A 34 anni ha scoperto di avere la malattia di Parkinson, ma non si è arresa e non ha rinunciato al suo sogno di diventare mamma. Questa è la storia di Valentina Margio, una giovane coraggiosa che ha sospeso le cure con i farmaci pur di dare alla luce suo figlio. Quale storia migliore allora nel giorno della festa della mammaNon chiamatemi morbo. Storie di resistenza al Parkinson”, i cui dialoghi sono recitati da Claudio Bisio e Lella Costa all’Accademia Carrara dal 15 maggio al 6 giugno. Valentina ha notato i primi sintomi della malattia nel 2016. «Faticavo a scrivere, sentivo la mano irrigidirsi. Mi sono rivolta a un neurologo, ma dalla visita non è emerso nulla», racconta oggi a L’Eco di Bergamo.
Dopo un anno la situazione è peggiorata: «Mi faceva male il braccio destro e lo muovevo meno del sinistro, ma credevo che fosse un problema derivato da un’ernia cervicale». Il neurologo stavolta le ha diagnosticato il Parkinson e gli esami svolti all’inizio del 2018 hanno dato conferma di ciò. Così ha iniziato le terapie, non senza difficoltà, perché i risvolti sono anche psicologici.
MAMMA A 34 ANNI COL PARKINSON: “HO SEGUITO L’ISTINTO CON MIO FIGLIO”
Quando ha scoperto di avere il Parkinson era legata da poche settimane al compagno, che è rimasto al suo fianco. Dopo aver individuato la terapia farmacologica giusta e aver ricevuto l’aiuto di una psicologa, ha scoperto di essere incinta. Ed è così che la rinascita di Valentina Margio si è compiuta. «La gioia e l’aspettativa erano tali che sono riuscita ad accettare anche scelte difficili come quella di sospendere i farmaci che assumevo, perché erano molto forti e non c’erano studi sui possibili effetti sul feto», spiega a L’Eco di Bergamo. Ha avuto paura, perché senza medicine si sentiva vulnerabile, ma è andato tutto bene e ha partorito il piccolo Angelo. Se da un lato durante la gravidanza ha notato un miglioramento dell’umore, dall’altro ha riscontrato rigidità muscolare, tale da non riuscire a compiere piccoli movimenti quotidiani. Tre giorni dopo il parto è scattato il lockdown per la prima ondata della pandemia Covid. «Ho ricominciato a seguire le terapie farmacologiche ma nei primi mesi erano più leggere per darmi l’opportunità di poter allattare». Gli effetti erano quindi limitati, così si è ritrovata a dover affrontare le difficoltà del Parkinson e a dover crescere il figlio senza l’aiuto di nessuno, visto che il compagno era impegnato in quanto impiegato nel settore sanitario. Il lockdown si è rivelato più duro della gravidanza. «Ho seguito il mio istinto. Mio figlio ed io ci siamo lentamente adattati uno ai ritmi dell’altro, è stato bello nonostante i problemi e la fatica».