L’odissea attraversata, fino al ritorno a casa. Massimiliano Latorre ha deciso di ripercorrere quanto affrontato insieme all’altro marò Salvatore Girone nel libro “Il sequestro dei marò”, firmato a quattro mani con Mario Capanna. Dall’accusa infondata di aver ucciso due pescatori del Kerala durante l’operazione anti-pirateria a bordo della petroliera “Enrica Lexie” al ritorno in libertà, tante difficoltà e qualche recriminazione.
Intervistato da Libero, Massimiliano Latorre ha spiegato che dopo dieci lunghissimi anni il bicchiere è mezzo pieno ed è rimasto il sostegno e l’affetto vero della gente, anche se la sua vita è stata stravolta: “In particolare la mia salute, fisica e psicologica, è stata segnata da quel vissuto. Mi riferisco all’ictus che purtroppo mi ha colpito e mi ha condizionato per sempre: anche semi ritengo comunque fortunato per il semplice fatto di esser qui a poter raccontare, nonostante diverse problematiche con cui devo convivere”.
Le parole di Massimiliano Latorre
Massimiliano Latorre si è poi soffermato sulle accuse dell’allore ministro Giulio Terzi contro la decisione del governo Monti: “L’11 luglio il gruppo parlamentare di Fdi ha organizzato la presentazione del libro con i senatori Malan, Russo e Terzi. Ecco, per me è stata un’occasione importante per l’affetto e il supporto ricevuto dagli organizzatori. Ma ancor piu importante, anche se frustrante da uomo e da militare, è stato ascoltare le parole dell’ex presidente del Consiglio, Mario Monti, che ha ammesso le motivazioni per cui fummo rispediti in India il 21 marzo 2013, proprio così come fu riferito dall’allora suo ministro degli Esteri, Giulio Terzi, in un’intervista rilasciata dopo anni dalle sue dimissioni. Quando, ricordando le motivazioni giuntegli da Monti e dal ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, spiegò – cito testualmente – che erano “fondate su ragioni di natura economica, dei danni che avrebbero subito le nostre imprese e delle reazioni indiane”…”. I due marò sono finiti in un ingranaggio molto più grande di loro nonostante l’innocenza: “Sopravvivevo grazie alla forza datami dall’innocenza e dalla fiducia che riponevo nei rappresentanti istituzionali di allora dai quali mi aspettavo coerenza ed affidabilità. Invece ho trovato solo l’ordine di obbedire nell’assoluto e rigoroso silenzio chiesto ad un militare, ma per fortuna la gente che ci sosteneva zitta e ferma non è stata”.