“La famiglia di Pisapia non è quella fondata sul matrimonio propria della nostra Costituzione, ma una pluralità di famiglie con caratteristiche molto diverse tra loro che intende riconoscere attraverso il registro delle coppie di fatto. Quando parla dell’importanza che la politica sostenga la famiglia, occorre sottolineare questa ambiguità di fondo del sindaco di Milano”. A osservarlo è Luca Pesenti, professore di Welfare sociale all’Università Cattolica di Milano. Intervenendo all’assemblea Acli, Pisapia ha dichiarato: “Non si può parlare di famiglia in generale ma bisogna trovare il paradigma giusto per rinforzare questa comunità sociale. È nota la pochezza delle politiche a sostegno della natalità e alle famiglie, per non parlare di quelle alla casa e al lavoro: questo segnale di 1000 case alle famiglie, di cui 400 in tempi brevi, è a maggior ragione importante. Non si stanno togliendo ad altri le risorse, si sta reinventando un modello di welfare che riconosce concretamente, con sostanziamenti adeguati, l’importanza della famiglia nella società”.
Pesenti, condivide quanto affermato dal sindaco Pisapia?
Affermazioni così generiche sono sempre condivisibili. In una fase come questa, è fortemente necessario un intervento robusto da parte della politica anche a livello locale per sostenere i nuclei familiari. Nello stesso tempo occorre comprendere che cosa voglia dire esattamente Pisapia. Alla luce anche di una serie di recenti dichiarazioni del sindaco di Milano e del suo programma elettorale, mi domando che cosa intenda per famiglia. Ciò che conta di più oggi è riconoscere che dove c’è un patto pubblico, come previsto dalla Costituzione, tra un uomo e una donna che si assumono la responsabilità di fronte alla società attraverso il matrimonio e fanno figli, lì c’è una famiglia e dunque lì è bene intervenire con aiuti adeguati. Altre formulazioni potrebbero essere complicate da sostenere alla luce della Costituzione. Se Pisapia intende difendere il primo tipo di famiglia sono molto favorevole. Bisogna inoltre vedere attraverso quali modalità Pisapia intende venire incontro alle famiglie.
Ma è vero che, come afferma Pisapia, la politica fa troppo poco per sostenere la natalità e la famiglia?
Paradossalmente, siamo in una situazione in cui il welfare tende a sostenere la famiglia nel momento in cui quest’ultima si è spezzata. Esiste una serie di agevolazioni a livello locale per i genitori separati, mentre se una coppia è unita accede meno ai fondi pubblici. Certamente c’è la necessità di venire incontro a tutte le situazioni, ma è un sistema che va fortemente rimodulato a protezione della famiglia. Questa rappresenta il primo welfare e se viene meno mette in crisi l’intera società. Esiste quindi una grande convenienza pubblica nel fatto che le famiglie si formino e quindi restino stabili. Il legame che si spezza è infatti un costo non solo psicologico ma anche sociale.
Qual è l’idea di famiglia che emerge dalle dichiarazioni e dal programma elettorale di Pisapia?
Il sindaco di Milano ha annunciato in modo reiterato la creazione di un registro delle coppie di fatto, mettendo in luce la tentazione di equiparare da un punto di vista giuridico la famiglia fondata sul matrimonio e le unioni di fatto tra persone che non si sposano e quindi non si assumono la responsabilità pubblica della loro unione di fronte alla collettività. L’articolo 29 della Costituzione italiana sancisce infatti che “la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” tra un uomo e una donna. Se il sindaco Pisapia ha presente questa distinzione molto rilevante sul piano giuridico e sociologico, non posso che essere d’accordo con lui.
Occorre anche tenere conto del fatto che dalla nascita della Costituzione a oggi la nostra società è molto cambiata?
Questo è un ragionamento astratto e generale, ma le politiche pubbliche devono agire in un quadro definito dalla Costituzione e quindi quando si parla di una tematica è bene definirla nella maniera giusta. Da sociologo sono consapevole del fatto che da diverso tempo c’è una diversificazione delle forme familiari, tanto che alcuni studiosi parlano di “famiglie” al plurale e non di “famiglia” al singolare. Il programma di Pisapia usava non casualmente la parola “famiglie”, e questo apre una serie di dubbi. Un conto è ragionare in termini sociologici, un altro è definire le politiche pubbliche nel quadro di un dettato costituzionale che ha una ben precisa configurazione di ciò che si intende per famiglia. Una volta che ci si è capiti su questo è possibile ragionare su tutto il resto, ma non mi pare che la Costituzione lasci molto spazio a fraintendimenti.
(Pietro Vernizzi)