La discussione pubblica sul rapporto fra società e Stato italiano appassiona da molti decenni chiunque si sia accostato all’origine della nostra costituzione, dal Risorgimento alla nascita della Repubblica italiana, per arrivare alla crisi che oggi sembra travolgere tutti gli ambiti della vita culturale, politica ed economica.
I problemi che scuotono la società, dal tasso di natalità fino ai processi d’integrazione, sottolineano l’ineludibile interrogativo del rapporto con lo Stato, nello scenario di discredito verso le istituzioni che traspare con chiarezza.
L’incontro “Istituzioni e società in Italia” che avrà luogo lunedì 13 maggio alle ore 21 presso la Sala della Camera di Commercio in via Meravigli 9 a Milano, organizzato dal Centro Culturale di Milano, ruota appunto attorno al rapporto fra la società italiana e le istituzioni chiamate al governo del Paese. L’evento, che vedrà la partecipazione di Sabino Cassese, giudice della Corte costituzionale, di Antonio Polito, editorialista del Corriere della Sera e di Lorenza Violini, docente di Diritto costituzionale nell’Università degli Studi di Milano, offre il tentativo di comprendere quali elementi hanno accompagnato la società nella propria costituzione, e il ruolo che lo Stato ha occupato nel passato dell’Italia unita fino al presente.
Antonio Polito, attento osservatore dell’attualità, aiuterà a comprendere in dialogo con il professor Cassese le immagini recenti dello scontro in atto fra la realtà sociale e quella politica. Lorenza Violini, chiamata a moderare l’incontro, porterà il proprio contributo di studio sulle regole che, poste a fondamento dello Stato, hanno – più o meno – rappresentato la società nella storia e nei molteplici ambiti delle proprie declinazioni. L’intervento di Sabino Cassese è introdotto da ormai trent’anni di opere sul diritto e sulla storia d’Italia. In particolare, nel libro “L’Italia, una società senza Stato?”, il giurista offre una riflessione sulla domanda cardine della dicotomia società-Stato: interrogandosi sul giusto equilibrio tra i due elementi, giunge a toccare la condizione dell’«anima della Nazione» e dunque del popolo, nei confronti di uno Stato conquistato per essere costituito solo a posteriori. Le pagine mostrano infatti quanto l’Italia nasca su presupposti incerti, e nell’argomentazione dell’autore appare lo sforzo del Regno di Sardegna di «sovrapporre» la propria legislazione ai territori conquistati, quasi la volontà di tirare per tutto lo stivale una coperta troppo corta.
Il punto di snodo dell’opera di Cassese, però, sta là dove il giurista annota che l’affondo forse più miope del neonato Regno d’Italia non consiste nella conquista, bensì nella mancanza di una effettiva «costituzionalizzazione», di cui è segno la presenza di due sole costituzioni dal 1848 ai giorni nostri: dalla concessione dello Statuto Albertino al Regno di Sardegna, esteso dopo pochi anni al Regno d’Italia, l’unico atto successivo giungerà nel 1948, senza che il processo di unificazione possa essere accompagnato da un processo costituente pedissequo, adeguato ai grandi cambiamenti del popolo e dello Stato stesso.
Il contributo di Sabino Cassese, lungo i decenni di produzione e di studio del diritto, interroga dunque la conformità delle istituzioni italiane al governo della società e la volontà di riscoprire «il senso del rapporto» fra la società lo Stato, a partire dalla domanda che animerà l’incontro: «Quanto diversa avrebbe potuto essere la storia italiana se il nostro Paese avesse avuto fin dal principio una costituzione “efficiente”, esecutivi duraturi, un severo minimo di governo, leggi che dettano regole e non deroghe, vertici amministrativi scelti in base al merito e autenticamente imparziali, istituzioni capaci di creare fiducia nello Stato come ente rappresentativo della collettività, e di sostituire il capitale sociale assente?».