Makka Sulaev, 19enne accusata dell'omicidio premeditato del padre: "Non volevo ucciderlo, ma difendere mia madre". La sua versione ai giudici

Non odiava suo padre quando era piccola, poi però ha iniziato a capire come trattava lei e la sua famiglia, arrivando a convivere con la paura. Così Makka Sulaev in aula, nel processo che la vede accusata di omicidio premeditato. La 19enne di origini cecene nel marzo dell’anno scorso uccise il padre Akhyad a Nizza Monferrato al culmine di una lite furibonda che coinvolse tutta la sua famiglia, anche una ragazza che era nell’abitazione per le ripetizioni ai fratellini.



Ma la premeditazione viene contestata dall’accusa, perché l’arma del delitto è stata acquistata al supermercato prima di quella lite e perché su un quaderno è stata trovata la scritta “lo ucciderò“. Inoltre, ci sono state due coltellate a distanza di pochi istanti l’una dall’altra.



LA VERSIONE DI MAKKA SULAEV

Intervenuta in aula, ha ricostruito quella giornata, spiegando che la madre l’aveva chiamata per riferirle che il padre si era licenziato. Il timore della madre è che sarebbe successo qualcosa a casa, per questo avrebbe deciso di comprare il coltello: “Per difendermi“. Makka Sulaev ha negato di voler uccidere il padre, voleva solo avere un’arma per difendersi e minacciarlo. Lo aveva conservato nell’armadio di casa sua al suo ritorno, poi la lite, l’aggressione alla madre prima e a Makka poi, momenti concitati che sono stati ripresi con i telefonini. Poi la 19enne ha recuperato il coltello per “difendere” la madre e ha colpito il padre. “Non volevo ucciderlo, volevo solo impedire che ci facesse del male“.



“DOVEVAMO SEMPRE TEMERE MIO PADRE”

La Corte d’Assise dovrà decidere il destino di Makka Sulaev, nel frattempo lei a La Stampa ha spiegato che ha voluto fornire in aula la sua versione de fatti, che comunque rivive giorno dopo giorno. “Ogni tanto ho gli incubi, mi sveglio di notte“. L’amore per il padre è calato all’età di 16-17 anni, poi da maggiorenne ha capito cosa faceva alla madre e che non poteva accettarlo.

Nell’intervista ha parlato di giornate di insulti e paura, qualsiasi cosa faceva infuriare il padre. “Dovevamo sempre temerlo“. La 19enne ha ribadito la sua versione nell’intervista, spiegando che i coltelli che c’erano in casa non sarebbero bastati a incutere timore al padre, a cui bastava un pugno per far loro del male, visto che aveva praticato karatè e box da giovane.

Inoltre, Makka Sulaev ha raccontato di essersi resa conto che il padre era morto quando ha sentito i carabinieri parlare di “omicidio“, perché appunto non voleva ucciderlo. Pur difendendosi dalle accuse che le vengono mosse, spiegando che avrebbe potuto mentire, è pronta ad accettare qualsiasi verdetto, ma non nasconde il suo pentimento per quel coltello: se potesse tornare indietro, ha precisato, non lo comprerebbe.