Saifallah Lasram, sindaco di Tunisi dal 2011, è testimone delle ultime vicende della storia tunisina, a cominciare da quella “rivoluzione dei Gelsomini” che ha scatenato, nel 2011, le cosiddette primavere arabe. La Tunisia ha beneficiato degli sviluppi innescati da quel processo, ma lo ha fatto a prezzo del sangue. Lo sanno bene a Tunisi, dove un commando dell’Isis il 18 marzo 2015 fece una strage al Museo del Bardo che costò la vita a 22 persone. Il sindaco Lasram ha collaborato all’Assemblea Costituente nazionale ed è presidente della Federazione nazionale delle città tunisine.
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Sindaco Lasram, qual è l’eredità della rivoluzione dei Gelsomini del 2011?
Il lato positivo di quella rivoluzione è che siamo riusciti a passare ad una democrazia vera. Oggi abbiamo istituzioni sovrane, elette liberamente dai cittadini. Abbiamo un parlamento e un presidente della repubblica eletti a suffragio universale, e ci apprestiamo alla fine dell’anno ad organizzare libere elezioni per eleggere i consigli municipali. C’è la libertà di stampa, la libertà di parola e i cittadini sono liberi di organizzarsi in partiti.
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E tutto questo è dipeso dalla rivoluzione?
Sì. Prima del 2011 avevamo un regime autoritario. Dall’indipendenza, ottenuta nel 1956, la Tunisia ha conosciuto solo due presidenti: Bourguiba, plebiscitato dal popolo tunisino perché è stato il leader della lotta per l’indipendenza, e Ben Ali, che nell’87 destituì Bourguiba. Quindi nessun presidente della repubblica e nessun parlamento è stato eletto in modo indipendente dal popolo tunisino. Tutti i nostri progressi in materia democratica li dobbiamo alla rivoluzione del 2011.
La sua attenzione e il suo impegno vanno alle comunità locali, proprio quando la grande politica si gioca altrove. Perché?
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Oggi, come in molti paesi, in Tunisia noi ci impegniamo per instaurare un autentico potere decentralizzato e per dare alle città e alle municipalità il diritto di decidere da sole del loro programma di sviluppo. E questo decentramento, come sapete bene in Italia, è il miglior modo per assicurare crescita e sviluppo dei territori e per conseguenza del paese in generale.
Come vede il ruolo del nostro paese nel Mediterraneo?
E’ un ruolo storico. Anche noi ne abbiamo tratto vantaggio: malgrado la grande concorrenza tra Roma e Cartagine, Roma ha lasciato in Tunisia un importante seme di sviluppo futuro… L’Italia è una civiltà che ha dato forma al Mediterraneo.Tanti italiani che hanno vissuto in Tunisia hanno contribuito al suo sviluppo culturale, economico e perfino architettonico. Per questo l’Italia è un amico prossimo del nostro paese. Io e il sindaco di Firenze, Dario Nardella, siamo fieri di avere contribuito a ravvivare queste buone relazioni e a realizzare ulteriori progressi.
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Quale futuro vede per la Libia?
La situazione della Libia è molto complicata. Le sommosse del 2011 e 2012 hanno diviso il paese, facendo soffrire moltissimo la sua gente. Per questo vediamo con molto interesse gli sforzi che vengono fatti da diversi attori, tra i quali l’Italia, per assicurare al paese l’unificazione. E’ la base per assicurare al popolo libico un nuovo sviluppo.
I terroristi sono tornati a colpire i paesi occidentali. Cosa deve fare l’occidente per contrastare il fondamentalismo islamista?
Il terrorismo ha colpito con violenza dappertutto. Nell’Europa del nord, nei paesi del Mediterraneo, a casa nostra. E’ un fenomeno che ha delle ramificazioni internazionali, dunque occorre che l’unità di tutti i paesi e di tutti i popoli contro il terrorismo sia una unità reale. Dobbiamo tutti insieme combattere i nemici della libertà, i nemici dell’umanità, e avere una visione unitaria contro tutte le persone e le organizzazioni che vogliono destabilizzare e distruggere i nostri paesi.
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Combattere come?
Il terrorismo non è un nemico che si ha davanti, ma un nemico nascosto. Il primo lo si affronta uomo contro uomo. Per fronteggiare il secondo occorre un contrasto basato sulla civilizzazione e sulla mentalità. E’ questa la strada da intraprendere.
Cosa pensa del titolo del Meeting di quest’anno?
Il rapporto padri-figli-eredi parla di una continuità, di un possesso rinnovato. E’ un messaggio che crea un ponte importante tra le due rive del Mediterraneo e credo che sia un obiettivo nobile per tutti noi poter lavorare in questo senso.