Esperienza e giovinezza a braccetto, nell’inedita coppia che vede insieme l’ormai navigato Nesli (fratello minore di Fabi Fibra e sulle scene ormai da oltre dieci anni) e la giovanissima Alice Paba, vincitrice a soli 18 anni del talent The Voice of Italy edizione 2016. Sarà per questa unione di esperienza e gioventù che i due risultano in gara tra i Big di questo Sanremo. La canzone che eseguono si intitola “Do retta a te” ed è composta dallo stesso Nesli insieme a O. Grillo. Possiamo immaginarci un brano che metterà insieme il rap amato dal primo e la bellezza melodica della voce della giovane cantante. La canzone si svolge in una alternanza dei ruoli: prima parla l’uomo, poi la donna. Tutti e due esprimono il vuoto, la malinconia, anche la rabbia di una storia finita. C’è una domanda che attraversa tutta la struttura narrativa del pezzo: “Do retta al tuo cuore, ti lascerò andare Ma poi non tornare perché fa più male Do retta al cammino, restarti vicino O correre lontano andando verso il mio destino”. Restare nonostante i segnali negativi che arrivano dal rapporto o andarsene per sempre? Questa è la domanda, che però viene risolta quasi subito e in modo anche brutale: “Do retta al tempo che tutto lava Che fa sbiadire quanto mi amava Quanto mi odiava, do retta a questo Alla prigione che ogni giorno costruisco. Senza catene addosso è solo il bene che ora posso esprimere E ridere perché ho imparato solo adesso a vivere”. Dunque quella storia era una prigione e solo senza catene si può imparare a sorridere? Chi lo sa sei tu: “Tu se questo è il senso lo sai tu”. La rabbia non è poca: “do retta ai guai che mi hai dato tu”. La struttura narrativa del brano è lunga con poche ripetizioni, tipica di un pezzo rap, a differenza delle canzoni che usualmente usano un paio di strofe e un ritornello accattivante. Non piace lo scivolone anche un po’ maschilista che appare a metà del brano: “Do retta a mio padre che dice di andare e di stare attento alle donne perché ti fanno cambiare. Do retta al mondo e al solo credo che ci governa come impazziti”: Ma forse è amara ironia. Resta la sconfitta e la solitudine e una capacità di vivere la vita che come succede spesso si impara solo attraverso il dolore: “Senza catene addosso è solo il bene che ora posso esprimere e ridere perché ho imparato solo adesso a vivere. Tu se questo è il senso lo sai tu Quello che cerco non c’è più Restare uniti oppure persi in questa vita e ricomincia quando è già finita Tu dicevi non ci penso più Volevi il cielo sempre blu”.