Il dottor Conrad Murray, medico curante di Michael Jackson accusato della morte della star, ha in questi giorni presentato la sua linea di difesa. Secondo Murray, Michael Jackson si sarebbe iniettato da sé la dose fatale di Propofol, il medicinale che lo aiutava a prendere sonno. E’ noto che il cantante prendeva diversi tipi di medicinali, tra cui soprattutto calmanti e sonniferi. Murray, come nel caso del dottor NIchopoulos che aveva in cura Elvis Presley, è accusato di aver somministrato con leggerezza troppi di questi medicinali a Michael Jackson. Secondo Murray, il giorno della morte dell’autore di Thriller, i due si trovavano insieme. Murray avrebbe somministrato al suo paziente 25 milligrammi di Propofol, una dose minima in grado di far dormire per non più di dieci minuti.
Jackson aveva però già in corpo dosi di altri medicinali, l’Ativan e il Versed. Il tutto così mischiato sarebbe stato in grado di farlo dormire più a lungo. A questo punto, per l’ora successiva, il dottore rimase a fare delle telefonate nella stanza di Michael. Era prassi comune, in quanto al cantante piaceva avere compagnia o tenere il televisore acceso mentre dormiva. Murray si sarebbe allontanato solo per alcuni minuti per recarsi al bagno. La tesi della difesa è che, svegliatosi all’improvviso, Michael Jackson si sia iniettato la rimanenza di Propofol presente nel flacone, frustrato per aver passato quasi nove ore nel tentativo di dormire.
– Tornato nella stanza, Murray avrebbe trovato Jackson in piena crisi cardiaca e chiamato i soccorsi. Per la difesa, il cantante era dipendente dal medicinale. Durante i sopralluoghi, le autorità giudiziarie ebbero modo di fotografare un flacone di Propofol sul pavimento proprio accanto al letto. Murray era stato accusato di aver fatto scomparire ogni confezione di medicinale presente nella stanza. Ma la fotografia del coroner prova che ciò non avvenne, e potrebbe essere la prova della buona fede del dottore che sin da subito è stato ritenuto responsabile della morte di Michael Jackson.