Makka Sulaev fa ricorso in appello contro condanna per l'omicidio del padre violento: la difesa punta sulla legittima difesa. Il processo passa a Torino
IL LEGALE DI MAKKA SULAEV IMPUGNA CONDANNA
Condannata in primo grado a 9 anni e 4 mesi per l’omicidio del padre violento, Makka Sulaev ha fatto ricorso in appello tramite il suo avvocato Massimiliano Sfolcini, che vuole sostenere la legittima difesa. Lo rivela Il Piccolo, nell’edizione di Alessandria, ricostruendo il caso. La 19enne di Nizza Monferrato (ma di origini cecene) uccise il padre nel marzo dell’anno scorso con due coltellate durante un’aggressione in casa: il padre stava picchiando la madre quando è intervenuta.
Ma la sentenza di primo grado emessa dalla Corte d’Assise di Asti non ha riconosciuto la legittima difesa (neppure l’eccesso di legittima difesa), mentre ha concesso le attenuanti generiche, riconoscendo alcune circostanze come la giovane età e il contesto familiare difficile. Infatti, durante il processo sono stati ascoltati audio registrati che documentano la violenza domestica e mostrano chiaramente il clima di terrore e violenza che si viveva nella casa.
I giudici hanno riconosciuto che il padre era violento, ma ritengono che quel giorno non è successo nulla di “più grave” rispetto ad altri episodi di violenza già avvenuti in passato. Di diverso c’era l’atteggiamento di Makka Sulaev, che stanca delle continue violenze, ma anche spaventata, ha usato il coltello, che aveva comprato poco prima, per affrontare il padre. “Quello che realmente ha reso diversa la situazione è piuttosto l’approccio di Makka“, scrivono infatti i giudici nelle motivazioni.

Visto che il colpo è arrivato quando il padre aveva smesso di colpire la madre, i giudici hanno concluso che non c’era più un pericolo immediato, e peraltro poteva comunque chiedere aiuto alle forze dell’ordine; per questo non è stata riconosciuta la legittima difesa. I giudici hanno mosso anche una critica nei confronti della mamma della 19enne, perché l’ha “inopportunamente investita della soluzione degli attriti tra lei e il marito“.
MAKKA SULAEV, LE VERSIONI DI DIFESA E ACCUSA
Invece, il legale di Makka Sulaev sostiene che la sua cliente non sia un’assassina, ma una vittima. In primo grado l’ha descritta come una ragazza iper-responsabilizzata: studiava, lavorava, mediava tra i genitori, e subiva continuamente violenza. Quel giorno avrebbe agito in una situazione di terrore, non per vendetta ma per salvare la madre. Per il pm Andrea Trucano, invece, la 19enne ha commesso un omicidio volontario, perché era consapevole di uccidere. Anche se il padre era violento, per i giudici non voleva uccidere la moglie o la figlia: voleva solo imporre la propria autorità patriarcale.
Inoltre, per l’accusa non c’era un pericolo di vita reale e attuale per Makka o la madre nel momento del colpo. La coltellata sarebbe arrivata quando l’aggressione era già finita, e quindi non si trattava di difendersi ma di punire. I giudici sono andati oltre la sua richiesta: rispetto ai 7 anni di carcere chiesti dal pm, la Corte ne ha disposti 9 e 4 mesi. Ora la 19enne, che è tornata libera e vive con la madre e i fratelli, è pronta a far valere le sue ragioni in appello, processo che si celebrerà a Torino.
