Lo ammetto, non entro in un concessionario Alfa Romeo da diversi anni. Anche perché le ultime esperienze non erano state “esaltanti”, essendo gli spazi impegnati in maggioranza per l’esposizione di auto Fiat. Per anni, complice la passione di famiglia per il Biscione (da quando mio padre aveva comprato la Giulia, quella originale degli anni ’60-70 per intenderci), l’arrivo di ogni nuovo modello rappresentava un piccolo evento. Ricordo anche la fallimentare Arna, ultimo atto prima del passaggio alla famiglia Agnelli. Ricordo l’addio alla trazione posteriore, i tentati “rilanci”tra il segmento delle tre volumi (164, 155, 156, 166) o delle berline più piccole (145, 146, 147), fino al barlume di speranza della MiTo. Tutto questo mentre Audi, ancor più di Bmw, innovava e cresceva andando a occupare lo spazio delle berline sportive più ambite. Una volta una Audi 80 la si guardava quasi straniti, ma in poco tempo A4 e A3 hanno invaso le nostre strade. In Germania si evolveva il sistema “quattro”, in Italia si mettevano in soffitta i motori boxer, i twin spark e i vari quadrifoglio verdi e oro.
Lo ammetto, quindi, la nuova Giulia e la Stelvio le ho viste solo su giornali, tv, internet e anche passeggiando per strada. Fanno ben sperare, anche se vien da chiedersi cosa ci sia da celebrare in 12.000 auto vendute negli Stati Uniti. Sì, certo, le vendite del Biscione sono aumentate di ben 23 volte in un anno, ma proviamo a concentrarci sui numeri: 12.000 auto in un anno nel mercato statunitense… Vogliamo ricordare anche gli articoli per le 350 Giulia vendute in 33 secondi su Alibaba? Certo, sono più delle auto blu vendute su e-bay da Renzi, ma 350 auto per un Paese con più di un miliardo di abitanti…
Lungi da me l’accusa di essere disfattista! Sono contento per gli investimenti fatti da Fca su Alfa Romeo, anche perché si tratta di auto pensate e realizzate in Italia. Occorre però il sano realismo di riconoscere che la partita va ancora giocata contro gli assi tedeschi, che nel frattempo aumentano (basta vedere cos’hanno fatto a partire dalla riproposizione della storica Mini). E occorre vincere in trasferta per recuperare il terreno perso. C’è da sperare che questi non siano i risultati del “pensare in grande” di guru creativi del marketing e tecnici della Ferrari. Altrimenti si avrebbe una fin troppo facile spiegazione dei risultati delle rosse in Formula 1.
I bravi tecnici ci sono, è fuor di dubbio. Ci sono anche i guru del marketing, capaci di riempire l’Italia di Jeep Renegade. C’è da chiedersi, tuttavia, se davvero quello che è nato 108 anni fa a Milano abbia lo spazio per ritornare a vivere tra Torino, Detroit, Amsterdam e Londra (e un “adesivo” su una Sauber). Del resto tutti sanno che il Reparto Corse Alfa Romeo diede un piccolo contributo alla nascita del mito Ferrari, dopo che il Drake era già stato messo alla porta quando aveva chiesto un lavoro in Fiat. L’unico a poter vincere la propria partita, qui, ci sembra essere ancora una volta Sergio Marchionne, l’uomo capace di far pagare GM pur di non comprarsi Fiat e di farsi “regalare” Chrysler da Obama.