"Pellegrinaggio" di Ivan Šmelëv racconta il cammino compiuto da Mosca alla lavra della Trinità di San Sergio. Uno omaggio al cuore della Russia

Ivan Šmelëv (1873-1950) era uno scrittore già noto in Russia prima della Rivoluzione di Ottobre, avendo ottenuto lusinghieri riconoscimenti negli ambienti letterari. Si era fatto conoscere descrivendo i timori e le speranze della società russa nei primi due decenni del novecento. Fu obbligato dal nuovo potere ad espatriare nel 1922. Condivideva la sorte dei migliori poeti, dei filosofi e dei pensatori critici del nuovo regime. Alcuni riuscirono a lasciare tracce della propria tradizione in Occidente, Ivan Šmelëv invece sentì sempre con dolore il peso dell’emigrazione e visse con molta fatica con la cultura francese.



Sentiva acutamente la mancanza della sua lingua, della sua cultura e della sua religiosità. Portava negli occhi gli orrori della vendetta dei bolscevichi contro i bianchi sconfitti ed aveva grande timore che la sua vena narrativa si esaurisse. Anelava continuamente a non perdere il volto umano che la santa Russia gli aveva fatto maturare.



Cercò sostegno nella tradizione che aveva respirato fin da bambino. Perciò ricordava continuamente i monasteri che ne custodivano le reliquie e si propose di descrivere tradizioni, usanze, atteggiamenti e feste popolari vive in una società contadina profondamente legata ai momenti liturgici. Rivolse con particolare commozione il suo ricordo al Monastero della Trinità di San Sergio, il più prestigioso monumento della cultura e della religiosità russa.

Questo insediamento fu fondato nel sec. XIV da Sergio di Radonež, a 70 chilometri da Mosca, che da quel luogo rinnovò il monachesimo russo e la sua sensibilità religiosa. La lavra (grande monastero) dedicata alla Santa Trinità fu per i suoi discepoli un centro di irradiazione spirituale di straordinaria intensità. L’energia religiosa che scaturiva da quel luogo si diffuse verso i monasteri suburbani della capitale e rese vigorosi gli insediamenti fondati nel grande Nord, nelle foreste deserte del Volga, che vennero chiamate “la Tebaide russa”.



Nel suo monastero san Sergio benedì il gran principe Dimitri Donskoj, che marciava audacemente contro i Tatari dell’Orda d’Oro che occupavano con arroganza le terre russe e iniziò la famosa riscossa politica e civile con la vittoriosa battaglia nella piana di Kulikovo nel 1380. Sull’onda di tale rinascita spirituale, Daniele il Nero e Andrej Rublëv dipinsero alcune sacre immagini che ancora oggi abbelliscono le cattedrali del Cremlino (fortezza) di Mosca. Vennero educati dal grande pittore bizantino Teofane il Greco, che da Costantinopoli portò a Novgorod e a Mosca il canto del cigno della iconografia bizantina.

Verso il 1420 nella lavra venne costruita la chiesa dedicata alla Trinità, che custodisce le spoglie di san Sergio e presenta un’iconostasi di grande espressione artistica, per la quale proprio Andrej Rublëv dipinse la famosa icona della Trinità. Essa proclama che l’increato non è una sostanza immobile e una pura attività impersonale, ma è la comunione della Tri-Unità, che è amore e libertà ed è il soggetto della divina economia di salvezza.

È proprio in questa atmosfera spirituale che Ivan Šmelëv racconta con poetica sensibilità un pellegrinaggio da Mosca al Monastero della Trinità, compiuto quando era bambino, intorno al 1880, in compagnia di operai ed artigiani che lavoravano per l’attività di suo padre. Il romanzo Pellegrinaggio (Rubbettino, 2024, a cura di Sergio Rapetti) narra con minuziosa attenzione i settanta chilometri fatti a piedi tra preghiere e digiuni, per devozione e penitenza, per ottenere il perdono della propria dimenticanza di Dio. Descrive con vivacità Mosca alla fine secolo XIX. Delinea l’aspetto dei villaggi, degli ambienti rurali e della vegetazione estiva, incontrati durante il cammino. Soprattutto indugia con compiacimento sull’aspetto della lavra, continuamente gremita di persone alla ricerca del loro volto umano.

Questa opera col tempo ha acquisito una vita indipendente dal suo autore. Oggi questo breve romanzo autobiografico fa entrare in contatto con la coscienza religiosa russa presentata attraverso la semplicità e l’immediatezza di una esperienza vissuta e custodita come espressione della propria identità religiosa. È un modo semplice ed immediato di presentare l’ortodossia russa, ma è più efficace di un trattato teologico.

Tutti hanno visto le icone, preziosi oggetti di antiquariato, molti hanno visto le chiese con le luminose cupole dorate, qualcuno forse ha partecipato alle cerimonie religiose ricche di luci e di colori. Dietro a tutto questo c’è una vita fatta di gesti, di canti e di immagini che fanno memoria di eventi salvifici. A quasi un secolo di distanza, questo romanzo è diventato un invito a un’esperienza religiosa che offre alla cristianità occidentale il suo profumo e la sua luminosità.

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