Inviare messaggi all'ex può essere considerata molestia secondo la Cassazione: la sentenza sul caso di Vibo Valentia che fa giurisprudenza
Secondo una recente pronuncia della Cassazione – che ha confermato la linea adottata anche nei primi due gradi di giudizio – inviare messaggi all’ex rischia di essere un comportamento considerato “molestia“, tale da configurare un reato punibile per legge: una sentenza che, peraltro, riscrive parzialmente anche la durata temporale della condotta sancendo che non vi è alcuna effettiva durata limite entro cui si passa dai semplici messaggi all’ex alla molestia, e che nega qualsiasi ipotetica possibilità di scaricare la colpa sul soggetto leso.
Facendo prima di tutto un passo indietro, il caso in esame risale al 2022 quando – a Vibo Valentia – per 15 giorni consecutivi un uomo inviò numerosi messaggi all’ex nel tentativo di riconquistarla, conditi da chiamate ma – fortunatamente – senza alcuna reale minaccia o intimidazione nei suoi confronti: sentendosi pressata, la donna decise di denunciarlo con l’ipotesi di molestia e il caso è approdato sui banchi del tribunale locale.
I messaggi all’ex sono una molestia: la sentenza della Cassazione sul caso di Vibo Valentia
In primo grado, i giudici notarono che la condotta dell’uomo – ovvero l’invio di messaggi all’ex per 15 giorni consecutivi, finiti peraltro agli atti della denuncia assieme a diverse chiamate e a numerosi messaggi vocali – configurava effettivamente il reato di molestia pur in assenza di minacce perché si trattava di un’inopportuna e “petulante (..) intromissione” nella sua sfera privata che le arrecò un turbamento emotivo e psicologico.
Dal conto suo, la difesa dell’uomo provò a seguire una doppia linea: da un lato l’assenza di reali e oggettive dimostrazioni del danno emotivo e psicologico arrecato alla sua vittima dall’uomo che inviò i messaggi all’ex; dall’altro la limitata durate temporale – appunto, 15 giorni – della condotta e l’assenza di azioni da parte della vittima per bloccare la ricezione dei messaggini indesiderati.
Entrambe tesi che sono state fermamente respinte dalla Cassazione che ha confermato la linea adottata dei primi due gradi di giudizio, precisando – da un lato – che è del tutto “irrilevante” il tema della durata temporale dell’invio dei messaggi all’ex e – dall’altro lato – che una condotta si può considerare “molesta” nel momento stesso in cui la vittima la considera tale, indipendentemente dalla possibilità – precedente o successiva che sia – di bloccare le comunicazioni; tutto con la precisazione che la condotta si può considerare dolosa perché l’uomo avrebbe inviato i messaggi all’ex conscio che avrebbero arrecato disturbo.