Vera e Maxim sono tornati anche quest’anno dalle loro famiglie milanesi. Loro non erano ancora nati quando il reattore numero 4 della centrale Lenin saltò in aria.
Era la notte del 26 aprile 1986 e l’Ucraina, dove avvenne la catastrofe, faceva ancora parte dell’Unione sovietica. Il mondo era un altro.
Quei due piccoli bielorussi, che oggi hanno appena 10 anni, non c’erano neanche nel 2000 quando la centrale di Chernobyl fu definitivamente chiusa. A loro che vivono a una manciata di chilometri dall’area del disastro, il fantasma di Chernobyl non fa paura. Godono di buona salute; per loro è semplicemente consigliato stare almeno per un po’ lontano da quei terreni che contengono ancora – e chissà per quanto ancora – tracce di radioattività superiori alla media.
Così Vera, Maxim assieme a Sacha, Alina e altri venti bambini di Chernobyl arrivano a Milano e sono ospitati dall’associazione Famiglie Insieme.
In termine tecnico quello che fanno queste famiglie si chiama “affido temporaneo per soccorso sanitario”, un’attività che va avanti da nove anni, tra marzo e giugno, e coinvolge 20-25 bambini bielorussi per un periodo di circa quaranta giorni.
Al momento del primo invito i bambini hanno 7-9 anni, provengono da famiglie e non da istituti e non hanno problemi seri di salute. Di giorno fanno scuola con la loro insegnante presso l’istituto di via Palmieri e al momento del pranzo arrivano i pasti della refezione scolastica, messi gratuitamente a disposizione dal Comune.
Nel pomeriggio giocano e fanno merenda all’oratorio di Sant’Antonio Maria Zaccaria di via San Giacomo. Il sabato e la domenica seguono le attività della famiglia che li ospita.
Ma spesso l’associazione organizza momenti comuni per stare assieme: gite, picnic, giochi.
Quest’anno i bambini hanno visitato il Planetario, il Castello Sforzesco, l’Oasi Smeraldina, sono stati in gita allo zoo safari di Varallo Pombia, hanno corso su è giù per i parchi in bicicletta, hanno trascorso giornate in piscina.
Quella dello zoo safari è stata un’esperienza davvero entusiasmante. “Appena entrati – racconta Franco Vergnaghi, uno dei genitori dell’associazione – le giraffe si sono avvicinate al pullman e si sono messe in mezzo alla strada costringendo l’autista a fermarsi. I bambini erano in grande agitazione, sembrava che si fossero messe in posa per farsi fotografare. Poi sono arrivati tanti altri animali che hanno catturano la loro attenzione: rinoceronti, zebre, ippopotami, leoni, struzzi, scimmie, i grandi rapaci. E prima di ripartire tutti al luna park, a fare un giro sulla ruota panoramica”.
Ma come si fa con la lingua?
“Solitamente non è un problema – risponde Franco -. In caso di necessità serie c’è un’interprete a disposizione 24 ore su 24 che risiede in parrocchia ed è sempre raggiungibile telefonicamente. Tuttavia ogni famiglia riceve un piccolo dizionario con le espressioni più comuni”.
I bambini sono assicurati per eventuali infortuni e usufruiscono dell’assistenza sanitaria di primo soccorso. Non devono seguire diete particolari, anche se è bene che mangino molta frutta e verdura. La famiglia che li ospita si fa carico di tutti i costi: quelli del viaggio aereo del bambino, i trasporti interni, le accompagnatrici, l’organizzazione burocratica sia in Italia che in Bielorussia, ecc. Complessivamente ogni famiglia arriva a spendere di tasca propria circa 500 euro.
Di questi tempi, non proprio un’inezia. E spesso capita che i bambini arrivino con un abbigliamento poco adatto alla stagione. Così durante l’anno l’associazione si dà da fare raccogliendo indumenti, scarpe e sandali in buono stato che vengono messi a disposizione di chi ne ha bisogno.
Per raccogliere fondi promuovono anche vendite straordinarie di libri, torte, bigiotteria e decoupage. L’anno scorso hanno incassato più di 2mila euro e ricevuto donazioni per un altro migliaio. Di anno in anno l’esperienza si allarga coinvolgendo famiglie di parrocchie vicine, come quelle di S. Barnaba e nuovi volontari, come gli agricoltori della cascina Basmetto che offrono il loro riso e un contributo in denaro all’associazione. Perché lo fate?
“L’accoglienza di questi bambini ha uno scopo preciso: soccorso sanitario. Non si tratta però solo di un intervento ‘sanitario’: è diventato e continua a essere un momento molto coinvolgente per tutti. Prima di tutto per i bambini, poi per le famiglie. È un’esperienza molto impegnativa oltre che intensa dal punto di vista affettivo. Anche per i figli delle famiglie ospitanti che vengono in questo modo educati, con semplicità e naturalezza, alla gratuità e all’accoglienza. E poi per tutta la nostra comunità”.
Anche quest’anno la vacanza si è conclusa e tutto si è svolto senza intoppi. Da qualche giorno Vera, Maxim e i loro compagni sono tornati a casa.
Felici di riabbracciare mamma e papà, ma anche un po’ tristi di lasciare le loro famiglie milanesi. Qualcuno farà ritorno l’anno prossimo, altri invece hanno completato il ciclo della scuola elementare che da loro dura 4 anni. Soprattutto, arriveranno nuovi bambini di Chernobyl.
Perché questa bella esperienza va avanti.
Dasvidania amici!