L’ancora arcivescovo di Milano Angelo Scola, che ha già presentato mesi fa le dimissioni per raggiunti limiti di età da pensionamento, ha presentato il suo nuovo libro, “Postcristianesimo? Il malessere e le speranze dell’Occidente”. Tema del libro è la secolarizzazione ma anche dell’emergere di una nuova Chiesa a Milano, “composta anche da gente che magari non pratica più ma ha nella Chiesa un punto di riferimento”. Parlando durante la presentazione, Scola ha detto che oggi “la sensibilità dominante lascerebbe trasparire che ormai il Cristianesimo sia una cosa passata e digerita dall’Occidente e che la religione sia un’opinione che ciascuno si sceglie ma, se prevalesse questa visione allora anche l’avvenimento cristiano non sarebbe più in grado di dare speranza in questa epoca di travaglio e di confusione”. Per il cardinale invece il cristianesimo è ancora “una carta reale e una risorsa per il presente”.
Non si parla solo di questo tema, al centro del volume uscito per Marsilio Editore ma anche del martirio, la speranza possibile, la guerra e la pace. Alla presentazione hanno preso parte il filosofo Salvatore Natoli, il saggista Angelo Panebianco, e il giornalista Gianni Riotta. Proprio questi ha proposto questa chiave di lettura: “Mi sono chiesto perché, in studi recenti di esperti come Emmott e Luce che parlano di crisi del liberalismo e dell’Occidente, non vi sia nessun riferimento alla crisi religiosa. Il saggio del cardinale Scola colma questa lacuna, partendo da una domanda religiosa – dal Vangelo di Luca 18, “Quando il Figlio dell’uomo tornerà sulla terra, ci sarà fede?” – e dando la risposta che questa è la vera posta in gioco”. Nel libro, ha detto ancora Riotta, “C’è nel saggio un severo monito sul nichilismo che nasce dal narcisismo. Se non credi in nulla non c’è differenza tra ammazzare o no”.
Per Panebianco invece “nella ricerca di culti e sette mi pare evidente che che tante persone siano disponibili a culti di vario genere perché essi rispondono a una domanda di fede, con motivazioni spesso pseudo-cristiane. Mi chiedo perché la Chiesa non sia più netta nel dire che vi è il Cristianesimo, da un lato, e vi sono, dall’altro, sette che propongono ricette fragili”. Ampia la discussione sul martirio dei cristiani in atto oggi “non necessariamente per sangue, ma anche della pazienza, della testimonianza e del quotidiano”. Il cardinale è allora intervenuto con queste parole: “Il Cristianesimo, superata l’attitudine della egemonia favorita da una certa commistione con il “politico”, ha preso al strada della testimonianza. Questo fenomeno con papa Francesco sta diventando imponente. Ascoltando i Vescovi latinoamericani, come pure statunitensi, si vede bene la comprensione che se non ci giochiamo in prima persona, per dare la vita in Cristo per tutti i fratelli, la speranza tende a spegnersi. La sfida è tra l’uomo bomba e il martire”.
Il quale poi ha concluso così: “La speranza è determinante e la qualificherei con l’aggettivo bellissimo usato da Benedetto XVI, ‘affidabile’. Affidabile per il Figlio di Dio si è fatto uno come noi, è morto, innocente, per noi sul palo ignominioso della Croce. Affidabile perché anche, per chi dice di non credere, rimane fondamentale la questione del senso, del ‘per chi’ riprendiamo ogni mattina a vivere. Il ‘per chi’ è il fondamento della speranza. Infatti, i segni della speranza, anche in una situazione tragica come quella che stiamo vivendo, sono moltissimi, basti pensare al volontariato. Alla fine del mio volume tolgo il punto interrogativo – anche se il libro non è apologetico –, proprio perché se ci sono i martiri di Thibirine o chi accompagna un malato, se c’è uno sguardo di bene, c’è speranza”.