Peggio non poteva andare. Il mercato automobilistico europeo ha segnato, nel 2012, la peggiore performance dal ’95, registrando 12.053.904 nuove immatricolazione e, contestualmente, il maggior ribasso dal 1993, pari a una contrazione dell’ 8,2%. Cattive nuove anche e soprattutto sul fronte italiano, il peggiore tra i cinque principali mercati dell’auto dell’Ue a 27. Nel 2012 abbiamo registrato, infatti, una flessione del 19,9%, pari a 1.402.089 nuove vetture immatricolate. Pessimi segnali anche dalla Francia, dove il calo è stato del 13,9% (1.898.760 nuove vetture) e Spagna (-13,4%, 699.589 nuove auto). Mal comune mezzo gaudio, si può dire, dato che pure la Germania inizia a marcare segno negativo, seppur estremamente limitato, con un -2,9% di nuove auto (3.082.504). Fiat, infine, nella top ten dei grandi produttori europei, si è piazzata al settimo posto, con 798.542 nuove immatricolazioni e una flessione del 15,8%. Gian Primo Quagliano, esperto del mercato dell’auto, e presidente del Centro studi Promotor GL Events di Bologna, ci spiega come interpretare questi dati.
Da cosa dipende, anzitutto, un andamento così negativo?
Dalla crisi economica. Non ci sono altri fattori, tant’è vero che in tutto il resto del mondo, almeno dove la crisi non si è sviluppata, il mercato dell’auto va bene. Va detto che l’economia, in generale, è ferma perché si sta perseguendo, a livello europeo, una politica di austerity penalizzante che favorisce esclusivamente i mercati finanziari.
I Paesi dell’Europa, tuttavia, non registrano gli stessi identici dati
Certo che no. La crisi dei mercati automobilistici colpisce di più i Paesi meridionali. Sta di fatto che, a dicembre, anche la Germania ha registrato una flessione delle proprie vendite di auto.
Come mai?
Anche i tedeschi iniziano a risentire della crisi. A differenza degli altri, tuttavia, continuano ad avere ottime prospettive di espansione sugli altri mercati internazionali.
Perché noi italiani siamo tra quelli messi peggio?
Perché l’andamento economico italiano, tra i grandi paesi europei, è quello peggiore. Ovviamente, escludendo Grecia, Spagna, e Portogallo, le cui dimensioni economiche, non sono paragonabili alla nostra. E, in ogni caso, da loro l’austerity è iniziata prima che da noi.
Fiat, tra i grandi produttori d’auto europei, si è piazzata al settimo posto. La politica di Marchionne di non produrre nuovi modelli andrebbe forse ripensata?
Fiat ha deciso di cercare di riservarsi le opportunità per quando il mercato dovesse riprendere a decollare. Una politica diversa da quella delle altre case che, tuttavia, qualche frutto sta iniziando a darlo. Il mercato interno, infatti, segnala un andamento leggermente positivo. Del resto, è presente, prevalentemente sul mercato italiano, e poco su quello europeo.
La sua presenza in America non le dà una marcia in più?
Dobbiamo considerare che tutte le grandi case automobilistiche dispongono di una o più gambe in altre zone del mondo.
Marchionne, incontrandosi con Monti qualche tempo fa, gli aveva chiesto di impegnarsi perché, a livello europeo, fossero introdotti una serie di sgravi fiscali per le aziende che esportano (questo, a livello italiano, non si sarebbe potuto fare: saremmo stati sanzionati, infatti, per aiuti di Stato illegali); crede che, prima o poi, un processo del genere sarà avviato?
Questo non sono in grado di dirlo. Di sicuro, si tratterebbe di una politica estremamente utile. Ma non la più importante.
Qual è, quindi, la priorità?
Il problema principale è la sopravalutazione dell’euro. Finché resterà a questi livelli, sarà difficile pensare di esportare in maniera significativa fuori dall’Europa.
Ma la Bce non può svalutare.
No, però potrebbe, di fatto, diminuire la quotazione della moneta unica. Il nodo consiste nella politica monetaria europea. D’altro canto, non è un caso se Usa, Giappone e Cina stanno procedendo con politiche monetarie espansive.
(Paolo Nessi)
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