visualizziamo la realtà perché abbiamo necessità di farlo. Ma potremmo anche non farlo. Potremmo non dare nessuna visualizzazione a quello che ci circonda. I fisici ragionano cercando di essere più generici possibili, e lo fanno meglio di chiunque altro. Se non riusciamo a essere generici, è perché quello che ci interessa sono le informazioni che noi consideriamo vere e che attribuiamo alla realtà. Ma se qualcosa non la guardiamo, non abbiamo nessuna certezza che esista. È più rassicurante che esista, ma non è così.
Come si concilia la tua duplice natura di studiosa, abituata al silenzio della concentrazione e dei laboratori di ricerca, con quella di estrosa e coinvolgente divulgatrice, che recita come un’attrice o una poetessa.
In me convivono queste due nature, per questo le ho coltivate, le ho sorrette, e ora possono vivere liberamente senza che una intacchi l’altra. Ho studiato per farle nascere e crescere. Applico il metodo scientifico a tutto, anche nella recitazione. Sono una narratrice, racconto storie, è quello che so fare meglio nella vita. E visto che la mia passione numero uno è la fisica quantistica, sono riuscita a creare storie che avessero la fisica quantistica come contenuto. Lo faccio da dieci anni, e in dieci anni ho creato un fortino. Come una piccola formica che mette via le bricioline di pane e alla fine si gira e si accorge di avere tirato su una cattedrale, così ho fatto io. Ma non sono certo realizzata, continuo a crescere, a migliorarmi, a voler creare tanto altro. I miei libri pubblicati finora sono 10, gli spettacoli teatrali con cui giro i teatri di tutta Italia sono 8, a cui si aggiungono 3 programmi televisivi e 5 podcast. Ho costruito tutto con la forza di volontà e lo studio. Avevo un piano, l’ho realizzato. Ci ho messo dieci anni. Quando mi sono laureata in fisica io, non c’era alcuna possibilità per le donne di emergere, e men che meno essere una protagonista del racconto della fisica. Ho creato tutto da zero, cercando di abbattere stereotipi, lottando contro i luoghi comuni, le frasi fatte, che nel mondo scientifico sono tantissime. Ed eccomi qui. Non ho certo raggiunto qualcosa di definitivo, sono sempre in costruzione, in divenire, e la strada è ancora lunga: prima di sentirmi realizzata devo ancora scalare montagne. Sono molto secchiona, studio tanto. Non mi fermo mai.
Ci parli del legame tra donne e scienza? E ci porti esempi che ti riguardano?
Sono uscita a 38 anni da un mondo disegnato da uomini. Ora sono io che definisco le mie regole. Oggi bisogna imporre parità dall’alto. Chi dice che deve valere il merito non ha capito niente. Prima imponiamo la parità poi facciamo valere il merito. Le donne e le ragazze sono sempre state pronte a sfondare i soffitti. Non hanno bisogno di vaghi incoraggiamenti. Hanno bisogno di politiche che consentano loro di avere successo. Hanno bisogno di un congedo familiare retribuito e di un’assistenza all’infanzia di qualità gratuita. Hanno bisogno che le persone intorno a loro affrontino le conseguenze del comportamento tossico durato fino a tutto il XX secolo. È uscito un reportage su Nature in cui si racconta, con i dati, che fino a tutto il XX secolo alle donne è stato impedito (impedito!) di realizzarsi nella fisica (che è la scienza più dura). Impedito, non che il cervello o la propensione delle donne nei confronti della scienza sia meno forte rispetto agli uomini, è stato impedito. Questo vuol dire che non sono state pubblicate le loro ricerche, che altri si sono impossessati dei loro risultati e li hanno pubblicati a loro nome, che non sono potute emergere, che non parlavano loro alle conferenze ma gli uomini, che non vengono premiate (basti pensare che il Premio Nobel in fisica, su 132 premi è andato solo a 4 donne, nella storia totale dei premi Nobel). Le ragazze che vogliono avere successo, non sanno bene che cosa vogliono fare, mi riferisco a persone di famiglie normali, non alle famiglie che mandano i figli nelle migliori scuole. Perciò abbiamo bisogno di role model, di modelli. E, se il role model è una donna, è più credibile. È un cambio culturale forte, per questo servono nuove regole. L’amore per la scienza è l’amore per la vita. Lo stupore e la felicità che ti porta la scienza non ha eguali. Un modo diverso di essere uomini davanti all’intelligenza degli uomini. Se ami la fisica, che è la scienza più dura, fai nascere in te un’esigenza impetuosa di migliorare le cose. Le donne sulla fisica hanno qualcosa da dire da sempre, il problema è il potere maschilista arroccato. Noi in Italia abbiamo sempre avuto gli uomini che emergevano. Il racconto è sempre stato di parte. Uomini che facevano scienza e che la raccontavano. I divulgatori, sempre e solo uomini che vedevamo in televisione. E così la gente crede che l’autorità sia maschile. Quello che vediamo ci influenza, cambia il nostro immaginario, trasforma il nostro futuro. In Germania dopo 16 anni che l’ha vista alla guida del Paese un bambino ha chiesto alla Merkel: “Ma un maschio può diventare cancelliere?”. Oggi da noi il cambio di passo lo può dare solo la Meloni, Giorgia Meloni mi piace molto che sia lì in alto. La sua immagine è forte, ora deve attuare tutto quello che manca per far arrivare altri messaggi, oltre ai suoi di partito.
Perché ti hanno definito come una rockstar della fisica? Ti piace la definizione? Come spieghi il tuo successo?
Mi piace tantissimo, naturalmente. Tutto è nato dieci anni fa, quando ho fatto uno spettacolo a Roma, all’Auditorium, si trattava di “Monologo Quantistico”, e nella sala di fianco c’era Patti Smith che faceva un concerto, avevamo il camerino una di fianco all’altra, entrambe avevamo la stessa maschera che ci veniva a dare i “dieci minuti”, i “cinque minuti” e il “chi è di scena”, ci facevamo la guerra con la musica a palla da sentire prima di esibirci, e siamo uscite allo stesso momento, è stato bellissimo. Poi una volta in sala mi sono accorta che avevo il pienone, 3.500 persone, e una giornalista del Corriere della Sera che il giorno dopo ha titolato “la rockstar della fisica”, da tutto esaurito. Da quel momento in poi, i sold out sono andati avanti sempre, e anche all’estero, con titoli di giornali americani e tedeschi che riprendevano lo stesso soprannome per me, e questa cosa mi ha riempito di gioia, una grandissima soddisfazione. Sui social network ci sto per divertimento, ci sono tante cose che mi fanno ridere, o mi incuriosiscono anche lì. La serie “Jukebox della fisica, risposte scientifiche alle domande delle canzoni” è una mia vecchia fissa, sto raccogliendo testi delle canzoni con domande esistenziali, o con domande e basta, per dare una mia risposta scientifica, da tanti anni. Lo faccio già nella mia vita appena sento una canzone, adesso lo faccio sui social, che è la stessa cosa. E poi, visto che mi chiamano “la rockstar della fisica”, la musica rock doveva pur essere presente tra le cose che creo. Ai dilemmi dei cantanti è bello rispondere seriamente con la fisica. Le persone che mi seguono trovano questo gioco divertente, e lo alimentano mandandomi nuovi link ad altre canzoni. È un gioco che potrebbe non avere mai una fine. Da questo gioco nato sui social, stiamo creando anche un podcast e uno spettacolo teatrale.
(Alessandro Artini)
–
Lo spettacolo va in scena al Teatro Menotti di Milano il 21, 22, 23 aprile 2023. Biglietti su Vivaticket.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.