Cosa cambia nel caso del Mostro di Firenze e per le indagini dopo il nuovo Dna? Per il criminologo Caruso la pista sarda non c'entra nulla col serial killer
Tra i temi trattati da Filorosso torna alla ribalta il caso del Mostro di Firenze, diventato nuovamente attuale dopo che è emerso un dettaglio rilevante: Natalino Mele, unico superstite del delitto del 1968, non è figlio biologico di Stefano Mele, ma di Giovanni Vinci. Sebbene fosse già noto che Vinci avesse avuto una relazione con Barbara Locci, madre di Natalino, questo elemento non aveva suscitato particolare clamore all’epoca delle indagini.
I collegamenti tra Vinci e la vicenda sono però significativi. Lui – forse assieme ai fratelli Francesco e Salvatore – avrebbe avuto un motivo per eliminare la Locci, che in quel momento era appartata con Antonio Lobianco, anch’egli suo amante e anch’egli ucciso quella notte. Entrambi furono vittime del primo omicidio attribuito al Mostro di Firenze.
La notizia della reale paternità di Natalino rafforza dunque l’ipotesi di un coinvolgimento della cosiddetta “pista sarda”, come sottolineato dal Corriere della Sera, perché conferma l’esistenza di un movente interno al gruppo.
Tuttavia, permangono dubbi sull’eventualità che Giovanni Vinci o qualcuno dei suoi familiari possa aver compiuto anche i delitti successivi, a distanza di sei anni. Le modalità simili tra i crimini non bastano a dimostrare che l’assassino sia lo stesso.
MOSTRO DI FIRENZE, IL MISTERO DELL’ARMA E LA LETTERA ANONIMA
Un aspetto importante riguarda l’arma: una pistola Beretta calibro 22, mai recuperata, fu usata nell’omicidio Locci–Lobianco e anche in tutti gli altri delitti del Mostro. Questo fa ipotizzare che l’arma possa essere rimasta nella disponibilità dello stesso autore o che sia stata ceduta a qualcun altro.
Diversi scenari rimangono aperti: è possibile che i fratelli Vinci abbiano agito insieme o separatamente, o che altri abbiano successivamente utilizzato l’arma per perpetrare gli omicidi seriali. La pista sarda fu però in seguito accantonata, anche a causa dell’assenza di riscontri genetici tra le tracce biologiche raccolte e i campioni dei sospettati.
Ulteriore mistero lo rappresenta la comparsa, anni dopo, di una lettera anonima inviata in procura, contenente un ritaglio di giornale relativo al delitto del 1968, che riaccese l’interesse su un caso ormai dimenticato. Resta ignoto chi abbia voluto far emergere quella vicenda: uno dei Vinci, oppure lo stesso Mostro.
MOSTRO DI FIRENZE, IL CRIMINOLOGO “SMONTA” LA PISTA SARDA
Nonostante questa nuova rivelazione, resta il timore che non si riesca comunque a venire a capo dell’identità del Mostro di Firenze. A mettere in discussione la pista sarda è anche il criminologo Sergio Caruso, studioso di questa vicenda. In un’intervista a Vanity Fair, ha commentato con scetticismo la scoperta della paternità biologica di Vinci: “Era già noto, non è una novità”.
Secondo Caruso, altri gravi errori furono commessi nel corso delle indagini, come quello di incriminare Pietro Pacciani, che – a suo dire – non avrebbe avuto la capacità tecnica di compiere mutilazioni tanto precise.
Anche l’ipotesi dei “compagni di merende” viene definita dal criminologo uno dei più gravi errori, sostenendo che le accuse furono costruite artificiosamente e che Mario Vanni fu indotto a testimoniare contro Pacciani.
Caruso scarta infine anche la teoria di un movente esoterico, definendola priva di basi concrete, e ritiene molto improbabile che il Mostro di Firenze potesse essere il serial killer Zodiac. Secondo lui, è più realistico pensare che il vero responsabile sia ormai deceduto.