Ieri al Meeting di Rimini c'è stato l'intervento di Roberta Metsola, Presidente del Parlamento europeo

È stato quasi inevitabile ascoltare la presidente dell’Europarlamento Roberta Metsola, ieri al Meeting nell’eco dell’intervento di Mario Draghi, venerdì scorso. È stato quindi possibile cogliere subito nel “Draghi ha ragione, lo status quo non basta” un sostanziale unisono sulla sferzata all’Europa perché “sia protagonista e non follower” in questa fase complessa e cruciale della storia.



E quando Metsola ha affermato che la via maestra è quella della crescita – per favorire la quale tutte le istituzioni europee devono dare priorità alle imprese – sono risuonate forti e chiare tutte le raccomandazioni del Rapporto Draghi.

Un’ulteriore prospettiva comune fra la leader di Strasburgo e l’ex Presidente della Bce ed ex Premier italiano è certamente quella della “semplificazione” dell’Europa. Metsola condivide senza reticenze l’esigenza di superare un’Unione “burocratica” e per questo ormai poco efficiente ed efficace.



All’Europarlamento – ha sottolineato – affluisce una mole enorme di provvedimenti da approvare, quando invece 450 milioni di europei chiedono alle loro istituzioni di rimuovere ogni ostacolo ai loro impegni nei diversi ambiti. Di qui il mantra della “semplificazione”: in parte lo stesso rilanciato da Draghi, anche se non del tutto.

È chiaro che per il tecnocrate italiano il meccanismo cruciale da semplificare nel cantiere di una “Maastricht 2” è quello interno alla Commissione, che tuttora prevede l’unanimità sulle decisioni, frenando oggettivamente l’elasticità dell’Ue nella risposta alle forti turbolenze geopolitiche ed economico-finanziarie.



La postura di Metsola è parsa invece assai più quella propria del ruolo di capo dell’organismo-baricentro della democrazia europea. A 46 anni dal primo voto europeo, tuttavia, l’aula di Strasburgo è ancora lontana dall’essere il motore effettivo dell’Unione: dove la sovranità è ancora sbilanciata e irrigidita sulla Commissione, tuttora stanza di compensazione più delle leadership nazionali dei Ventisette che di equilibri politico-elettorali in forte evoluzione.

Per questo – prima ancora dei contenuti del discorso – di Metsola al Meeting ha colpito il “body language” particolarmente determinato, davanti a molti europarlamentari italiani convenuti a Rimini da tutti gli schieramenti. E frutto dell’intento di sancire un ruolo istituzionale in crescita accelerata è parsa una serie di affermazioni politiche di notevole impegno.

La prima è stata la conferma della “inequivocabilità” dell’alleanza fra Europa e America. “una delle più solide e profonde del mondo moderno”. Da Metsola è giunto quindi un endorsement totale all’“accordo commerciale provvisorio” siglato un mese fa da von der Leyen (sua collega nel Ppe) con il Presidente statunitense Donald Trump.

Una promozione realistica coincidente con quella della Premier italiana Giorgia Meloni, con un tono certamente diverso da quello di Draghi, che sui dazi aveva lamentato “rassegnazione europea”.

La Presidente dell’Europarlamento non ha d’altronde rinunciato a una sottolineatura sottile ma incisiva: “Gli europei non si aspettano da chi li governa moralismi ma anzitutto azione”.

È parso di intendere: Trump è il Presidente degli Stati Uniti con cui confrontarsi e raggiungere accordi, non un presunto male assoluto contro cui resistere a priori per ragioni ideologiche o di galateo politico. E se l’Europa ha il diritto-dovere di esplorare nuove macro-partnership su un pianeta in rapida trasformazione, le aree privilegiate appaiono “Africa e America Latina”. La Cina resta un competitor a tutto tondo.

Sui grandi fronti geopolitici sono giunti segnali altrettanti netti, con attenzioni peculiari. Quello che sta accadendo a Gaza è “intollerabile” ha scandito Metsola: che però si è tenuta lontana da valutazioni strettamente geopolitiche (forse con un orecchio anche al Cancelliere tedesco Friedrich Merz, che giusto ieri ha ricondiviso la linea italiana di non attualità del riconoscimento dello Stato palestinese).

Molto più articolata e politica è stata la posizione udita sulla crisi russo-ucraina: l’Europa, ha ripetuto Metsola, è a fianco di Kiev e di una “pace” autentica: che sia la garanzia – per l’Ucraina e per l’Europa – che in quella porzione del continente non vi saranno più minacce di guerra.

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