La Corte Suprema americana respinge il ricorso contro la sentenza del 2015 sul via libera ai matrimoni LGBTQ in America: ecco cos'è successo e cosa cambia

SCONGIURATA UNA SENTENZA “ABORTO 2.0”: I MATRIMONI ARCOBALENO RESTANO VALIDI NEGLI STATES

Con la decisione presa oggi dalla Corte Suprema Usa sui matrimoni LGBTQ viene di fatto “scongiurato” un nuovo sconvolgimento federale dopo il precedente sulla sentenza che abolì il diritto costituzionale all’aborto: il massimo organo degli Stati Uniti d’America, pur con una composizione dei giudici che vede 6 conservatori “contro” 3 progressisti, ha respinto il ricorso presentato negli scorsi mesi dalla cancelliera della contea di Rowan (Kentucky), Kim Davies.



Fu infatti proprio lei a finire addirittura in carcere dopo che si era rifiutata di firmare una licenza per un matrimonio omosessuale, in quanto – a suo dire – contro le sue convinzioni religiose: l’ex funzionaria si era così rivolta alla Corte Suprema americana per provare a ribaltare la sentenza del 2015, la famosa “Obergefell v. Hodges”, con la quale vennero resi egualitari e legali le unioni matrimoniali LGBTQ in tutti gli Stati Uniti (con votazione 5 a 4 a favore dell’ala liberal).



Sentenza della Corte Suprema USA nel 2015 sui matrimoni LGBT: in foto James Obergefell, protagonista del ricorso (ANSA-EPA)

Con la decisione della Corte Suprema di fatto si evita, per il momento, la messa in discussione di una storica conquista dei diritti civili (rivendica il Partito Democratico USA), in modo similare alla decostruzione della Roe vs Wade sull’aborto: non è stata pubblicata alcuna motivazione dai giudici supremi dopo la decisione sui matrimoni egualitari, ma è stato comunque smentito il grido di allarme sorto negli ambienti arcobaleno sul possibile “blocco” della sentenza che secondo gli ultimi sondaggi publicati dal NYT viene vista in maggioranza come positiva.



RESPINTO IL RICORSO CONTRO LA SENTENZA SUI MATRIMONI LGBTQ: ECCO COS’È SUCCESSO

Ad oggi infatti il 66% degli americani sostiene i matrimoni LGBTQ, con il 48,3% dei conservatori che si dice propenso a confermare tale legislazione: la Corte non ha dato ragione a Kim Davis, a cui era stata comminata la multa da 300mila dollari per aver negato una licenza di matrimonio. La donna si era rivolta alla Corte Suprema per annullare l’intera sentenza, non trovando però alcuna “sponda” neanche tra i giudici conservatori.

Tanto ieri quanto oggi permane negli Stati Uniti il «diritto costituzionale al matrimonio tra persone dello stesso sesso»: al netto delle spinte di alcuni Stati federali a guida repubblicana, le nozze “arcobaleno” restano garantite su tutto il territorio americano, non vedendo l’obiezione delle “convinzioni religiose” tali da impedire tale atto, neanche come obiezione di coscienza per i funzionari statali.

Riflettori puntati ancora sulla Suprema Corte nelle prossime settimane visto il protendersi delle udienze sulla possibilità di revocare o meno la politica dei dazi della Presidenza Trump: in questo caso si è già arrivati a dibattimento (a differenza del “caso Davis” sui matrimoni LGBTQ) e la sentenza viene attesa nella prima metà del 2026.