Lucio Caracciolo, grande esperto di geo politica, e nel contempo da più di 500 giorni voce “narrante” della guerra in Ucraina, ha pubblicato negli scorsi giorni un editoriale sul quotidiano La Stampa in cui ha parlato appunto dell’attuale situazione dalle parti di Kiev, a cominciare dal ruolo che sta giocando l’America nel conflitto.
Caracciolo scrive: “Tra alba e tramonto del 24 giugno, mentre Prigozhin marciava su Mosca, Washington ha dovuto scegliere fra Russia e Ucraina. Ha scelto Russia. Meglio la stabilità della superpotenza nucleare che una guerra civile innescata dal capo del Gruppo Wagner, per cui Kiev entusiasta tifava. Scelta confermata via Nato l’11 e 12 luglio a Vilnius – ha continuato Caracciolo – dove Biden ha stabilito che Kiev non può aderire al Patto Atlantico finché dura la guerra con Mosca. Con ciò gli Stati Uniti e i loro alleati hanno concesso alla Russia il diritto di veto sull’eventuale ingresso dell’Ucraina nella Nato: basta non fare la pace. Anche un precario cessate-il-fuoco, ovvero una sospensione delle ostilità, non sarebbe sufficiente a emancipare Zelensky da tale vincolo”.
LUCIO CARACCIOLO: “L’AMERICA NON VUOLE COMBATTERE DIRETTAMENTE CONTRO LA RUSSIA
Secondo l’esperto la differenza di vedute fra Washington e Kiev è “ormai palese”, sottolineando che: “Biden e Zelensky hanno affrontato la guerra su basi strategiche diverse. L’America non vuole né ha mai voluto combattere direttamente la Russia. L’Ucraina sì, per legittima difesa. Americani e russi sono vecchi avversari che si capiscono e rispettano da quasi un secolo. Non si sono mai fatti la guerra calda e lo considerano un punto d’onore”.
Quindi Caracciolo ha concluso scrivendo: “Il caso Prigozhin ha fatto traboccare il vaso. Esasperato, a fine giugno il capo delle Forze armate ucraine, generale Zaluzhny, ha confessato al Washington Post di non poterne più di sentirsi ripetere dagli alleati l’avvertimento di risparmiare il territorio russo: «Bene, dovremmo arrenderci?». Osservazione intelligente. Zaluzhny mette gli americani di fronte alle conseguenze dell’eventuale crollo ucraino: sul piano strategico a perdere sarebbero loro”.