Di fronte alla lettura dei testi delle canzoni che Raphael Gualazzi presenta a Sanremo 2013, la prima sensazione che arriva è: manca qualcosa. Sì, manca la musica, perché il raffinato cantautore ha certamente arricchito le parole delle due canzoni con partiture e melodie in grado di trasportarci altrove. Ma prima di poter ascoltare i brani, e attenendoci ai soli testi, ci pervade la curiosità di ascoltare la costruzione melodica entro cui l’artista di Urbino canterà versi come “Qui non si tratta di una libera denigrazione/ ma di rendersi partecipi di ogni ragione”. Il primo brano s’intitola Sai (ci basta un sogno). Il cantante si rivolge a una lei che desta subito curiosità: cerchiamo di capire chi sia mentre le dice “Apri gli occhi e te ne vai/ la danza è immobile” o accenna alle “volute velleità” di questa figura che non riusciamo a decifrare. Ha lo “sguardo perso” e posa “libera nei sensi” col vento che le scopre i fianchi. Noi invece vogliamo scoprire chi sia lei, e ci aiutano le indiscrezioni secondo cui il protagonista è un pittore intento a ritrarre una modella. Dopo aver vinto Sanremo Giovani 2011 cantando “non dipingermi mai, non costringermi mai”, Gualazzi persiste in quell’ambito, ma cambiandone la prospettiva. E così acquistano maggiore senso versi di Sai (ci basta un sogno), come “e all’improvviso il tutto si delinea […]e nell’immagine il respiro si distingue ora”. Adesso che il pittore è riuscito nel suo intento, la forza vitale che lo anima esplode nei versi finali, in cui Raphael canta: “Per ogni gioia/ lacrima/ ogni tuo sorriso/ sentirai una forza dentro te/ che vince ogni limite!”. Il ritornello “Sai, per sopravvivere ci basta un sogno” suggella lo slancio che Gualazzi infonde a un testo che ha buone potenzialità ma che avrebbe avuto maggior coesione linguistica se privato delle ripetizioni di “all’improvviso” – avverbio di cui la canzone pop italiana non riesce a liberarsi – che stonano con espressioni più ricercate quali “volute velleità” e “accidia immemore”, le quali per contro appesantiscono un po’ la scena che per altri versi è ben tratteggiata. Sarà interessante vedere come l’impianto linguistico si inserirà nel tocco leggero e raffinato che caratterizza le note di Gualazzi al piano.
Il giovane cantautore ha affermato che il testo del secondo brano, Senza ritegno, ha un fine etico-costruttivo. Se ne scorgono infatti le intenzioni: fin dalla prima strofa si delinea una dialettica segnata dall’incomunicabilità, che sembra dettata da una voluta chiusura verso l’altro: “se parli non puoi ascoltarmi”, “le mani non puoi scottarti/ la fiamma si fa labile nell’insensibile/ mi guardi e non vuoi pensarci”. Non possiamo non notare la fedeltà di Gualazzi all’immaginario legato al visivo, al tratto disegnato, in versi come “dipinta di un’immagine che non apprezzerò” e “sei solo un disegno se non puoi decidere”. Possiamo azzardare che fra i versi che resteranno impressi in questo Festival ci sarà con tutta probabilità “ti sparo nelle gambe e divento cristiano”, che sembra evocare una raffigurazione del pentimento: “dopotutto non è male se divento più umano”, canta successivamente Raphael, non senza ironia nei confronti della speranza di ripulirsi da un errore, come anche nel tentare di “imbiancare l’uomo nero”, pur ricordandoci che la pace è vulnerabile.
C’è poi un’apertura alla ricerca di leggerezza che fa da filo conduttore nella poetica di Gualazzi, che possiamo riscontrare nel sogno e nel bisogno stesso di sognare (concetto ribadito fin dal titolo dell’altro brano): “rendersi partecipi di ogni ragione per vivere, ridere, decidere e sognare”. Comprendere tanto Caino quanto Abele, sia il bianco sia il nero, chi è dentro e chi è fuori, “a piede libero”. L’invito cardine di Raphael sembra essere quello che il cantautore propone nel verso finale, “tu prendi coscienza”: cercare di rendersi conto delle ragioni della diversità, senza dimenticare la necessità dell’assunzione di responsabilità. È interessante la strada che ci presenta Gualazzi nelle sue proposte per Sanremo, che pare meglio riuscita nel secondo brano, in cui sembrano esserci giochi metrici che siamo curiosi di ascoltare messi in musica, come “vorrai ridere chiedendo delucidazioni“. Anche la “cieca acquiescenza” sembra un po’ ostica da sottoporre al pubblico sanremese: vedremo se il giovane e talentuoso pianista vincerà anche questa sfida.
(Simona Martini)