In Nord Africa si aprono nuovi e minacciosi focolai di possibili conflitti. Come se non bastasse la crisi libica che, tra alti e bassi, va avanti da più di dieci anni, interessando anche gli Stati confinanti, ora è la volta di Algeria e Marocco.
Il casus belli è stata l’uccisione di tre autotrasportatori algerini che viaggiavano dalla capitale della Mauritania, Nouakchott, alla città algerina di Ouargla, in un tratto del Sahara occidentale che è da sempre oggetto di forti tensioni tra i due paesi. Secondo la ricostruzione delle autorità algerine, il loro camion sarebbe stato bombardato da forze marocchine. E la reazione algerina non si è fatta attendere: “è un attacco barbaro che non rimarrà impunito”, hanno dichiarato dall’ufficio presidenziale di Algeri.
E’ evidente che dietro a questo episodio si cela molto di più. Il Sahara occidentale, controllato per l’80% dal Marocco, è una regione ricca di fosfati e adiacente alle acque pescose dell’Atlantico. Qui c’è un conflitto dimenticato tornato all’improvviso d’attualità: quello tra il Marocco e il Fronte Polisario, l’organizzazione fondata nel maggio 1973 come movimento di liberazione nazionale del Sahara occidentale, rappresentante del popolo saharawi, che da decenni si batte per un referendum sull’autodeterminazione. Anche per questo Algeri non ha mai negato sostegno e ospitalità ai ribelli indipendentisti del Polisario e ai rifugiati saharawi.
Non solo spirito caritatevole, ma volontà di mantenere la propria sovranità su una sterminata zona desertica che separa il confine sud del paese dalla frontiera della Mauritania, in cui poter gestire i traffici commerciali con il resto dell’Africa. Da qui passano i camion con il pesce pescato dagli spagnoli in Mauritania, ma anche una parte del traffico internazionale di stupefacenti gestito da organizzazioni criminali. Per avere il pieno controllo della frontiera, Rabat continua a moltiplicare con successo i propri sforzi diplomatici per impedire che si arrivi alla realizzazione di un referendum per l’indipendenza del popolo saharawi.
Ma le ritorsioni tra le parti non si sono fermate qui. Dopo aver rotto le relazioni diplomatiche col Marocco e vietato ai suoi velivoli di attraversare il proprio spazio aereo, il governo di Algeri ha giocato il jolly: chiudere, a partire dal mese di novembre, i rubinetti del Gasdotto Maghreb-Europa (Gme) che passa in territorio marocchino. Una decisione che, di fatto, colpisce anche la Spagna. Secondo i dati forniti da Enagas, l’Algeria quest’anno ha fornito il 47% del gas importato dalla Spagna, pari a 15 miliardi di metri cubi. Di questi, 6 miliardi tramite il gasdotto che attraversa il Marocco. E’ probabile che al di là delle vecchie dispute con il Marocco, questa decisione, adottata in una situazione economica in cui il prezzo del gas è particolarmente alto, potrebbe (o vorrebbe) rappresentare una minaccia per l’approvvigionamento energetico europeo.
Ma i problemi non finiscono qui: la profonda crisi economica in Algeria, esacerbata da decisioni come l’interruzione del Gasdotto Maghreb-Europa, rischia di accentuare le cause che favoriscono le migrazioni verso l’Europa. Negli ultimi mesi, l’immigrazione clandestina in Spagna è arrivata principalmente dall’Algeria. Tutti fattori che stanno creando profonde spaccature in Europa e non solo.
Il Marocco, dalla sua, ha il sostegno della Francia e in modo più discreto quello della Spagna, mentre il Polisario può contare sull’appoggio dell’Algeria e della Russia.
L’Italia come sempre sta nel mezzo, nonostante alcuni esponenti del governo abbiano sottolineato che l’aumento dei prezzi dell’energia e l’escalation delle tensioni non sono ciò di cui abbiamo bisogno nel Mediterraneo, auspicando che l’Ue non ceda alle minacce algerine. In questo contesto, un segnale importante è venuto dalla recente visita del presidente Mattarella in Algeria, secondo fornitore di gas dell’Italia dopo la Russia. Da questo punto di vista, la mossa del Quirinale potrebbe piacere poco alla Francia, ai ferri corti con le nuove autorità algerine.
Intanto, il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha invitato al dialogo per “abbassare la tensione”. Parole di circostanza, ma che difficilmente mitigheranno la situazione. Non sappiamo ancora dove arriverà questa crisi, se resterà un problema “interno” o arriverà a coinvolgere anche player esterni, Russia e Turchia in primis, interessate a rendere ancor più tesi i rapporti tra Francia e Algeria.
In particolare, Mosca, secondo indiscrezioni, potrebbe firmare con il governo algerino un contratto per armi ed equipaggiamento militare del valore di circa 7 miliardi di dollari, proprio mentre i russi dell’ormai nota compagnia Wagner approdano nel Mali, sfidando l’influenza di Parigi nel Sahel. Resta il fatto che, vista la già precaria situazione del quadrante nordafricano, l’ultima cosa di cui avremmo bisogno sarebbe l’ennesima guerra per procura alle porte di casa.
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